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Passai la settimana a New York senza nemmeno rendermi conto di essere a New York veramente dato che non aprivo nemmeno la finestra di camera: mi alzavo alle sei di mattina, andavo a lavorare e poi passavo il pomeriggio a studiare. Avevo ormai il cervello fuso!

«Ti prego, stasera è l'ultimo giorno e domani torni a casa tua.» scossi la testa e guardai l'ora sull'orologio appeso alla parete della cucina.
«Proprio perché è l'ultimo giorno che devo finire di studiare, sai che devo passare i test.» lei sbuffò.
«Andiamo. Mi sono offerta tutti i pomeriggi di farti da prof e sai ogni cosa nei minimi dettagli, prenderai il massimo.»

«Se oggi riesco a finire, stasera andiamo in quel locale. Ma solo se finisco.» mi corse incontro, circondando le mie spalle con le sue braccia esili. «Staccati Amber.» si diresse subito verso camera sua per prepararsi per la scuola mentre io legai i capelli per uscire di casa ed andare a lavorare come ormai facevo tutte le mattine.

Dietro al bancone mi sentivo a casa, come se lavorassi da Julie, e mi divertivo a parlare con i vecchietti che passavano e ogni giorno mi chiedevano come mi chiamassi.
«Hai preso una nuova ragazza.» ed ecco il mio preferito: portava un basco in testa e sorrideva, mostrando a tutti la dentiera ormai più vecchia di lui.

«È sempre la stessa da una settimana Settimio.» sorrisi e gli preparai il suo amato caffè.
«Come ti chiami?» scossi la testa divertita mentre dalle casse del locale usciva una melodia troppo bella per stare ferma.
«Davina, mi chiamo Davina.» iniziai a muovere i fianchi a ritmo sotto lo sguardo concentrato di alcuni signori rivolti verso le loro carte.

«Davina, chi vince?» scrollai le spalle e lasciai sul tavolo le ordinazioni, alzai il volume della musica e iniziai a pulire il bancone.
«Mi mancherà averti al mio fianco tutte le mattine.» accennai un sorriso.
«Grazie per avermi offerto questo lavoro.» l'unica pecca di New York era che erano tutti troppo affettuosi.

«In bocca al lupo per i test di recupero.» tornai a lavorare dopo essermi allontanata dalla proprietaria del piccolo bar.
«Davinaaaa.» mi girai preoccupata verso la porta: Amber era sulla soglia e sorrideva come una serial killer.
«Dovresti essere a scuola tu.» le dissi.
«Andare a scuola non è importante se il ragazzo più popolare della scuola mi ha invitata alla sua festa questa sera.»

«Non farti abbindolare.» ringhiai.
«Non puoi essere felice per me?» alzai gli occhi al cielo sotto lo sguardo confuso e sorpreso di Settimio.
«Sono felice per te, dico solo che non dovresti cadere nella sua trappola. Fanno tutti così all'inizio.» il signore anziano spostava attentamente lo sguardo tra me e la riccia.
«Quante belle ragazze Santo cielo.»

Mi appoggiai al bancone, facendo attenzione a non buttare giù nulla.
«Settimio tieni a freno gli ormoni.» gli urlò l'amico dei tempi migliori da un tavolo appartato del locale.
«Stasera, che tu abbia finito o meno i tuoi studi, andiamo a quella festa e saremo delle fighe spaziali.» scossi la testa.
«Tu lo sarai, io mi accontento di un paio di pantaloni e una maglietta.»

Eppure quella sera mi ritrovavo infilata in un vestito striminzito a guardarmi allo specchio. «Non ci vengo così.» cercai di slacciarlo.
«Daii, deve sembrare che abbia una cugina spettacolare.» scossi la testa.
«Non siamo cugine e questa cosa io non la metto nemmeno sotto tortura.»

«Nemmeno se sono disposta a farti tutte le foto che vuoi in modo da far rosicare quel ragazzo che hai lasciato tutto solo a Solvang?» alzai gli occhi al cielo.
«Primo: non vengo bene nelle foto perché non sono fotogenica. Secondo: quel ragazzo non rosicherà perché non sono nessuno per lui. Terzo: ha la fila dietro, non l'ho di certo lasciato solo.»

«Ancora meglio, di ragazzi migliori ne troverai tantissimi stasera.» corrugai la fronte.
«Non capisci, non voglio trovare proprio nessuno.» lei sbarrò gli occhi mostrandomi quel bellissimo colore verde smeraldo che tanto avevo invidiato in quella settimana.
«Davina, Eric vuole parlare con te.» scossi la testa rapidamente quando Jhon entrò nella camera con il telefono fisso in mano.
«Puoi dirgli che non voglio essere disturbata e che se vuole dirmi qualcosa può aspettare benissimo domani pomeriggio.»

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