~chapter 31~

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Wonwoo pensava che fosse un nuovo inizio, dopo l'ultimo incubo al cimitero ed aver parlato con sooyoung era finalmente riuscito a dormire e a scorrere una giornata quasi serenamente, quindi pensava di star cominciando a migliorare.

Pensava che avrebbe cominciato a dimenticare tutti i suoi incubi una volta sveglio, e magari avrebbe anche gradualmente smesso di averli proprio.

Si sbagliava.

I suoi incubi stavano diventando sempre più frequenti, più violenti.

A volte si alzava nel cuore della notte in preda al panico e doveva correre al bagno per vomitare per quanto fosse violento l'incubo che aveva appena avuto.

A volte non faceva neanche in tempo e vomitava lì, proprio davanti al suo letto.

Non aveva sempre esattamente lo stesso incubo, ma erano sempre simili.

Sangue.

Corde.

Paura.

Morte.

La differenza tra gli incubi che aveva i primi mesi dopo il funerale e quelli che aveva adesso, era che all'inizio era Youngjae a morire, era il suo migliore amico a scomparire e lasciarlo da solo.

Non che fosse meglio, ma "provarlo sulla propria pelle" era un milione di volte peggiore.

Ogni mattina si svegliava e passava una mano intorno al suo collo, come per controllare se fosse davvero solo un incubo e se non ci fosse nulla pronto a strozzarlo.

E ogni mattina ovviamente non c'era niente, ma questo non era sufficiente a calmarlo.

Non era sufficiente a riportargli le ore di sonno perse.

Non era sufficente a riportargli Youngjae.

Era tornato a mangiare sempre meno.

L'idea di introdurre qualcosa in gola lo terrorizzava, come se essa fosse troppo fragile per ingoiare dopo tutte le torture subite, che in realtà non aveva mai subito.

Per non parlare di quanto fosse disgustato da qualsiasi oggetto del colore rosso.

Gli ricordava il sangue che vedeva ogni notte.

Dopo ogni incubo, quando finalmente realizzava che "era solo un incubo", si chiedeva se Youngjae avesse sofferto così tanto, e le parole di sooyoung gli tornavano in mente :"no wonwoo, non fa così male, l'impiccagione è veloce ed indolore".

La parte razionale in lui gli diceva che fosse una menzogna, ma a quella emotiva, quella distrutta per via della perdita del suo migliore amico, quella che veniva torturata ogni giorno, a quella piaceva crederle.

Trovava conforto nelle sue parole, e non voleva altro che crederle.

Dopo un paio di giorni aveva smesso di prendere sonniferi.

Era terrorizzato dall'idea di addormentarsi e 'morire' di nuovo nel suo sonno.

Sapeva che erano sogni, ma sembravano così reali il dolore era quasi fisico, e dopo ogni volta si sentiva come se avesse perso dieci anni di vita.

Se i primi mesi dopo la sua scomparsa implorava l'universo per un paio d'ore di sonno, a questo punto lo evitava come la peste.

Si teneva occupato facendo qualsiasi cosa che potesse tenerlo sveglio.

Studiava, scriveva, continuava le sue indagini riguardo la morte di Jae, tutto pur di non appoggiare la testa sul cuscino sapendo cosa gli spettava.

E quando il suo corpo non ce la faceva più crollava ovunque lui fosse, sul divano, sul ripiano della cucina o sulla sua scrivania.

E lì si appisolava, ma ovviamente non durava allungo perché il suo sonno veniva interrotto dai scenari più cruenti che lo svegliavavano dopo solo un paio d'ore.

Glasses - Jeon WonwooDove le storie prendono vita. Scoprilo ora