[111] Non voglio morire

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Me la cavai con due settimane di dura e durissima punizione, ma poi fui di nuovo libera e con Luke dicemmo di esserci lasciati perché io stavo riparlando con Justin, ma eravamo ancora amici.

I miei genitori mi stavano sempre addosso, però, stavo imparando come convincerci senza esagerare, anche se loro spesso esageravano, mi davano più responsabilità e libertà a 15 anni.

Ero appena stata da Bolan, il colloquio con Harvard sarebbe successo e non vedevo l'ora, mentre ero lì notai il nome di Clay per la Colombia, aveva un colloquio, bravissimo.

"Ehi, bravo per il colloquio" dissi vedendo proprio Clay davanti a me.

"Cosa, di che colloquio parli?" mi chiese, classico strano Clay.

"Con la Colombia. So che verranno qui la prossima settimana, ho visto l'elenco sulla scrivania di Bolan... Mi chiamato per la borsa di studio" dissi spiegandogli.

"Per te ovvio, ma per me ci deve essere un errore" ero sicura che fosse l'unico Clay Jensen esistente.

"Guarda, conosco un solo Clay Jensen in tutta la scuola... E va bene uno solo. Scusa, l'hai presentata la domanda, vero?".

"Penso di sì" mi disse, come pensa di si?.

"Ok, Clay se hai bisogno, fammi sapere eh" dissi, non era tanto normale ultimamente.

Ero in aula studio a studiare con Alex, Charlie e Tony ed aiutavamo Alex in spagnolo.

"Che c'è?" chiese lui.

"Vado in bagno, tanto Tony sa lo spagnolo... Ma non si é capito nulla bello" dissi dando ad Alex un bacio sui capelli e poi uscendo dalla classe cercando il bagno.

"Se non c'é nessuno" dissi vedendo quello dei disabili, era più pulito e ci stavo spesso, così entrai, ma il tempo di fare pipì e lavarmi le mani.

"Un attimo di attenzione prego!" sentii dire dall'auto parlante.

"Sta per essere avviata la procedura di emergenza per l'isolamento, codice rosso. Necessità di isolamento totale, studenti non andate in panico e non muovetevi da dove siete, ascoltate gli annunci e mettetevi al sicuro" sospirai, cazzo, codice rosso era cecchino in azione.

La scuola ci aveva informato, ma speravo che fosse una semplice esercitazione, comunque ero al sicuro, la porta del bagno dei disabili era ben dura e la chiusi subito a chiave mettendoci anche davanti un mobiletto, poi mi sedetti vicino ad essa, se sparava, non prendeva me.

"É solo una esercitazione, solo una esercitazione" dissi dentro di me tenendomi le gambe ben salde contro il petto ed appoggiandoci la testa.

Per i primi minuti nulla, quando sentii pressione sulla porta e mi spostai cercando di non fare rumore, iniziai a tremare quando quello corse via... Ma era vero?.

"Cazzo!" dissi sentendo gli spari e mi tappai le orecchie, erano vicini e non sapevo dove fossero gli altri così mandai dei messaggi, soprattutto a Justin.

Stavo per morire? Ma io non potevo morire, avevo solo diciotto anni ed una vita davanti, e quello mi avrebbe ucciso e poi sarei stata su tutti i telegiornali... Già ci vedevo i miei genitori piangere... I miei genitori! Li avrei chiamati.

"Rispondi mamma, rispondi" dissi, lavorava e non lo guardava, quando pensai di lasciare un messaggio.

"Ciao mamma... Non è nulla di importante, voglio solo dirti che ti voglio bene... Tanto bene ed anche a papà, diglielo. Scusate se nell'ultimo periodo ho dato problemi, non era mia intenzione... Scusate. Io vi amo troppo, troppo... Ci vediamo sta sera, va bene?" dissi salutandoli ed inviando il messaggio per poi piangere ancora.

NOI DUE NON SAREMO NIENTE; Justin FoleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora