[81] E ha mandato te a prendermi a botte?

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Il mattino seguente dovevamo parlare tutti insieme con i genitori di Clay, quella situazione mi stava tormentando e non era sicuro nulla.

"Quindi, non hai più visto Bryce da allora? Durante l'estate o questo autunno?" chiese sua madre a Clay per capire meglio la situazione.

"No".

"Non hai più avuto nessun contatto con lui?" Clay mi guardò ed io guardò lui, se non voleva dire tutto, bastava mentire il giusto.

"No, nessun contatto".

"Non sei più andato a casa sua?" chiese sua madre.

"Mai più minacciato?" lo stava tormentando di domande, ma era normale, Clay era il principale sospettato anche se non aveva fatto nulla.

"No".

"C'é altro su cui la polizia possa sospettarti?".

"É per la signora Walker, é lei che ce l'ha con me. Dovete credermi, io non ho fatto niente" ed aveva ragione, dovevo trovare il modo per tirare fuori lui senza fare cadere dentro Charlotte.

"Clay, ti crediamo... É solo che... Più ne sappiamo più possiamo difenderti" disse suo padre prendendola forse più dolcemente di sua madre.

"Ma sapete già tutto" disse Clay ed i suoi genitori si guardarono, Clay non aveva fatto nulla, ma poteva sembrare.

"Dennis ha accettato di rappresentarti. Una volta lavorava in polizia e sa come funziona nel penale" disse sua madre, l'avvocato glielo aveva trovato lo stesso.

"Non sono un criminale" disse Clay, la situazione si stava facendo davvero pesante.

"Lo sappiamo" ribadì suo padre.

"Dobbiamo muoverci e proteggerti" disse sua madre ed io stavo informando Charlotte senza farmi vedere, me l'aveva chiesto lei.

"Ed io cosa posso fare?".

"Niente. Dennis é stato chiarissimo in merito..." disse sua madre.

"Meglio che la polizia e la signora Walker non abbiano niente contro di te" quello era sicuramente un pro, ma avevano il telefono e altre cose di Bryce probabilmente e potevano trovare tutto su tutti, compreso me.

"E tornerai dal dottor Ellman" disse sua madre, non sapevo bene la storia, ma sentendo in quei mesi Clay era stato da uno psicologo da più piccolo, doveva essere lui.

"Perché?".

"Per un controllo. É un periodo difficile e potrebbe servirti, parlare con lui" disse suo padre, magari aveva ragione, ma Clay non mi sembrava convinto.

"Quindi voi pensiate che sia pazzo" disse Clay.

"Non é questo".

"É un momento stressante".

"Pensiamo solo che possa essere utile... Però adesso, dovete andare a scuola" disse suo padre, mi alzai e presi Clay per portarlo in casetta, mentre lui parlava di quello successo.

"Non devi stare dalla loro parte" mi disse.

"Non fare il bambino, dico solo che i tuoi hanno ragione. Ti serve un avvocato, anche se non hai fatto niente" dissi preparandomi il borsone, fidati.

"Il riformatorio? Com'é?" mi chiese, non sarebbe andato in riformatorio, faceva il tragico come sempre.

"Tu non andrai in riformatorio".

"Hai ragione, sono maggiorenne" lo avrei ucciso io, giuro, doveva smetterla.

"Clay, devi darti una calmata. Andrà bene, dammi retta" dovevo solo pensare a come fare, magari poteva aiutarmi Charlotte, anzi, sicuramente.

NOI DUE NON SAREMO NIENTE; Justin FoleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora