Quel giorno della partenza, primo aprile 1991, Lunedì dell'Angelo, non scorse facile e non solo per ragioni di cuore.
Ilaria, subito dopo quell'abbraccio al fiume, fu messa al lavoro; impastò nella madia almeno tre chili di farina per farne taralli, pane, pizze e freselle, gnocchetti e cavatelli; Maria aveva già cominciato a scaldare il forno a legna con fascine di ulivo, residui di potatura; Marco, anche volendo, non avrebbe avuto la capacità di aiutarla in quel campo, le fece solo compagnia, in cucina, leggendo ad alta voce il suo libro di letture di scuola media e saltuariamente mettendo legna nel camino; era una mattina fredda e umida.
Ilaria sentiva sempre più la malinconia del tempo che passava; sebbene il fratello le avesse promesso di ritornare le veniva da piangere ogni volta che girava lo sguardo e lo vedeva seduto sapendo che, dal giorno dopo, non ci sarebbe più stato.
«Lieggi bene ue' Ma', grazie...», gli diceva con il magone che ritornava, e, per non farsi vedere, si voltava e riprendeva a impastare.
Si calmava con le mani in pasta, muovendola e spingendola; le freselle, secche, sarebbero durate qualche mese e il fratello avrebbe avuto un po' di Colliano, un po' delle sue mani, quasi fino all'estate e il pensiero che stesse preparando qualcosa che Marco avrebbe poi mangiato in viaggio e a Genova le diede un sentimento di tenerezza e di cura materna che le scacciò i pensieri più tristi.
Difficile fare una distinzione fra amore fraterno e romantico nel suo cuore a quel punto; il rendersi utile in casa era qualcosa che aveva fatto per anni per il padre, le era naturale; era stata educata a servire gli uomini; lo vedeva fare da mogli, figlie, madri, sorelle e nonne attorno a lei e non lo contestava. Tuttavia, quando si immaginava che Marco avrebbe mangiato a Genova quello che stava impastando, magari pensandola; quando sentiva la sua voce dietro leggere per lei, sentiva anche un brivido e un calore nel basso ventre, fino a quel momento sconosciuto, piacevole e nello stesso tempo amaro.
«Ti leggerò ancora, Ili», Marco le rispondeva, con il libro in mano, sfogliandone le pagine per cercare qualcosa di carino, «te l'ho promesso, ritorno.»
Vi vedeva a volte la grafia della sorella, ancora tonda, da bambina, su qualche esercizio; l'ortografia era da migliorare e i commenti ai brani erano di poche parole, con una sintassi elementare; su alcuni di essi c'era una sigla fatta a penna rossa con a fianco un "sei", talvolta un "sette"; benché egli stesse attento a scegliere brani semplici, di seconda media, ugualmente Ilaria, a volte, lo interrompeva per chiedere di spiegarle qualche parola che egli dava per scontata come "precipitoso" o "fardello". In quei momenti sospirava, pensando a quale sarebbe stato il suo destino se non avesse fatto nulla per lei.
L'immagine della figlia incinta della pastora, vista il giorno prima, sicuramente in salute e florida, forse felice fra le sue pecore e suo marito che si era allontanato fischiettando, con fianchi e seni che avrebbero partorito e allattato con facilità il primo e, di sicuro, altri due o tre, gli ritornava in mente. L'associava alla sorella e gli dispiaceva; non tanto per snobismo o giudizio, quanto perché gli era evidente la sua voglia di imparare, per quanto ostacolata dalla lingua e dal suo dover lavorare in casa, dal vivere in un paese remoto.
Nello stesso momento, man mano che leggeva e Ilaria mostrava interesse, cominciava a sentire più distanza per le compagne e amiche di parrocchia del nord. La sua "cotta" in classe, Giulia, così ordinata e precisa, acqua e sapone su pelle bianca di studentessa poco incline all'aria aperta; capace di tradurre Tacito e di fare lo studio di una funzione con derivata, cibandosi apparentemente solo di unghie, cracker e matite, vestita con tute e maglioni larghi, dritta come un filo a piombo, che, una settimana prima, era stata nella sua mente quasi per tutto il viaggio di andata, alla quale mentalmente aveva dedicato sonetti in rima baciata e ampollose dichiarazioni d'amore, non gli sembrò più così interessante da rivedere quanto una ragazza che, a quasi tredici anni, con però un corpo da ventenne, si era cucita un vestito che ne seguiva le forme, sapeva fare tutto in casa e fuori e che, soprattutto, mentre impastava, stava attenta a ogni parola che egli diceva, cercando di capire l'italiano letterario, con gratitudine per quel fratello che le spiegava i passaggi difficili e che le dedicava la mattina.
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Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]
General FictionUna storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rincontrano per il funerale del loro padre. Così diversi e così s...