Marco non era più lo stesso e Irene cominciava a preoccuparsi; già due giorni dopo aver spedito la lettera alla sorella la sua foto nel costume tradizionale, o, meglio, il suo duplicato, soppiantò la foto della IVB in sala e ci mancò poco che Marco non vi allestisse un altare visto che, ogni volta che le passava davanti, le mandava sospiri che non gli aveva mai sentito fare.
Marco non era mai stato un ragazzo misterioso con lei, non aveva mai dovuto nasconderle nulla, né brutti voti, né brutte abitudini, né cattive compagnie; tra madre e figlio negli anni si era stabilito un rapporto di reciproca fiducia; Marco non si chiudeva mai a chiave in camera, anzi, la porta era sempre aperta anche quando usciva di casa; egli solo se la gestiva; si faceva il letto, si cambiava le lenzuola, prendeva i suoi abiti stesi e li rimetteva a posto, la riordinava e puliva; era il suo modo di aiutare in casa la madre. Irene, dunque, da quando egli aveva quattordici anni, non aveva mai avuto motivo di entrarvi per spiare o curiosare, finché, una mattina di metà aprile, non lo vide a colazione con un'altra lettera pronta sul tavolo, già chiusa e affrancata.
«Non mi dire...», Irene sospirò, «ti ha risposto.»
«Sì, mamma, perché?», Marco aveva uno sguardo estasiato, «lo dubitavi?»
«Speravo...», storse la bocca; «cosa intendi fare con lei?»
«Te l'ho detto, mamma, non voglio abbandonarla; le ho scritto che mi piacerebbe portarla qui dopo che finisce le medie, ho già pensato a una possibile scuola, il Galliera, fanno corsi da sarta.»
«Ecco lo sapevo...», sbuffò, si versò il caffè dalla caffettiera, «a parte che non voglio, ma dove intendi metterla, scusa?»
«Mah...», Marco alzò le spalle, versò il caffè nel suo tazzone di latte, «le cederei la mia camera, io potrei dormire anche qui in sala, nel divano letto.»
«Dio mio...», Irene cominciò a girare con il cucchiaino, «è tua sorella, Marco», gli prese il braccio, «non ti fare idee strane.»
«Del tipo?»
«No, sai, che ne dubitassi, visto che siete molto diversi; avete preso dalle mamme, va bene, però avete lo stesso papà, è inutile girarci attorno», la mano le tremò, prese la tazza, tintinnò la ceramica, «che guaio ci ha lasciate Antonio, altro che eredità», bevve il caffè d'un sorso.
«Uffa...», Marco bevve un po' di caffellatte; inzuppò una delle ultime freselle di Ilaria, «ma magari...»
Irene quasi si fece andare il caffè di traverso, poggiò la tazzina con un forte rumore, tossì.
«Mamma che c'è?»
«Magari, cosa, Marco?»
«Non so...», Marco guardò in alto, pensieroso, «appunto, non ci assomigliamo quasi per nulla...magari andandocene distanti...»
«Eh?», Irene si alzò di scatto, alzò la voce, «dimmi cosa le hai scritto! Subito!»
«Te l'ho detto mamma...», Marco continuò a stare seduto, tranquillo, «la voglio far studiare, è mia sorella...»
«Non mi far fare cose spiacevoli, Marco!», indicò la lettera, «tu questa non la spedisci!»
«Cosa?», Marco mise subito una mano sopra la lettera, «sono cose mie, mamma.»
«Aprila e fammela leggere.»
«Non ci penso neppure.»
«Cosa ti ha scritto quella?», indicò la foto sul tavolo.
«Due cose...»
«Cosa?»
«Cose...cose sue», Marco alzò le spalle, disse calmo, «mi ha fatto piacere e le rispondo...»
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Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]
Aktuelle LiteraturUna storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rincontrano per il funerale del loro padre. Così diversi e così s...