Capitolo 14 (1°). Anna ritorna

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La voglia di recuperare la serenità fu in entrambi più forte di tutto il resto: Marco, rimasto solo a Genova, si concentrò sulla sua tesi e sugli esami rimasti; a fine giugno ne diede uno e a metà luglio un altro: con altri due trenta sul libretto era a quota meno tre alla fine che si cominciava già a intravvedere; andava tutte le mattine in laboratorio e vi stava fino alla sera, oltre al lavoro di programmazione c'era anche la parte di ricerca che richiedeva lunghi pomeriggi estivi in biblioteca per consultare atti di conferenze e testi scientifici per cercare lavori simili al suo da studiare e citare nella sua bibliografia.

Anche se il suo laboratorio era a due passi dai padiglioni di medicina e doveva passarvi davanti per entrare, Marco non solo non ne approfittava per sperare di incontrare Anna ma addirittura faceva il giro lungo passando per una via secondaria evitandone l'entrata principale. Desiderava non incontrarla più, specialmente per caso, e sperava che quell'incidente fosse definitivamente concluso. La voglia, infatti, tuttora presente nel suo animo, di fare due chiacchiere con una studentessa simpatica per anche solo alleviare la pesantezza di quei giorni di studio per qualche minuto, si scontrava con la realizzazione che, per quell'innocente desiderio, in ospedale, aveva messo un tarlo nella testa di Ilaria che, sembrava, era ancora persistente.

Riceveva una sua lettera a settimana e le spediva la risposta il mattino dopo: erano lettere piene di dolcezza e affetto, come quelle di quattro anni prima, ma molto lunghe e scritte meglio, con l'amore non più implicito ma espresso con il linguaggio universale dei sentimenti. Persino Marco, ormai, si lasciava andare nelle sue risposte e rispondeva cuore con cuore, 'ti amo' con 'ti amo', 'per sempre tua' con 'per sempre tuo'.

Il nome "Anna" non vi comparve, se non nelle prime, in quelle di Ilaria per chiedergli se le avesse telefonato, in quelle di Marco per dirle di no, che Anna era stata solo una parentesi e che non aveva intenzione di chiamarla né di scriverle, cosa che, in effetti, era vera. Anche per quello evitava di passare di fronte a medicina: perché se l'avesse incontrata anche solo per caso si sarebbe sentito in dovere di scriverglielo perché fra loro non c'erano mai stati segreti.

Maria non sospettò nulla; Ilaria si guardò bene dal dirle qualcosa su Anna o sul Segno; le chiese solo il motivo dell'assenza di Marco in quell'estate, la figlia le rispose che doveva studiare per l'esame finale di laurea e Maria le credette. Anch'ella, come Irene, si era rassegnata sia all'idea che si amassero, ma sia all'idea, non più rassicurante della prima, che Marco facesse sul serio. Non avrebbe scommesso un soldo all'inizio sul fatto che egli avrebbe aspettato e rispettato sua figlia per cinque anni ma così era stato; le lettere che riceveva Ilaria ogni settimana erano puntuali, il sorriso con il quale le riceveva e leggeva sincero. Non aveva motivo per dubitare: sua figlia amava, era amata ed era felice. Solo, come Irene, temeva quel che sarebbe successo dopo, quando i due avrebbero deciso di mettere in pratica il loro amore ma non ci voleva pensare, così come non si pensa più ad un evento certo, ancorché negativo.

Ilaria, dopo quella notte in treno, ebbe altri notti agitate ma cercava nelle lettere di non farlo trasparire perché sapeva come Marco fosse sensibile, aveva a cuore il suo risultato finale e se ne riteneva in parte responsabile: voleva che stesse sereno e avesse solo come unico problema lo studio. Ma il pensiero, avuto in quella notte atroce, che cioè il Cielo le stesse chiedendo un Sacrificio più tangibile come espiazione del suo amore incestuoso le rimase nel cuore come un sottofondo di angoscia che non riusciva più a togliere; non aveva perso la Fede, tutt'altro, si sarebbe lo stesso sacrificata, se necessario, ma a volte si chiedeva se, a quel punto, dovesse considerare il suo Dio di perdono o di vendetta. Anche per raccogliere un po' di soldi per una vita futura con Marco andava a giornata a Battipaglia a raccogliere pomodori, e pregava anche lì, sotto il sole, chinata già al primo mattino di luglio; ma l'oscuro presentimento di dover far di più per Marco, per liberarlo, lo sentiva come un bruciore allo stomaco che era più doloroso del lavoro stesso. Sorrideva, come sempre, a tutti, ma, dentro di sé, pregava e soffriva.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora