Capitolo 40 (VI). Due anelli

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Walter e Sabina tornarono in Italia qualche giorno dopo: il 5 giugno 1998; all'aeroporto quella volta andarono a prenderli i genitori di lei. Walter era proprio cambiato: come aspetto era cresciuto e aveva messo un poco di pancetta, in America aveva mangiato parecchio e fatto meno esercizio fisico. Sabina era invece tale e quale, sorridente e felice: la loro coppia non solo aveva resistito all'anno all'estero ma si era, a suo giudizio, rafforzata. Walter, incostante e poco propenso agli impegni, malgrado avesse solo ventidue anni, era già, non diciamo preso al laccio... ma quasi. Appena sceso disse ai genitori di Sabina:

"Ah, buongiorno, sono contento di vedervi... ma che vita che è laggiù! Voi proprio non potete immaginare, vero Sabi?"

"Sì Walter... però è anche bella l'Italia...", provò a dire un poco timidamente.

"Ah, l'Italia", disse Walter con una smorfia, "sono atterrato da mezz'ora e già vorrei riprendere il volo del ritorno. Ma non hai visto già l'ambiente, la chiusura, il provincialismo... vuoi mettere Malpensa con JFK? Ah, qui al confronto mi pare di essere alla stazione di Voltri con due binari in croce. Ah, scusate...", si rivolse poi ai genitori di lei: "nulla di personale, comunque, quando parlo di questo è solo un giudizio al posto, non alle persone."

"Ma sì Walter, ti capiamo", disse il padre di Sabina: "ora però starete un po' in Italia, vero?"

"Eh, ci tocca, vero Sabi? Almeno finiamo gli studi qui. Se ne parlerà almeno tra tre anni... un anno in America fa sempre comodo nel curriculum, però. Certo... io parlo, ma mi piacerebbe un sacco viverci, vedremo."

"Ora andiamo...", disse la madre di Sabina interrompendo i sogni ad occhi aperti di Walter, alla quale l'idea di un trasferimento della figlia non andava troppo a genio. "Ci sono i tuoi che ti aspettano, sai che tua sorella si fidanza tra qualche giorno e ti hanno aspettato per festeggiare?"

"Imperterrita quella lì. Mah, io non la capisco, le ho parlato qualche volta al telefono e mi sembra sempre più invaghita di questo tizio caduto dal cielo, si può dire. Ma... la sento anche contenta. Siamo proprio diversi io e lei."

"Forse lo ama veramente...", provò a dire Sabina.

"Amare, amare... voi donne sempre con questo 'amare' sulla bocca. Un matrimonio è solo dieci per cento amore."

"Ah sì? E il resto cosa pensi che sia?", gli diede un colpetto con il gomito. La mamma di Sabina lo guardò curiosa. Walter, fra due fuochi, fra gli occhi interrogativi della fidanzata e della quasi suocera, decise di giocare al ribasso come se dovesse vendere un'azione che non prometteva nulla di buono perdendoci poco, ma almeno uscendo dai guai, e disse:

"Eh... l'altro novanta per cento... è fiducia, stima, progettualità, anche un po' di sopportazione... tu Sabi mi hai veramente sopportato quest'anno con tutte le mie fantasie sull'America ed io nelle tue frequenti crisi di nostalgia italiane; questo è anche amore; forse veramente Anna e Marco sono una coppia ideale, si sono trovati, questo è ciò che posso dire. Non so... Ora, però... avete ragione, c'è tutto questo jet lag che mi scombussola e forse dico delle cavolate, andiamo a casa che è meglio..."

***

L'otto giugno 1998 era il ventesimo compleanno di Ilaria: un lunedì. Lo festeggiò insieme alle sue colleghe di lavoro portando in sartoria una torta e altri biscotti secchi che rimasero per pochi giorni seguenti a disposizione di tutte in un barattolo di metallo che era usato per i bottoni; Ilaria si fece così la fama di buona cuoca e venne subito pregata di farne ancora.

Andrea si ricordò del suo compleanno perché l'anno prima aveva festeggiato con lei a casa; la chiamò la sera, gentilmente.

 "Auguri, Ilaria"

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora