I due si guardarono per un poco in silenzio; a Nicola Andrea sembrò proprio un ragazzo e non capì perché Silvia l'avesse portato; certo, era vestito bene, non c'era nulla da dire, elegante, ma si vedeva la differenza di età con lei che sembrava come minimo la sua sorella maggiore; ogni anno, quando la vedeva, le suggeriva di rifarsi una vita ma ella aveva sempre detto che non aveva più voglia, che in cuor suo Nicola era il suo primo e unico amore che aveva lasciato andare per una tragedia. Che fosse quello un nuovo amore di Silvia? Eppure glie l'aveva presentato come amico... no, era troppo giovane per lei; nello stesso tempo gli sembrò un ragazzo più maturo della sua età, come se anch'egli avesse sofferto nella vita, negli occhi aveva un taglio verso il basso come di chi abbia passato molto tempo a pensare... o a piangere.
Ad Andrea Nicola fece un'impressione di un uomo dalla vita attiva e all'aria aperta. Abbronzato, maturo, certamente non più giovane ma onestamente ancora un bell'uomo, anzi, con quelle rughe e quell'accenno di grigiore nei capelli neri ancora abbastanza folti acquistava un fascino mediterraneo accentuato dal fisico tenuto in esercizio. Capì perché la timida e forse un po' sensibile Silvia da ragazza si fosse innamorata di lui; una ragazza così a modo, abituata solo a libri e poemi, diversa da quella vitalità che traspariva da quelle spalle larghe e una mascella quadrata, anche in quell'ambiente dimesso e silenzioso.
Si diedero la mano sportivamente, Nicola gliela tenne stretta mentre diceva:
"Ciao Andrea, piacere... mi dispiace di incontrarti in questo posto ma... se sei amico di Silvia io non posso che esser contento. Se ti ha portato qui è perché tu sai già la nostra storia, vero?", dicendo questo fece un cenno alla sua sinistra verso la parete delle tombe.
Anche Andrea gliela tenne stretta mentre diceva: "Buongiorno Nicola, sì, so qualcosa di voi due, non proprio tutto ma abbastanza. Abbastanza per capire ciò che vi ha unito... e ciò che vi ha diviso."
Voltò il viso nella direzione in cui guardava Nicola; Silvia si staccò da lui, fece due passi e toccò la lapide, semplice, di marmo bianco, su cui c'era scritto in lettere dorate:
"Emanuele Scognamiglio n. m. 24-10-1991"
e poi sotto una scritta in corsivo:
"Gioca nei campi del cielo figlio mio..."
Sotto la scritta c'era un bassorilievo di bronzo con un angelo che tirava un calcio ad un pallone sopra una nuvola. Incastrato sotto l'angelo c'era un disegno infantile di un bambino che gioca a pallone con la scritta "EMANUELE" a caratteri infantili e cubitali, forse fatti dal bambino con la mano tenuta dall'adulto. La tomba era piccola e non aveva un vaso per tenere i fiori; Silvia si accucciò, posò il mazzo di roselline bianche per terra su altri mazzi e fiocchi lì posati; stette un poco in quella posizione a pensare, forse a pregare.
"Continua a giocare, se puoi, figlio mio...", Andrea la sentì dire, sottovoce.
"Sì, questo è il mio... il nostro Emanuele", disse Nicola ad Andrea. "Sei mai venuto qui?"
"No, francamente no", disse Andrea, "questa parte di Staglieno non la conoscevo."
"Meglio così", disse Nicola, "è forse la parte più triste di tutto il cimitero. Qui vedrai solo genitori disperati che hanno sopravvissuto ai loro figli neonati o poco meno che neonati ed ogni volta che vengono qui si domandano cosa sia veramente accaduto. Cercano di andare avanti. Ma non passa mai."
"No, non passa mai", ripeté Silvia dal basso.
"Io... un poco posso capire, Nicola. Ho un figlio anch'io. Non so cosa potrei fare se lo perdessi adesso. Siete...non so... siete stati forti voi due, certamente, ad affrontarla; anche se poi vi siete divisi, la tragedia nell'immediato l'avete affrontata insieme, non è da poco."
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Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]
Ficción GeneralUna storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rincontrano per il funerale del loro padre. Così diversi e così s...