Capitolo 8 (I). Ilaria sale al Nord

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Il 1992 incominciò con gli esami di Marco; a gennaio superò l'esame di pratica per la patente e a febbraio completò due prove scritte intermedie per analisi e algebra lineare; ma, anche nel pieno della sessione invernale, riuscì sempre a trovare il tempo di scrivere a Ilaria e anche quello di registrarle un altro paio di cassette.

Al telefono ella cominciava a parlare più italiano e, con effetti forse un po' comici, anche a scuola con le sue amiche che, pian piano, la vedevano diversa; era l'anno dei loro quattordici e quasi tutte avevano già avuto o stavano avendo la loro prima relazione, per quanto di nascosto dai genitori.

Non è che a Colliano le ragazze non potessero; semplicemente dovevano farlo più di nascosto: ma la campagna era molto ampia e luoghi per nascondersi, anche in inverno, abbondavano; in più, cosa non legale, ma tollerata in ambito urbano, tutti i ragazzi sopra i quindici anni sapevano guidare un'auto e su uno sterrato, insomma, pattuglie non ce n'erano.

Ma Ilaria, sebbene continuasse a crescere sempre più bella, su questo cominciò a staccarsi e le compagne non mancarono di notarlo:

«Ue' Ili', ma tu si' vriamente innamurata e' fratete!» 

«Ca t'adda' aspetta' a ffa virgine ppe' isse?» 

«Cu stu piette e sti 'r cosce ca tieni sapria' amme cca ffa'» 

«Ma tu vurria i' alla nuda ppe' fratete? I' no, signore libbera, nun vurria mai famme vede' da isse'. Criatura se pazzeia, mo' no.»

Ilaria si scherniva, rispondeva a tutte così, con piccole variazioni: 

«R' sacce a mme, nun ve preoccupate, ce sta un Destino per tutti, ce sta anche per noi.»

Le amiche le sistemava in questo modo, ma cominciava a essere più difficile farlo per i maschi di Colliano da quindici a trenta, scapoli e ammogliati, i quali la vedevano un fiore sbocciato e una preda ambita, anche solo per fare qualche commento lungo la strada.

Non poteva più negarlo, guardandosi allo specchio, notava che stava perdendo del tutto i tratti infantili nel viso e il suo corpo era diventato di giovane donna; il seno, maturo e pieno, per quanto stesse ancora bene in alto, aveva ormai bisogno di un sostegno, se non di un fissaggio per sfuggire dagli sguardi lasciandolo danzare libero sotto le maglie; certe libertà di fanciulla non erano più consigliabili. Altri reggiseni comparvero nel suo cassetto, non più lasciati inutilizzati.

Con il suo sapere di sarta, cambiò abbigliamento per essere meno appariscente; mentre le sue amiche, con l'avanzare della primavera, compatibilmente con i controlli dei genitori, riducevano la stoffa indossata, ella la cambiava, faceva sì che camicie, gonne e vestiti seguissero di meno il suo corpo, allargando e allungando.

Ma il desiderio c'era tutto, anzi, con il maturare del suo corpo era aumentato; era vero che ella stava ormai quasi tutte le sere chiusa in camera sua a sentire la voce di Marco registrata, come sentiva Maria; ma Ilaria, molte volte, la sentiva sotto le lenzuola, toccandosi e immaginando, sperando e chiedendo che ci fosse un modo e che, insomma, veramente, come sentiva nella sua testa, ripetuta dalla voce, ci fosse un Disegno per loro due.

Mentre si toccava non riusciva a immaginare l'atto fisico con il fratello; sebbene vissuta in campagna e avesse una chiara idea dell'accoppiamento, gravidanza e parto di mammiferi — cani, gatti, mucche, scrofe, pecore, cavalli — per averlo visto varie volte, aveva solo una vaga idea di cosa comportasse per lei, giovane donna; nella sua mente sentiva la voce di Marco, immaginava un abbraccio, il suo sguardo, lo stargli vicina e con questo e un leggero sfioramento veniva senza più tanti sensi di colpa, ma con l'inquietudine sia di non poterlo esprimere e sia che fosse uno sbaglio del quale pentirsi.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora