Capitolo 5 (III). Tenerezze e addii

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 I fratelli stettero ad asciugare capelli e camicie di fronte al camino, l'esercizio di inglese venne finito; il baccalà cucinato e mangiato; il tempo nel pomeriggio divenne grigio, senza più pioggia e furono fatte e ricevute alcune visite di ringraziamento, condoglianze e auguri di Pasqua.

Dopo averli visti così euforici e sorridenti, infreddoliti e bagnati, Maria comprese che la loro simpatia stava andando avanti e, pur non ancora temendo in concreto qualcosa in più, cercò di non lasciarli per troppo tempo da soli; diede a Ilaria molti compiti da fare e ordinò di seguirla per tutto il pomeriggio, in casa e fuori, lasciando Marco a fare i suoi esercizi di matematica in cucina, ma i fratelli trovarono modi diversi di comunicare.

Alla sera, in camera di Ilaria, prima di andare a dormire, Marco, sapendo che Ilaria aveva capito il messaggio — implicito — del reggiseno, ne volle provare uno più esplicito: aprì il cassetto dei vestiti, curiosando, ne estrasse uno che gli piacque particolarmente; era rosa pallido e sopra aveva un gilè nero chiuso con lacci sotto al seno, con una gonna a campana lunga e una scollatura non molto ampia, quadrata; sembrava un costume tradizionale (e, invero, lo era; Ilaria l'aveva indossato al Natale l'anno precedente per fare la sfilata del Presepe).

Lo guardò di fronte a sé, immaginandolo indosso alla sorella, così diverso come stile, forma e, se vogliamo dirla così, audacia, dai vestiti che vedeva indossati al nord. Non che praticasse molto discoteche o altro, ma gli era capitato di fare Capodanno o altre feste con amici e di certo le sue amiche non avevano mai messo qualcosa di simile.

Era ancora curiosità per il diverso, ma cominciava a sentire un desiderio più forte di connessione; Ilaria durante il giorno, anche quando andava e veniva con la madre, gli aveva continuato a dare l'impressione di stabilità e di supporto che gli era mancata.

Perché non solo era stato abbandonato dal padre, ma la mamma Irene, per mantenere entrambi, visto che Antonio soldi non ne mandava, era stata costretta a lavorare a tempo pieno lasciando Marco molto spesso da solo, fin da bambino.

Si era arrangiato, come tutti i maschi, una pastasciutta e una bistecca se l'era sempre cucinata, era arrivato a diciott'anni senza problemi, ma vedere Ilaria in casa che faceva tutto con il sorriso, sentire la sua voce che gli diceva di stare quieto, di fare i compiti e che tanto non poteva aiutarla perché erano cose "da femmine", lo attraeva come un porto sicuro dopo una tempesta.

Si sentì a casa, quel vestito che teneva in mano era come la bandiera di una nuova nazione; per curiosità lo mise appoggiato allo schienale della sedia, non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di chiedere alla sorella di indossarlo, ma andò a dormire con quell'immagine.

Le due donne salirono quand'egli era già addormentato, si erano attardate a finire di cucinare alcune teglie di pastiera per poi farle riposare fino alla domenica di Pasqua. Maria vide la figlia spogliarsi, aveva tenuto il reggiseno tutto il giorno, non era mai successo, volle capire:

«Ili' cca vo' ffa cu' fratete?», le chiese mentre si spogliava. 

«Ninte' ue' ma', e' frate», Ilaria indossò la camicia da notte e si mise a fianco a lei, «ma me ne vo' i' da cca.»

«A Genova cu' isse?», Maria cominciò a sciogliere i lunghi capelli neri fatti a trecce e fermati con forcine, non ne aveva ancora uno bianco.

«Perche' no? Ca sta a' fa cca? I' sape fa' tutte, passo fatica', e' frate, me po' aiuta' e i' poss aiuta' isse, e' sulo

«Sine...», Maria si guardò allo specchio, pensò alla sua vita come sarebbe stata senza marito e senza figlia, era ciò che desiderava, ma non voleva ammetterlo a sé stessa, togliendo le ultime forcine disse: «ma tu si' troppe picciotta mo'.»

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora