Capitolo 35 (2°). Un nuovo amore

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Ilaria il nove luglio alla sera, dopo esser stata in sartoria, ricevette una telefonata da Silvia:

"Ciao Ilaria, com'è andato l'orale?"

"Bene, Silvia, direi... cioè, qualcosa ho detto, io ho sempre paura di far male, ma direi benino. Tanto non voglio e non merito un sessanta di certo. Tu tutto bene?"

Ilaria era curiosa se in quei giorni avesse ancora visto Andrea in archivio, ma non lo chiese, pensando che fosse ovvio; pensò che l'avesse chiamata come la volta precedente per avvisarla che sarebbe venuta con lui a prendere Emanuele, ma così non fu.

"Sì... bene, volevo dirti Ilaria... perché domani non vieni a casa mia con il tuo bimbo? Hai da fare? Io domani sono in ferie, ho degli arretrati da smaltire. Ormai l'orale l'hai fatto, così stiamo un po' insieme. Volevo anche scusarmi a nome di Andrea per domenica scorsa... non si è comportato bene con te. Non voglio che tu pensi che io lo difenda, ma... capisco anche che è un ragazzo ferito e in qualche modo... io sento di esser vicina a lui per la sua esperienza di orfano."

"Silvia... io non riesco ad arrabbiarmi con le persone e non mi arrabbio né con te né con Andrea. Però, comprendimi, portarmi via Emanuele, così, in casa di Anna, quando stava lì tranquillo, per me era brutto."

"Sì, infatti, poi in macchina ne abbiamo parlato, un po' l'ho fatto ragionare, ma... è inutile parlarne al telefono... se possibile vediamoci, vuoi?"

Ilaria come sempre ebbe paura di un'altra possibile intromissione ma non seppe come rifiutare. Per allora, in effetti, Silvia si stava comportando come amica, forse un po' di parte per Andrea, ma sembrava che cercasse di mantenersi neutra. Accettò:

"Va bene Silvia, veniamo... dammi l'indirizzo. Io non sono molto pratica di quella parte di Genova, però."

"Non ti preoccupare, prendi il 18 e arriva al capolinea. Io ti aspetto lì domani. Chiamami quando stai per uscir di casa, ed Emanuele è pronto, così io mi regolo con l'ora."

Il giorno dopo Ilaria andò all'appuntamento e, come concordato, si trovarono dal capolinea. Silvia la accompagnò per circa cinque minuti all'interno del quartiere e poi entrarono in un palazzo degli anni '20. Il suo appartamento era al primo piano ma aveva una terrazza rialzata alla quale si poteva accedere come fosse un giardino pensile.

"Vieni Ilaria, entra, ciao piccolino, si sta un po'svegliando..."

"Sì... ha preso il latte un'ora e mezza fa, forse...tutto il movimento, l'autobus... le scale, ora si sta svegliando."

Emanuele, nel dormiveglia, capì di esser in braccio alla mamma nel marsupio ma che anche non erano in casa loro, sentì poi la voce della mamma dell'altro Emanuele... c'era un odore diverso, che fossero andati a trovarlo? Finalmente l'avrebbe visto questo nuovo amichetto del quale sempre si parlava.

"Sì... vero... guarda. Ha aperto gli occhi."

"Ma per ora sta buono, lo lascio nel marsupio finché non si lamenta, così ci fa parlare."

"Sì vieni, Ilaria, ti faccio vedere la casa."

Fecero un giro per le stanze, la casa era in stile moderno che faceva un po' contrasto con i pavimenti in graniglia e gli stucchi al soffitto, c'erano ovviamente molti libri su scaffali e mensole, ma non erano solo per far figura; alcuni erano, aperti o con segnalibri, sul tavolo in cucina e sul comodino della camera da letto, segno che Silvia continuava a leggere regolarmente. Non c'era più traccia di un uomo in casa; non una pantofola, non una giacca, nel bagno un solo spazzolino, nessun rasoio, nessun dopobarba, un solo accappatoio, un solo asciugamano sul bidè; in camera da letto l'altro comodino era interamente vuoto con sopra solo una foto incorniciata in un portafoto d'argento; era quella del suo matrimonio all'uscita di chiesa.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora