Capitolo 39 (2°). Emanuele nella camera azzurra

74 13 28
                                    

Ovviamente la serenità di Ilaria con Andrea ebbe ricadute positive su Anna e Marco. Quest'ultimo, infatti, vedendo la sorella sempre più tranquilla, per tutto settembre la continuò a vedere solo il mercoledì sera quando tornava a casa della mamma e il sabato a mezzogiorno a pranzo per poi portarla in villa per il week end, ma i loro discorsi e i loro atteggiamenti non destavano più preoccupazione, neppure in Sara. Quando poi, ad ottobre, la villa venne richiusa per l'inverno e Anna e la sua famiglia traslocarono di nuovo in città, Marco continuò a vedere Ilaria solo il mercoledì sera e il sabato a pranzo con la differenza che, molte volte, lo accompagnava anche Anna; non per gelosia come Silvia ma semplicemente per amicizia; anche a lei faceva piacere vedere il bimbo almeno una volta a settimana e fare un po' la zia. Ilaria cucinava per il fratello e la futura cognata con dedizione e amore facendo commuovere Anna che finalmente non aveva più paura di lei pur sapendo i loro reali sentimenti. Anzi, era proprio il sapere che si amavano e si tenevano a freno la ragione fondamentale del suo commuoversi; può sembrare strano, ma sapere che il suo gattino amasse ancora Ilaria e che, pur sapendo che Ilaria lo amasse reciprocamente, rimanesse a lei fedele era ciò che la induceva ad amarlo sempre di più perché vedeva in ciò una prova di amore. Ilaria, lungi dal considerarla come colei che le aveva tolto Marco, o una rivale, si informava invece, così come per Silvia, sui suoi gusti e le cucinava ciò che più le piaceva. Talvolta capitava che il sabato pomeriggio, dopo pranzo, si unissero poi anche Andrea e Silvia e quella casa minuscola diventava per un paio d'ore un luogo sereno dove cinque persone, finalmente, sembravano aver trovato un loro equilibrio con Emanuele in mezzo felice coccolato da due mamme un papà e due zii.

Questa serenità aiutò Anna per il suo studio: il loro primo anno di storia si completava con ella sui libri: ad ottobre diede gli ultimi due appelli rimasti degli anni passati, passandoli con buoni voti. Ormai ne mancavano sei, gli ultimi, e la tesi. Marco, ad ottobre, fu di nuovo rimandato al militare allo scaglione successivo; non era la definitiva liberazione, però, purtroppo: gli dissero che ci sarebbe stata un'ultima chiamata a dicembre e, anche se rarissimamente, avrebbero in teoria potuto chiamarlo, anche con un telegramma o una telefonata, fino alla sera di Capodanno. In ogni caso era sicuramente un bel passo avanti per la sua liberazione, o, vista da un altro punto di vista, per la sua condanna ad un altro servizio senza possibilità però di congedo: il matrimonio.

Fino a novembre 1997 si può quindi riassumere tutto il nostro discorso in una frase: Emanuele, un bambino di pochi mesi, era riuscito a riunire in serenità cinque adulti (sei, contando anche Nicola dalla Sicilia che comunque osservava la storia da distante) e tre famiglie. Le cose cominciarono ad essere leggermente più turbolente quando da inizio novembre fu chiaro che Emanuele non poteva stare tutto il tempo in sartoria: cominciava a rotolare nella culla e a tentare di mettersi a sedere: si pose il problema di mandarlo al nido.

Per fortuna vicino casa di Ilaria, proprio sotto la chiesa di Oregina, vi era un nido comunale che, data la condizione di Ilaria mamma singola lavoratrice, diede la disponibilità a prenderlo con un costo abbastanza basso. Questo, però, fu un inizio di tensione con Andrea e suo papà che avrebbero preferito un nido più vicino casa loro e privato, gestito da religiose. Per loro non era una questione economica, avrebbero pagato anche l'intera retta: su questo, però, Ilaria fu ferma: ella aveva già chiesto la riduzione dell'assegno da parte del padre e contava di eliminarlo del tutto a partire dalla scuola materna di Emanuele quando avrebbe poi potuto lavorare veramente a tempo pieno; la ragione di questo è da ricercare nella paura di Ilaria di non poter poi accontentare il figlio quando poi, diventato grande, avrebbe potuto capire la differenza di potere di spesa fra ella e il padre. Infatti gli disse a tal proposito:

"Andrea fammi fare così per favore; so che magari un nido comunale non sarà così bello come quello che mi vuoi dare tu, ma costa troppo e non voglio che paghi tutti quei soldi da solo, e, per me, darti la metà sarebbe già troppo. Cerca di capirmi: siamo diversi, tu sei ricco e io no e non voglio che Emanuele prenda poi l'abitudine di chiederti le cose sapendo che tu le puoi comprare e io no."

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora