Capitolo 39 (6°). Emanuele nella camera azzurra

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Marco, dopo aver messo giù la cornetta si guardò intorno; la televisione sul tavolo, il suo piccolo, ma confortevole, bagno privato, un letto fatto dalla cameriera al mattino. Era praticamente in albergo, servito, ma nello stesso tempo gli mancavano le lenzuola di zia Maria, un po' lise, di flanella spessa; i rumori erano diversi, qui si sentiva solo il 'toc' regolare di qualcuno che lanciava la palla oppure occasionalmente il 'clac clac' di zoccoli che andavano verso la scuderia vicino. Non c'erano monti in lontananza, non c'erano galline o galli; c'era il tepore di una stanza ben riscaldata e non il gelo di quella casetta con solo il camino. Eppure lì, a pochi metri di distanza, c'era la sua fidanzata, la sua famiglia, il suo futuro. Così come a Sant'Ilario vedeva la sua vita cambiata, rivoltata in percorsi impossibili che solo, forse, un Dio aveva potuto escogitare; una strada che dai bassifondi di Genova lo aveva portato a sedersi su quel letto così diverso, in un posto così stranamente distante dalla sua esperienza di bimbo e di ragazzo.

Era lì, era lui: era stato scelto proprio come quel gattino che guardava ogni sera. Anna e i suoi genitori lo avevano portato lì perché se lo meritava, perché in quei mesi, pur senza volere, senza un secondo fine, aveva fatto del bene sia ad Anna che a loro. Così come egli aveva scelto quel gattino essi avevano scelto lui. Sembrava strano, quei colpi di fortuna che ogni tanto si sentono nei film, 'la principessa che si innamora del garzone'; in quel caso la ragazza di buona famiglia che si innamora del modesto ingegnere. Certamente la casa di via Luccoli era molto più modesta, ma Anna non era solo quello, quell'Anna spogliata delle sue ricchezze, Anna era anche questo, inserita nella sua famiglia allargata, in un contesto che per lui era stato, fino ad allora, solo visibile in film o immaginato in libri, era quell'Anna che, dopo colazione, si vestiva da fantina e andava a farsi la sua passeggiata. Era anche Luigi che l'aveva portato a imparare i rudimenti del golf, era anche quella camera che, francamente, non si sarebbe mai potuto permettere. Gli venne in mente Ilaria e il suo amore per lei che sentiva ben presente nel suo cuore, guardò il gattino che rappresentava il suo amore per Anna, lì, in quella stessa stanza, entrambi presenti, entrambi forti; solo che, dopotutto, solo uno si poteva allora esprimere, solo uno la vita aveva scelto, almeno per il momento.

Per il resto Marco passò quei giorni in modo tranquillo: Anna gli insegnò a cavalcare una giumenta che non aveva alcun interesse a spaventarlo e che camminava lentamente senza farlo dondolare troppo; egli, con le sue vertigini, si trovò male in arnese in sella ma, per amore di Anna, e facendola molto ridere, cercò di seguirla almeno qualche volta nelle sue passeggiate mattutine. Senza che lo notasse, i genitori di Anna lo guardavano dalla finestra della loro camera con la serenità che precede una decisione importante:

"Hai visto Sara?", disse Luigi, "avevo visto bene in Marco, non puoi negarlo. E' venuto qui, stanno bene insieme. Non c'è la sorella, sta con nostra figlia dal mattino alla sera, cosa vuoi di più?"

"Ma ad Ilaria telefona tutti i giorni, Anna me lo dice..."

"E va bene, che le telefoni pure! Telefonare non è lo stesso che vedere, tu lo sai Sara. Lo sai quando abitavi qui o a Bologna ed io a Genova, la distanza uccide un amore."

"Ma Marco e Ilaria sono temporaneamente distanti Luigi, a Gennaio Ilaria torna su."

"Ma c'è un bambino Sara. Questo te lo scordi sempre, ora anche con quell'accordo firmato, con il suo lavoro, Ilaria e Marco avranno sempre meno tempo per stare insieme, vedrai, tutto si aggiusta."

"Lo sai che Anna appena Marco si libera dal militare vuole fare il fidanzamento ufficiale? Ne ho parlato anche con i miei. Sono d'accordo. Non so proprio cosa succede: sembra che Marco abbia un incantesimo per tutti quelli che incontra."

"Tranne che per te, Sara, direi".

Sara accostò la tenda, ormai Marco ed Anna avevano svoltato il viale, non erano più visibili; il povero Marco su quella cavalla passava i suoi quarti d'ora più emozionanti della sua vita sudando al gelo di dicembre di quelle mattine un poco nebbiose; se avesse saputo che la sua futura suocera gli stava guardando le spalle sarebbe caduto dall'emozione. Sara sospirò e incrociò le braccia:

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora