A quel punto i becchini, rimasti in piedi durante la benedizione, aprirono le porte per la folla che, in fila ordinata, cominciò ad affluire: entrava, faceva il giro della bara per dare l'ultimo saluto ad Antonio e poi passava davanti alle sedie per dare le condoglianze a Maria, ai fratelli di Antonio, a Marco e Ilaria.
Per tanti minuti Marco fu costretto a dare baci su guance di tutti i tipi: barbute, sode, lisce, giovani, rugose o cascanti; conosceva personalmente forse solo una persona su venti e di vista una su dieci, ma si sforzava di dire «grazie» a tutti, sapendo che in paese ci tenevano, e, del resto, tutti lo conoscevano, come il don, veniva chiamato per nome anche dopo quattro anni, sapevano di chi era figlio e dove viveva.
Gli venivano rivolte poche parole, le più frequenti erano:
«Condoglianze ue' Ma, salute a mammeta.»
oppure:
«Marco, mi dispiace po' patrete, anche se non ti è stato tanto vicino iss e' stato sempre o' patre toio.»
ma quella che a Marco faceva più effetto era:
«Bravo, ue' Ma', nun ti si' scurdate e' soreta!»
frase, di solito, accompagnata da una mano sulla spalla o un mesto abbraccio. La cosa curiosa era che avrebbe voluto rispondere: "ma io in realtà stavo dimenticando tutto, persino Ilaria! Sono qui per sbaglio, per..."
Per cosa? Fare quasi novecento chilometri per trovare un padre assente e una bambina che non esisteva più? Il primo lì di fronte, chiuso in una bara, la seconda trasformata di fianco in una ragazza che, solo nella mente, aveva con lui un passato comune?
Nelle pause fra un saluto e l'altro la osservava. Sorrideva e lacrimava allo stesso momento; dava una parola di conforto malgrado ella ne avesse bisogno. Antonio, per lei, era stato un'altra persona rispetto a quella che aveva avuto; un papà amorevole che, guarito dall'alcool e dagli altri vizi, lontano dalle tentazioni del porto di Genova e dei suoi vicoli, si era dedicato alla famiglia e alla sua figlioletta. Ilaria lo piangeva sinceramente col cuore, commossa, ma con un contegno di donna, mentre egli rimaneva con occhi asciutti a guardare quella cassa di fronte che conteneva il cadavere del loro padre.
Maria aveva l'aspetto dignitoso di vedova che sa di aver fatto il suo dovere e il popolo glielo stava confermando; per i Collianesi, infatti, ella era non tanto colei che aveva tolto un marito alla prima moglie e un padre a Marco, ma la salvatrice di un uomo che si era lasciato andare; a tanto, a volte, arriva la distorsione della realtà quando si non si ha la conoscenza del rovescio della storia (o lo si è voluto ignorare).
Marco, invece, lo conosceva molto bene; era ciò che gli impediva di provare dolore vedendo che, forse involontariamente, le persone cambiavano atteggiamento nel passare a lui; per Ilaria e Maria avevano occhi lucidi e fazzoletto in mano; per lui, venti secondi dopo, mostravano uno sguardo serio e compiaciuto nel vedere quanto egli, maturo e giudizioso fin da bambino, avesse saputo cavarsela lo stesso senza padre, in una prova che l'aveva fatto diventare più uomo, per la quale ringraziarlo, persino, come se Antonio fosse fuggito al sud per lavoro o in guerra per la patria.
Ma egli, con la bara di fronte, si ricordò di quel periodo di tanti anni prima in cui il padre, saputo della gravidanza di Maria, voleva andare da lei: i giorni prossimi al Natale 1977; era troppo piccolo per ricordare le parole, ma aveva sentito la tensione, i pianti:
«E dunque? Così ci vuoi abbandonare?», Irene gli aveva urlato, «pazienza me, non mi hai mai amata, ma Marco? Cosa ne sarà di questo figlio senza padre? Che già padre non lo sei mai stato, ma almeno tornavi a casa! Eri una presenza per lui.»
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Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]
Ficción GeneralUna storia di sofferenza e redenzione, una passione ostinata e proibita, tre famiglie coinvolte, trent'anni di storia. Marco e Ilaria, due fratelli divisi da quasi mille chilometri si rincontrano per il funerale del loro padre. Così diversi e così s...