Capitolo 25 (1°). La ferita di Andrea

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Così come aveva detto al relatore Marco si era presentato alla Zensoft il giorno dopo la laurea; gli avevano fatto i complimenti per il suo 110 e lode che comunque era quasi scontato e gli avevano fatto firmare subito un contratto di collaborazione saltuaria fino al 30 giugno con la stessa retribuzione prevista come dipendente che, netta, sarebbe risultata superiore, perché da collaboratore c'erano meno trattenute, ma anche meno garanzie; non c'era bisogno di una partita Iva per il momento. Avrebbe cominciato a lavorare da lunedì 21 aprile: gli avevano detto di presentarsi per le 8.30. Non essendo assunto non aveva un vero e proprio orario di lavoro, non dovendo timbrare un cartellino, ma sarebbe stato preferibile rispettare i tempi come i suoi colleghi. L'orario di lavoro normale era dalle 8.30 alle 12.30, tre quarti d'ora di pausa pranzo e poi dalle 13.15 alle 17.15, ma erano previsti anche orari flessibili, a seconda delle esigenze.

Il giorno dopo la festa di laurea Marco si presentò alle 8.15. Il suo superiore, Filippo, un ragazzo probabilmente sulla trentina, gli disse che non avevano ancora una postazione libera da dargli e lo fece all'inizio lavorare in uno stanzino dove tenevano i computer di riserva. Come primo lavoro gli diede da sistemare un programma che avevano in azienda con alcuni errori e su cui aggiungere qualche miglioria e gli disse che stimava fosse un lavoro di circa due-tre settimane; Marco dopo cinque giorni l'aveva già finito.

Non sapeva bene che fare; non era assunto, era pagato a corpo, non a tempo, avrebbe potuto consegnarlo prima, prendersi il guadagno e andarsene a casa, ma gli sembrava troppo presto e fece finta di far qualcosa per altri due giorni, tanto era in uno stanzino e nessuno lo vedeva leggere o giocare a campo minato. Quando poi lo consegnò, Filippo, il suo capo, dopo averlo provato e riprovato, rimase di sasso. Gli chiese:

"Marco... ma... funziona tutto ed è pure più veloce, come hai fatto?"

"Non so... a me riesce così."

Lo guardò come se fosse una specie di essere strano. Gli diede altre modifiche da fare e nel frattempo lo presentò anche al suo capo, un tale dott. Banto, un tizio con una barba lunghissima, pelato e occhiali, una specie di Babbo Natale in versione informatica. La Zensoft era una ditta medio piccola e praticamente vi erano solo tre livelli di gerarchia, il capo del capo era già un dirigente. Filippo disse:

"Gianni, questo è Marco di cui ti ho parlato, sai... quello ancora con il militare di mezzo, appena laureato, ha praticamente risolto tutti i bug del programma di tracciamento in poco più di una settimana. E l'ha pure velocizzato di almeno un terzo.".

Il dottor Banto lo guardò, si lisciò la barba con fare meditativo e poi disse:

"Bene, andremo d'accordo Marco. Continua così."

A inizio maggio la Zensoft gli diede il primo segno tangibile della sua collaborazione, un assegno per metà mese di lavoro: lo portò in via Luccoli come una reliquia e quasi non l'avrebbe incassato per poi inquadrarlo e conservarlo come ricordo del suo primo reale guadagno da laureato. Ma ebbe un'altra idea e ne parlò ad Anna dopo cena. Si erano messi testa a testa a guardare quel primo assegno guadagnato da Marco di fronte a loro, poggiato sul tavolo. Ottocento cinquantamila per circa metà mese non erano male per iniziare e gli avevano fatto capire che, con la sua velocità, avrebbe potuto aspirare a livelli superiori; a parte tutto era il segno che lo studio di Marco aveva un valore.

Dopo qualche secondo Marco disse:

"Micia, io questi soldi voglio che siano di noi due. Non miei. Della nostra coppia."

 "Gattino, io... ma... sei sicuro?"

"Sì, Micia; ormai siamo qui, nella casa che sarà nostra, voglio che anche questi soldi siano nostri, non solo miei. Se sei d'accordo... vorrei aprire un conto con te e li versiamo lì, i nostri primi guadagni. Apriamo un nostro conto, so che non è un discorso romantico, ma bisogna anche decidere queste cose."

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora