Capitolo 5 (V). Tenerezze e addii

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Verso le quattro erano arrivati due pastori; marito e moglie sui cinquant'anni. Maria faceva pascolare il loro gregge in un fondo tenuto a maggese; pioveva e stavano ritornando alla stalla con gli animali, qualche cane, una figlia giovane, incinta e il loro genero, un ragazzone sui venti che, dopo aver salutato, aveva proseguito; Maria li aveva costretti a entrare e li aveva messi nelle poltrone a fianco al camino per farli stare al caldo, specialmente la gravida a cui Marco, cavallerescamente, aveva ceduto il posto.

Il padre, basso, due baffoni, barba già da fare, con il bastone da pastore e la coppola in testa si era seduto sulla poltrona a fianco. La moglie era altrettanto bassa, tarchiata, ma non dava un'impressione di debolezza, le sue mani erano robuste e le gambe, per metà scoperte da calze spesse, dimostravano che non si stancava nel camminare; la figlia era identica alla madre, portava un fazzoletto in testa, bassa e robusta, con una gonna ampia fino quasi alle caviglie, con mani che, si vedeva, erano abituate al lavoro all'aperto, aveva salutato timidamente Ilaria e ancor più timidamente Marco e si era poi isolata in silenzio, il suo ventre poteva essere di cinque come di otto mesi, non si capiva molto, nascosto da vari strati di stoffa.

Ilaria aveva subito preparato un vassoio di fette di colomba e pastiera, altro caffè e passò prima dai pastori e dalla figlia e poi da Marco.

«Prendi, ue' Ma'», gli sorrise. 

«Ili, ma sei sempre in giro...», Marco era pieno, ma giusto per dovere prese una fetta piccola, «fammi fare qualcosa.»

«None, statte seduto», gli sorrise. 

«Zi' Mari'», la pastora aveva già addentato il suo pezzo di colomba, «cumm'e' crisciuta bbona fijeta!»

Nel frattempo Ilaria stava passando il vassoio anche agli zii che però rifiutarono, Terzo si era fatto portare un posacenere, Carmine sonnecchiava sul divano, aveva ecceduto un po' nel vino.

«Ue' Giuseppi'», Maria alzò le spalle, ella aveva conservato il vestito nero da lutto per la Pasqua, «pare femmena, ma e' ancura criatura, tene tridici anni.»

«Ah, tridici anni!», Giuseppina cominciò a ridere, «ue' Carmeli'», diede una gomitata alla figlia, «tu a tridici anni vulia' gia' ffa all'ammore.»

«Sine, ue ma'», Carmelina era arrossita, «lu cunuscia' gia' mariteme.» 

«Ti si' spusata vietta», commentò Maria. 

«O' scurso anne, zi Mari', tenia diciott'anne.» 

«Diciotto anni?», Marco rimase perplesso, la guardò, gliene avrebbe dato almeno venticinque, se non trenta, «hai la mia età, che strano.»

«Benedica, ti si' fatta gruossa.» 

«Tra tri mesi nasce, zi Mari'...», Carmelina si toccò il ventre, sorrise al suo bimbo in arrivo.

«Ue' Giueppi'», Maria cominciò a ridere, «te face nonna fijeta.» 

Nel frattempo Ilaria stava passando con un vassoio di tazzine di caffè, appena fatto, stava sorridendo a Marco, porgendogliene una; Marco era al terzo e già sentiva le palpitazioni, ma non se la sentì di rifiutare, prese quella che ne aveva di meno, sorrise a Ilaria.

«Sine...», Giuseppina rise, mostrando denti non proprio perfetti, come forma, ma ancora abbastanza sani, «pure a tte, e' bona fijeta, vedrai ca' u truova vietta nu' uaglione.»

«Chista l'ave truvate gia' u' uaglione!», il pastore rise, lisciandosi un baffone, «hai viste cume tanimenta o' frate!», batté il bastone per terra, per darsi un tono.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora