Capitolo 9 (I). Primi tempi a Genova

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Il bambino non si svegliò più, se non alle quattro e mezza, quando ormai cominciava a fare chiaro e un papà, praticamente un ragazzo come la madre, le diede il cambio portandolo in braccio avanti e indietro in corridoio; il nonno, evidentemente abituato a svegliarsi all'alba, aprì gli occhi e, come velocemente si era addormentato, velocemente si svegliò. Andò in bagno e ritornò un quarto d'ora dopo con i baffoni lisciati e un odore di dopobarba.

Ilaria aprì gli occhi e scostò la maglia che Marco le aveva messo sopra. 

«Ue' Ma'...» 

«Buongiorno, Ili...», Marco la guardò sorridente, «per una volta tanto sono io sveglio prima di te.»

«O' sime?» 

«Vicino Grosseto, c'è ancora tempo», le scostò la maglia, «puoi dormire, non c'è la mucca da mungere, stamattina.»

«Nun agge suonne cchiu'», si alzò, guardò dal finestrino, «ca bello o' mare cca.»

«Sì, è diverso...», Marco alzò le spalle, «mi sento vicino a casa, ma anche tu lo sei, ora.»

Pian piano tutto il treno si svegliò; anche il bambino di fronte a loro, tra la luce e il dondolio, si mise seduto con un fumetto in mano e un panino col salame nell'altra. I fratelli fecero colazione con taralli e formaggio, il nonno andò a fumare in corridoio una sigaretta che si era arrotolato con cura; la giovane mamma allattò nello scompartimento con le tendine tirate; gli altri occupanti le lasciarono il posto parlottando in corridoio.

Marco, invece, passata la notte, sentì meno il bisogno di proteggerla e, dopo averla vegliata, si appisolò un paio d'ore; riaprì gli occhi nei dintorni di Massa.

«Ue' Ma', ti si' scetate?» 

«Ah, sì, Ili...», Marco sbadigliò, «dove siamo? Ah, però, già quasi in Liguria...», guardò l'orologio, «è passata presto, tu come stai?»

«Tengo paura...» 

«Sempre di mia mamma?» 

«Sine», Ilaria alzò le spalle, «nu sacce comm'aggia ffa'.» 

«È la prima volta che la porti al nord la tua ragazza?», chiese la donna di fronte.

«Ah, sì, ma non è la mia ragazza...», Marco arrossì, «è mia sorella.» 

«Sorella?», la donna aprì gli occhi, «che strano, non l'avrei mai detto.» 

«È che abbiamo mamme diverse, non ci assomigliamo molto», Marco gesticolò con le mani, Ilaria si staccò un poco da lui, «nostro papà ha avuto due mogli e. . . »

«Tu parli u' dialette, pero'», si rivolse a Ilaria. 

«Sine, signo'», Ilaria si mise dritta per rispondere, «so' e' a' provicia e' Salierno, ce sta mamma llo'.»

«Pure amme so' de o sud, de Nocera, signori'...», alzò le spalle, «ma ora sono tanti anni che vivo a Torino», indicò il marito che apparentemente stava leggendo il quotidiano del giorno prima, «era venuto a militare laggiù e...», alzò le spalle, sorrise, «mi ha poi rapita.»

«Ah, sciocchezze...», il marito pose il giornale, «il nord fa gola a tutti; anche a te...», sorrise a Ilaria, «vero?»

«Sine, signo'», Ilaria si voltò verso il padre, «mo' frateme me porta a Genova a studia'; a' casa e' madre soia, 'a premma mujera.»

«Che situazione complicata...», il padre sorrise, «due mogli, una al nord e una al sud; per me è già troppo averne una.»

«Ah, non fateci caso...», la donna sorrise, «è un bel gesto da parte tua», si rivolse a Marco, «peccato siate fratelli, però.»

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora