Capitolo 6 (III). Irene ci prova

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Ilaria pianse, come una bambina, abbracciata alla mamma, a bordo strada, ben oltre il momento in cui l'ultimo bagliore delle luci di posizione della macchina di Terzo scomparve alla vista. Maria non cercò di distoglierla con la ragione, e né la rimproverò; tuttavia la vita di campagna non ammetteva molte distrazioni; al mattino si sarebbero dovute alzare come sempre all'alba per la mucca e gli altri animali; tornarono a casa, Ilaria lavò i piatti della cena, Maria pulì il forno, ormai spento, dalla cenere e, dopo un ultimo abbraccio, ciascuna andò in camera sua.

Ilaria chiuse la porta, andò nel letto dove il fratello aveva dormito per sei notti, non l'aveva rifatto apposta, voleva sentirne ancora la presenza fra quelle lenzuola; si spogliò e vi entrò nuda. Erano gelate, tremò, ma voleva sentirle su tutta la pelle; per un po' respirò con l'affanno sotto le coperte e si coprì fino ai capelli per avere più caldo. Man mano che il letto si scaldava cominciò a sentire un odore di sudore nello stesso tempo diverso e familiare, specialmente sul cuscino dove la pelle un po' unta di Marco adolescente, con ancora acne e molto sebo, aveva lasciato un alone.

Cominciò a piangere prona premendo la bocca contro il cuscino per non farsi sentire dalla madre; ma, nello stesso tempo, immaginando che quelle lenzuola avevano avvolto il fratello, cominciò a sentire più affanno; i seni premuti contro il materasso diventarono più sensibili e i capezzoli si indurirono, e quanto più ricordava lo sguardo del fratello su di lei, tanto più le prendeva un senso di vuoto nel basso ventre accompagnato da un calore che si spandeva come quando, qualche giorno prima, accucciata al camino, lo aveva pensato.

«Maro', iss m'e' frate, nun facce peccate, vero?», disse sottovoce con la bocca contro il cuscino, ma ebbe paura di proseguire e allora prese il rosario appeso al letto e lo mise sul cuscino e vi poggiò la bocca.

«Ave o Mari' piena e' Grazia...», cominciò a pregare, ma dai capezzoli sulla stoffa ruvida di canapa provenivano delle scosse che le facevano piacere e nello stesso tempo sentiva un turgore in basso sensibile e duro, «ah, ah, u' Signore e' cu Voi, nun e' peccate, e' o' vero?»

Allargò le gambe cautamente e, continuando a pregare, fece scendere la destra in basso, sentì una protuberanza dura e che spuntava, mai sentita, tutto attorno bagnato e si spaventò, «Maro', cos'e chiste', ah, ah», provò a sfiorarlo di più e le venne da dire ad alta voce «AH-mmmh», tappandosi poi subito la bocca nel cuscino, era una sensazione mai provata, piacevole e forte; provò a farlo più delicatamente, «mmmh! mmmh!», divenne più piacevole, «nun e' peccate, Maro'?»

Con il bacino spinse contro il dito, era scivoloso, ma un po' sfregava e le fece male, «ah, si' benedetto u' frutto 'e seno Vuostre Iesù...», disse sottovoce, si portò il dito alla bocca, lo inumidì con la saliva e poi discese, «Santa Mari' Madre e' Di', nun e' peccato si penso a frateme, e' o vero?», aveva nella mente l'immagina di Marco alla fontana che la guardava, si toccò di nuovo e la protuberanza era ancora più dura e sensibile, forse fece troppo forte con il dito e le diede una scossa fortissima, si tappò di nuovo la bocca col cuscino, «mmmh! mmmh!», rimase un po' ferma, la protuberanza diventò più morbida, sentì il dito bagnarsi ancora di più, e la sensazione divenne più piacevole.

Cominciò di nuovo a muoversi, più lentamente, e le venne istintivo accompagnare con il bacino il movimento della mano, «mmmh, mmmh, mmmh», diceva contro il cuscino e poi si voltò un po' a lato, «Maro', facite a grazia, fate turna' frateme, perdonate se e' peccato, ma e' bell'assaie, mmmh, mmmh, e' bello quando iss me guardava», e continuò a muoversi pian piano.

«Ue' Ma', tu adda' turna', Ave o' Mari'...», prese il rosario con la sinistra, strinse il primo grano, completò la preghiera, chiudendo gli occhi, mentre con la destra si accarezzava sotto, lentamente.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora