Capitolo 8 (IV). Ilaria sale al nord

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Venne la domenica, ma Ilaria si alzò sempre all'alba, la mucca e le galline non conoscevano il calendario; anche Marco, comunque, non era ozioso; la vista della sorella che lavorava praticamente anche per lui, lo aveva spinto in quei giorni ad aumentare il ritmo nello studio, visto che non gli facevano fare altro. A Genova si era fatto una tabella per la preparazione di "Fisica uno" e "Fondamenti di informatica" e l'aveva rispettata, anzi, era in anticipo. Se prima di partire aveva avuto il dubbio di saltare l'appello di settembre e darlo a ottobre, in quei pochi giorni si era convinto di potercela fare a dare entrambi prima della ripresa delle lezioni.

Anch'egli, dunque, per le sette era già in piedi, ma ebbe la gioia, finalmente, di vedere la sorella in cucina. Maria era andata a dar da mangiare ai quattro maialini da ingrassare e poi vendere per Natale; fecero colazione; Ilaria, come sempre, sparecchiò e lavò tazze e piattini; dopodiché riempì una conca di plastica.

Marco si alzò per aiutarla, ma Ilaria gli disse: 

«No, Marco mio, tu ha a' studia', io vado fuori; aiuto mamma a fa' e' servizi, torno quando l'acqua è calda per lavarmi i capelli, poi andiamo a Messa.»

Uscì e la mise, appoggiata al muro, avvolta da un sacco di plastica nero, Marco l'aveva seguita.

«Funziona?» 

«Vedrai», alzò le spalle, «co' stu sole...»

Marco, non avendo nulla da fare, ritornò in cucina e svolse qualche esercizio di fisica, concentrato. Non si accorse del tempo che passava e, per le nove, entrò Ilaria con la conca.

«Già fatto?» 

«Sì, torno subbeto», la posò sul tavolo e poi andò sopra; ritornò poco dopo con spazzola, sapone e asciugamano.

«Che calda...», Marco si era alzato, la toccò, era effettivamente ben più che tiepida, «avevi ragione.»

«Mi lave cca, Marco mio...», Ilaria gli sorrise, e gli diede le spalle, «slacciame la veste, per favore.»

«Io?», Marco aprì la bocca, sorpreso, «qui?» 

«Non la voglio bagnare...», si voltò di tre quarti verso di lui, sorrise. 

«Hai ragione...», Marco le andò dietro, pose la mano sulla cerniera, «di quanto, Ili?», cercò di dire calmo, ma gli tremò la voce e la mano.

«Nu poche, Marco mio...» 

Marco la fece scendere fino alle scapole; sotto il vestito indossava uno dei reggiseni visti nel suo cassetto, bianco; «così?», si fermò quando scoprì del tutto l'elastico.

«Accussì, sì, ferma cca...», Ilaria si voltò verso di lui, «I' so' cambiata, Marco mio, chist'anno», si abbassò le spalline del vestito che poi rincalzò nella vita, affinché non cadesse oltre, rimase sopra in reggiseno, «non so' più criatura», si tolse la molletta, i capelli le ricaddero sulle spalle, gli sorrise.

«Vedo, Ili...», Marco non poté impedire al suo sguardo di osservarla; il seno di Ilaria era pesante e tendeva la stoffa; aveva lavorato al sole, era sudato e, togliendosi il vestito, il capezzolo, raffreddato, si era indurito e spuntava come un ditale; l'areola, scurissima, era una chiazza marroncina sopra la stoffa bianca. Deglutì.

«Nun te mette' fastidio, ue' Ma'?» 

«No, Ili...», Marco sospirò, «cioè, perché dovrebbe?» 

«So' sora tua, Marco mio...», lo guardò, prese il polso sinistro con la mano destra, si avvicinò le braccia che spinsero i seni al centro formando un solco.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora