Capitolo 8 (II). Ilaria sale al nord

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La camera venne tinteggiata, venne giugno e Marco diede "Analisi Uno" con un ventisette cosa che lo pose già in una categoria a parte: quella degli studenti che lo passano alla prima, non tanto numerosa. Poi diede anche Algebra e Informatica Medica con un trenta e lode e un ventotto e si ritrovò quindi, a inizio luglio, già tre esami sul libretto, su cinque di quell'anno, con la media del ventotto virgola tre periodico, sopra quella richiesta per avere una borsa di studio. Egli ne avrebbe già avuto diritto per reddito, ma così sarebbe stato più in alto in graduatoria e quasi sicuramente l'avrebbe avuta. In ogni caso, con quella media, era esentato dal pagare le tasse universitarie per il secondo anno.

Irene era al settimo cielo; il suo sogno di avere un figlio che studiasse e che si distinguesse da Antonio era stata la sua missione di vita e si stava realizzando; tuttavia, a denti stretti, dovette ammettere che Ilaria aveva avuto una sua parte nel dare al figlio la serenità necessaria per affrontare la sessione: le sue lettere erano diventate più spesse, e i cuori sulle buste aumentati.

Ormai era questione di settimane e avrebbe dovuto accoglierla in casa. Passava di fronte alla sua foto, ormai scattata più di un anno prima, e si chiedeva, non senza un leggero affanno, cosa sarebbe stato per suo figlio convivere con una tale bellezza che, sicuramente, nel frattempo era aumentata e che, purtroppo, il figlio non riconosceva del tutto come parente.

Maria, nelle periodiche telefonate, cercava di rassicurarla; ma la sua insinuazione che ella sentisse una voce che dicesse che ci fosse un Disegno per loro due la inquietava. Forse per suggestione se ne sentì parte ma, in effetti, non aveva scelta; se anche all'ultimo avesse impedito a Marco di farla salire, egli immediatamente avrebbe chiesto il trasferimento di ateneo al sud. Non voleva perdere il figlio che, oltretutto, da solo avrebbe avuto ben più occasione di commettere l'atto che voleva evitare.

Don Giamba in un loro incontro cercò di rassicurarla: 

«Irene, stai tranquilla», le disse a metà luglio, seduti a una panchina all'ombra sul piazzale della chiesa, «appena Ilaria è qui me la portate e la inserisco nel gruppo dei giovani; si farà nuove amicizie e dimenticherà la cotta per suo fratello; se poi mi dici che è religiosa non lo farebbe mai.»

«Ma lei dice che la Madonna le dice...» 

«Non è la Madonna, Irene, andiamo, su...», Don Giamba sorrise, la sua testa pelata al caldo di luglio luccicava di sudore, «quando mai la Madonna, se anche fosse Lei quella che sente, acconsentirebbe a un incesto?»

«E a un incesto senza fare...», storse la bocca, arrossì, «mi scusi, non vorrei. . . »

«Un amore platonico tra fratelli...», Don Giamba unì le mani di fronte a sé, pensieroso, «potrebbe andare bene, sono orfani, si danno conforto, ma solo se non diventasse una chiusura al mondo esterno. Mi preoccupa soprattutto Marco...»

«Anche a me, don, praticamente non ha più amiche, solo le lettere della sorella. . . », Irene tirò su con il naso, già cominciava a lacrimare, «si sta preparando per andarla a prendere; parla sempre di questo loro Disegno, che Ilaria dice che si devono aspettare...»

«Aspettare per fare cosa?» 

«Quella cosa lì, insomma...», Irene arrossì di nuovo. 

«È sempre la Madonna che glielo dice?» 

«Forse, io non ci capisco molto...», Irene già piangeva, «ma ho visto l'altro giorno un libro sulla scrivania di Marco, aperto su una pagina dal titolo...figli...zione incestuosa o...», si asciugò le lacrime, «scusi era una parola difficile, non la ricordo.»

«Dovrò parlare un po' a questa fanciulla, certamente...», il don sospirò, «se non venisse da un paesino del sud con poca cultura la considererei una blasfemia, ma la perdono perché non sa cosa sta dicendo», si alzò, «certo che l'Italia è ancora divisa in due», scosse il capo, incrociò le braccia.

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora