Capitolo 34 (3°). Emanuele conteso

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Non stettero via molto, ma ad Ilaria sembrò un'eternità; peccato per il dolce: le era venuto buono e pensò di portarlo comunque il giorno dopo in villa. Suonarono al campanello dopo un'ora circa; andò alla finestra a vedere, in strada c'era solo Silvia con la carrozzina. Ilaria disse:

"Ciao Silvia ma... e Andrea?"

Silvia la guardò un poco severa e disse:

"Oh, Ilaria... scusami tanto, ma sei un po' strana: perché cerchi Andrea, lo continui a rifiutare e poi lo cerchi? Ma perché? Io ti ho riportato Emanuele, è lui che dovrebbe interessarti, no? Andrea mi aspetta con la macchina in fondo alla via, è laggiù", indicò con il dito in fondo alla strada, dove Ilaria vide la macchina di Andrea in seconda fila, in attesa; "ha detto che non aveva cose da dirti, solo che... si farà di nuovo vivo."

"Ma... come? allora è entrato... in giardino ed io non me ne sono accorta... oh, che peccato, forse perché ero qui con la radio accesa e non ho sentito il cancello aprirsi, però... un saluto... avrebbe potuto farlo, perché non avete suonato? so che ha le chiavi... ma un saluto? Silvia, non capisci, è solo che chiedo un poco di umanità, non chiedo una relazione con lui, sono io stessa che non l'ho voluta, è libero certamente... ma sembra che neppure tu lo capisca. Scendo un attimo... vengo a prendere Emanuele."

Andò al portone. Emanuele si era addormentato: evidentemente i discorsi letterari di Silvia e suo papà non erano così interessanti; due persone sempre sui libri! Si erano trovati in quell'ora a parlare di autori dell'Ottocento ignorandolo e a lui non era rimasto altro che ciucciarsi il nastro del cappellino che gli era entrato in bocca fino ad addormentarsi. Quasi quasi avrebbe preferito il papà dell'altro Emanuele con i suoi cori da stadio, forse si sarebbe più divertito. Ilaria chiese una mano a Silvia per portare la carrozzina in casa, superando i quattro scalini del portone.

"Grazie Silvia... non posso dire che... sia stato bello, ma almeno Emanuele ha visto il papà, è già qualcosa."

"Accontentati Ilaria, secondo me la cosa è seria e ci vorrà del tempo perché voi due riprenderete a parlare da soli, se mai lo farete; da quel che ho sentito la vostra è stata una storia che è nata con un piede sbagliato: ha generato un bellissimo bambino, questo è sicuro, ma forse siete due persone che non si sarebbero mai dovute incontrare... troppo diverse.

Disse, poi, un po' ambigua:

"A volte il destino fa dei giochi strani..."

"Non sono giochi, Silvia, sono Disegni di Dio, è diverso... se tu hai fede, ovvio."

Silvia la guardò sorridendole per cortesia:

"Sarà, Ilaria, io ho fede, ma.... non così; Andrea mi ha un po' detto della tua fede; non so: come lui non crede ai tuoi disegni neppure io ci credo molto, credo nella libertà di azione dell'uomo ma... te l'ho detto, anche noi due siamo un po'diverse. Salutami il cucciolo quando si sveglia e buon finesettimana, magari... poi... quando hai l'orale?"

"Martedì prossimo."

"Va bene, magari ti lascio tranquilla fino a martedì, poi ci vediamo, se ti va, ti richiamo, ti vorrei far vedere casa mia, per ricambiare l'ospitalità. Ora ti saluto Ilaria, ciao, grazie di tutto, ciao cucciolotto, stammi bene.."

Emanuele dormiva ancora, Ilaria ne approfittò per chiamare Marco che sapeva già esser tornato dal lavoro:

"Ciao Ili, allora, è venuto, o, meglio, sono venuti?"

"Oh, Marco mio, sì... ma sarebbe quasi stato meglio che non l'avessero fatto! Non è entrato in casa, si è preso Emanuele in carrozzina con Silvia e se lo sono portati via e, al ritorno, è andato direttamente in giardino con le sue chiavi senza salutarmi, ha preso la macchina e ha lasciato Silvia sola a ridarmi il bambino."

Dolore e perdono (Parti I - VI) [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora