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Hyulius's pov

In vita non sono stato una persona espansiva ed estroversa, anzi tutt'altro.
Fin da piccolo mi era difficile avere degli amici a causa della timidezza e alla balbuzie causata dalla medesima. All'inizio avevo tentato con tutto me stesso portando dolcetti o piccoli regalini per gli altri, pensavo che essere gentili con i gesti potesse essere la cosa giusta. Ma dato che nulla era sembrato funzionare avevo completamente smesso di provarci. Ero quel bimbo che al parco giocava da solo tirando la palla addosso ad un muretto fingendo fosse una persona, oppure stavo sull'altalena e ridevo cercando di darmi la spinta per andare più in alto. Essere figlio unico, inoltre, non era stata una cosa così positiva per me. Certo, potevo avere tutto quello che volevo compreso l'affetto dei miei parenti. Eppure mi sentivo così solo.
Anche i miei genitori provarono invano ad aiutare organizzando visite a casa, gite e portandomi ai compleanni dei vicini. Non conoscendo nessuno venivo comunque isolato. Certe volte venivo preso in giro per via del suo strano nome, agli altri sembrava essere uscito da uno di quei manuali di letteratura antica che molti consideravano noiosi. Cercavo di non dar peso a quelle cattiverie, a me piaceva tanto avere un nome così particolare. Tuttavia questo mi rendeva comunque ancora più solo.
Uno di quei giorni tutti uguali, un raggio di sole aveva illuminato le nubi grigie che mi soffocavano. Ero su un'altalena a dondolarmi lentamente quando avevo visto avvicinarsi qualcuno. Poteva sembrare una bambina dal vestiario: indossava una maglia bianca, una gonna rosa, calze bianche e ballerine rosa. Aveva i capelli mossi castano chiaro così come gli occhi e aveva un sorriso sincero sulle labbra.
-Ciao, mi chiamo Ruben. Vuoi giocare con me?-. Un maschietto? Per un attimo mi ero chiesto perché fosse vestito in quel modo da bambina, ma avevo scartato quel dubbio subito dopo. Se era una cosa che gli piaceva perché avrebbe dovuto non farlo? Solo in un secondo momento mi ero accorto della proposta e la mia prima reazione fu quella di arrossire restando in silenzio.
-Ti sembro strano vero?-. L'altro dal canto suo vedendo che non rispondevo aveva fatto un passo indietro leggermente imbarazzato.
'Gno, non lo sei' avrei voluto dirgli, ma non ne avevo il coraggio. 'Non c'è nulla di male a fare qualcosa che ti rende felice!'. Avevo scosso la testa, mi ero alzato e avevo cercato di balbettare qualcosa che però sembrava incomprensibile. Era stato abbastanza per Ruben il quale si era messo a saltellare contentissimo e prendendomi una mano aveva iniziato a correre insieme a me.

Bevo l'ennesima tazza di energia drink per cercare di stare concentrato sui fogli da stilare e non da ricordi misti ai pensieri, ma non ci riesco. Un paio di sere fa ho mangiato come non ho mai fatto da quando sono morto, volevo rimanere lì alla mensa per trovare l'occasione per parlare con quel ragazzo. E quando c'è l'ho avuta l'ho sprecata come un idiota. Prima l'imbarazzo e la mia vecchia timidezza mi hanno bloccato e poi ci si è messo il tempo. Sono dovuto letteralmente scappare per tornare in ufficio e adesso mi ritrovo con il doppio del lavoro. Eppure in quei pochi minuti di silenzio mi sono sentito bene con lui, è stato come se il mio cuore avesse trovato il suo posto caldo e confortevole. Quando finirò con questi maledetti fogli potrò tornare al Purgatorio. Purtroppo oggi non ho un attimo libero, fra poco dovrò recarmi da Minosse e aiutarlo a smistare i nuovi arrivati. Ma nuovi arrivati vogliono dire altri fascicoli da riempire, organizzare e archiviare. Spesso mi maledico per essere il più bravo in questo ambito perché tutti mi cedono le loro parti per dedicarsi ad altri compiti ed io mi ritrovo sempre ad annegare nei fogli. Per la disperazione ho usato i miei poteri e adesso cinque burattini scorrazzano per tutto l'ufficio. Essi sono pupazzi di legno alti una ventina di centimetri le cui braccia e gambe sono costituiti da sottili fili neri connessi a piccole manine e piccoli piedini, ho disegnato sulle loro facce degli occhietti teneri. Non li creo io, li faccio fabbricare a pezzi da chi di dovere ed io lì assemblo con in mente un compito ben preciso da far svolgere loro. Non appena sono completi questi si animano facendo solo quello che ho pensato per loro. Al pieno delle mie forze riuscirei a mantenerne attivi anche una ventina, ma ultimamente più di cinque non riesco. A volte quando mi sento solo creo delle feste dove i burattini si conoscono e ballano.
Sento una strana confusione provenire non molto lontano da qui, è una cosa piuttosto insolita ed esco dal mio ufficio per andare a vedere. L'edificio si trova fra il Limbo e il secondo cerchio, nei pressi dell'entrata, ed è formato da tre piani. Nel piano terra c'è la reception, la segreteria, una piccola caffetteria con un paio di distributori e un'enorme bacheca con scritti tutti i turni di ognuno e dove timbrare il cartellino ogni giorno. Io, ovviamente, ho tutti i giorni pieni.
Il primo piano, dove sono stato collocato, e il secondo sono stati divisi in piccole sezioni in modo tale da farci entrare una trentina di stanze l'uno. Di solito in ognuna di essa ci lavorano due persone, ma ho il privilegio e la sfortuna di essere da solo nel mio ufficio. Più mi avvicino alle scale più le urla si fanno nitide e riesco a capire chi sta parlando.
-Per l'ultima volta, ragazzina, non puoi passare. Ti ho già detto che Hyulius è molto impegnato e non va disturbato per nessun motivo-. È un mio collega di cui non ricordo il nome, sbuffo per le sue parole.
-Piantala di darmi della ragazzina, sono un ragazzo e non voglio mica stare qui per un'ora! Avanti, fammi passare per favore-. E questa è la voce del ragazzo della mensa, stringo i pugni e affretto il passo fino a raggiungerli.
-Non chiamarlo più ragazzina- ammonisco il mio collega guardandolo storto. -E non parlare così in mia vece, dovevi venire da me e avvisarmi prima di rispondere. C'è sempre tempo per le visite-.
-Ma Hyulius, non puoi arrivare in ritardo da Minosse- replica lui, ma lo zittisco con un gesto della mano.
-Cinque minuti non li si negano a nessuno, sii più cordiale la prossima volta-. Lui annuisce sebbene poco convinto e alla fine si allontana lasciandoci soli. Il vestito verde che indossa gli sta molto bene e sulla mascherina sempre verde c'è stampato un dolce sorriso. Tra le mani tiene un piccolo vaso decorato con dei disegni floreali rosa, dentro il vaso ci sono tulipani e tanti altri fiori colorati.
-Ciao a te, sono felice di vederti- gli sorrido in modo cordiale, lo vedo più tranquillo adesso. -Ti chiedo scusa per essermene andato in quel modo, spero di non averti infastidito-.
Lui scuote la testa. -Ecco, volevo ringraziarti per tutto il tuo aiuto e per aver allontanato quei tipi cattivi. Perciò ti ho fatto un regalo, spero ti piaccia-. Per quello che posso vedere è diventato tutto rosso, mi porge il vaso e distoglie lo sguardo imbarazzato. -Spero ti piaccia, ho pensato fosse una buona idea visto dove lavori-.
-Ma figurati, ti avrei aiutato in ogni caso. Non permetterei mai a nessuno di fare una cosa sgradevole come alzare le gonne delle persone per denigrarle-. Prendo il regalo stringendolo forte per non farlo cadere e rompere. -Grazie, è bellissimo. Darà tanto colore al mio ufficio grigio e triste, sei stato molto gentile-.
Come quella sera l'atmosfera si fa piacevole, mi sento bene in sua compagnia e non vorrei allontanarmi da lui. Purtroppo il tempo non è dalla mia parte e i cinque minuti finiscono troppo presto. Ci lasciamo a malincuore e ci auguriamo reciprocamente di rivederci presto. Torno nel mio ufficio e sistemo il vaso su uno degli scaffali liberi, i burattini stanno ancora facendo il loro lavoro. Noto che attaccato al vaso c'è un bigliettino piegato su sé stesso, lo apro per poterlo leggere.
"Grazie ancora, sei il mio eroe. -Ruben".
Sgrano gli occhi e posando il bigliettino mi fiondo fuori, scanso tutte le persone che sorprese tentano di frenarmi ed esco dall'edificio guardandomi attorno. Lo vedo e lo chiamo per nome mentre lo raggiungo, lui si ferma e mi aspetta.
-Ruben- riprendo fiato, sto sorridendo come un ebete. -Ti prego, vorrei vederti domani se è possibile-. Sono sicuro mi darà del pazzo, dopotutto ci siamo salutati pochi minuti fa. Sono un idiota, com'è che non ho unito i punti? È vero, è passato molto tempo dall'ultima volta che l'ho visto e che ne ho sentito la voce. Eppure ha gli stessi occhi dolci, la stessa tenerezza e anche se non lo posso vedere probabilmente ha lo stesso sorriso. Ma non ho il tempo al momento per parlare con lui di discorsi che richiederebbero più di un paio di attimi.
-Certamente, ne sarei felice- dice annuendo più volte, sospiro più volte sollevato. -A che ora ci vediamo? E dove?-.
-Dopo l'ora di pranzo alla prima panchina del Purgatorio-. Ci avrei voluto pensare di più, ma alla fine ho parlato di getto. So che non riuscirò a lavorare bene oggi.

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