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Ruben's pov

Sono in camera mia dopo aver fatto un lungo bagno caldo, addosso ho solo l'asciugamano a coprirmi il corpo. Mi sento un po' agitato per l'incontro di oggi e non so dirmi effettivamente il perché. Forse perché l'ho visto cambiare idea in davvero pochi minuti, anche se non ne capisco il motivo. Da una parte sembrava che non lo avrei più rivisto e invece mi ha invitato a questo incontro. Non so cosa pensare, ma sicuramente non è un appuntamento. Mi siedo sul letto facendo dondolare le gambe, l'asciugamano è fissato così da non doverlo tenere costantemente per non farlo cadere. La mia stanza è ampia come tante altre, il pavimento è di grosse piastrelle grigie ed ho fatto dipingere le pareti di rosa con alcuni fiori sparsi qua e là. Al centro della stanza c'è un morbido letto matrimoniale, un grande tappeto circolare ed un comodino con sopra una lampada. Alla destra del letto ho sistemato una grande libreria ricolma di libri e fumetti, raccontano tutti storie d'amore. Alla sua sinistra, invece, ci sono un grosso armadio dove tengo tutti i miei tanti abiti e scarpe femminili, e un altro piccolo armadio di legno malridotto dove lascio prendere polvere ai vestiti prettamente maschili. Tutto qui dentro è rosa o bianco compresi i suppellettili e i cuscini, vorrei avere anche dei soffici peluche.
Alla fine opto per qualcosa di molto semplice di una tonalità estiva e dalle maniche corte. Apro uno dei cassetti del comodino, all'interno conservo tutte le mie mascherine in modo molto ordinato. Sono di ogni colore e alcune hanno anche delle stampe carine al di sopra. Gli altri due cassetti contengono biancheria, calze lunghe, leggins e piccoli calzini. Mi sistemo i capelli usando una spazzola e dopo essermi vestito esco dal dormitorio mettendomi a camminare. La zona in cui io vivo assieme ad altri diavoli si trova tra l'Inferno e il Purgatorio, ma fa parte più del primo. Anche se il grande lago al cui centro si trova il Monte non è molto lontano da qui. Oltre agli ascensori che portano in basso, il dormitorio e alla mensa non c'è molto altro. È stato costruito un piccolo parco giochi con due altalene e uno scivolo, sono stati sistemati dei sentieri fatti di ampie lastre di pietra che portano al lago. Tante panchine sono state situate lungo tutti i sentieri, inoltre più ci si avvicina al lago più si fanno frequenti piccoli arbusti e sterpaglia incolta. Come accordato il giorno prima, mi siedo sulla prima panchina che vedo e aspetto. Sto seduto composto in modo da tenere la gonna ben sistemata, ma ben presto mi metto a muovere le gambe canticchiando una canzone.
  -Hey eccomi-. Giro la testa e vedo Hyulius avvicinarsi mentre riprende fiato, sembra aver corso fino ad arrivare qui. -Scusa il ritardo, spero di non averti fatto aspettare ttoppo-. Io scuoto la testa e mi sposto per farlo sedere.
Rimaniamo in silenzio per un po', non so come aprire un discorso su un qualunque argomento. Tutto mi sembra scontato o fuori luogo, anche chiedergli del suo lavoro potrebbe essere inadeguato. Così mi appoggio a lui in attesa, vedo che vorrebbe dirmi qualcosa senza riuscirci.
  -Quando ero piccolo ho conosciuto un bambino tanto gentile- inizia alla fine dopo aver preso un respiro profondo. -Aveva i capelli castani, occhi dolci e un sorriso sincero sulle labbra. Io volevo tanto parlare con lui ed essere suo amico, ma ero un bambino molto timido e lui era più grande di me di un paio d'anni. Tutte le volte che ho avuto l'occasione di parlargli non ne trovavo il coraggio e mi limitavo a guardarlo da lontano quando potevo. E gli anni sono passati così: cercavo di conoscere cosa gli piaceva e che luoghi frequentava per poter avere ancora un'occasione e un'altra ancora. Era così felice, pieno di amici e di affetto, io volevo far parte del suo mondo e dargli anche il mio di affetto. Ma, come ho detto, sprecavo ogni occasione tra titubanza, dubbi e paure. Una mattina mi ero guardato allo specchio chiedendomi se era così che volevo andare avanti e ho capito che avrei voluto stare per sempre al suo fianco-.
Fa una pausa, vedo una luce nei suoi e un sorriso triste si dipinge sulle sue labbra. Le sue parole mi sembrano familiari e il mio animo si fa più inquieto, ma non voglio interromperlo. È come se l'argomento di questo discorso fosse sia la cosa più bella del suo mondo, sia la cosa più dolorosa che lui abbia mai provato.
  -Mi ero preso coraggio decidendo che quel giorno avrei preso la sua stessa strada per andare a scuola e gli avrei parlato sperando di diventare finalmente suo amico. Volevo uscire presto di casa, prendere la stessa strada sua e incontrarlo da solo e con calma. Ma in quella mattina nulla è andato come doveva. In doccia non scorreva acqua calda, mia madre aveva bruciato i toast e li ha dovuti rifare, papà non trovava le chiavi della macchina e dovetti aiutarlo. Così ho accumulato tanti minuti di ritardo, fin troppi. Mi sono incamminato a grandi falcate sperando di recuperare, mi guardavo attorno sperando di vederlo. Sentivo il cuore battere forte per le emozioni piacevoli e la tanta ansia, ma girato l'angolo tutto è cambiato in poco tempo. Ho pensato che il mio cuore si sarebbe fermato come poi ha fatto anni dopo. Il ragazzo con cui volevo stare per sempre era steso sull'asfalto in una pozza di sangue, dei grossi cani lo circondavano-.
Lo guardo e la mia carnagione si fa più chiara, il mio corpo inizia a tremare come una foglia e i miei occhi si riempiono di lacrime. I ricordi riaffiorano come un fiume in piena, alcuni sono bellissimi mentre altri sono molto dolorosi. Adesso ricordo meglio quel ragazzo, avrei tanto voluto essere suo amico ma lo vedevo incerto e io non sapevo come comportarmi. Avevo paura mi trovasse strano e disgustoso, avevo paura mi avrebbe trattato male. Non riesco a dire una sola parola e avvicino le mani al petto cercando di calmarmi senza successo. Le lacrime mi bagnano la mascherina e io non riesco a fermarle.
  -Una volta morto ho rinunciato al Paradiso per poter trovare quel ragazzo, per far svanire il mio più grande rimpianto. Mi dispiace, mi dispiace tantissimo di non averti salvato. Ti prego, perdonami-. Prende delicatamente le mie mani tra le sue, anche lui sta piangendo e mi stringe a sé. Io scuoto la testa mentre continuo a singhiozzare e mi appoggio al suo petto facendomi più piccino, lo sento circondarmi in un abbraccio.
  -Non hai nulla di cui scusarti, avrebbero ucciso anche a te. Anzi ti ringrazio, credevo sarei morto lì tutto solo sull'asfalto e invece c'eri tu. Ero appoggiato a te, mi tenevi la mano, i tuoi occhi sono stati il mio ultimo ricordo-.
Rimaniamo in silenzio stretti l'uno all'altro nel nostro dolore, le nostre sono lacrime sopite per anni che adesso si possono finalmente incontrare e scorrere liberamente.
Una volta che ci siamo calmati io resto ancora tra le sue braccia, mi sento totalmente a mio agio così e lascio che mi accarezza la schiena. -Davvero hai rinunciato al Paradiso per cercarmi? In tutto questo tempo mi sono chiesto come si chiamasse quel ragazzo e non ti ho riconosciuto, sei cambiato molto-.
  -Certo- mi risponde lui. -Volevo trovarti per poterti finalmente parlare, adesso siamo qui ed è bellissimo-. Annuisco alle sue parole, lo penso anche io. -Io... adesso vorrei chiederti una cosa-. Alzo lo sguardo per prestargli massima attenzione, è arrossito. -Ti... ti andrebbe di frequentarci, di conoscerci meglio? Nulla di serio o almeno non subito! Sarebbe bello vedersi più spesso-.
Annuisco più e più volte felice dell'idea. -Sì, mi piacerebbe molto. Spero solo di non metterti nei guai col tuo lavoro-. Già, non me lo perdonerei.
  -Stai tranquillo, tu sei più importante di qualunque cosa e passerei tutto il mio tempo con te-.

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