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Gabriel's pov

  -Come io meriterei di marcire all’inferno.-
È sempre così dura con sé stessa, però non ha detto nulla di negativo su Edwin fino ad ora. Forse posso veramente parlarle a cuore aperto?
Mi viene in mente il discorso sulle ali con Beatrice, ma quando provo a parlarne le parole mi muoiono in gola.
No, era solo fuliggine. Non capiterà nulla alle mie ali.
  -Hai mai amato qualcuno?-
Tra noi torna il silenzio.
  -È la prima volta per me, e vorrei essere sempre in grado di dargli ciò di cui ha bisogno… ma temo di avere già fallito.- sento un groppo formarsi in gola, ricordando i miei sbagli. -Aveva bisogno di me… e l’ho lasciato solo. Ho perso la sua fiducia, ma farò di tutto per riconquistarla.-
  -… perché?-.
La domanda mi sorprende, e rispondo velocemente. -Perché… credevo fosse ciò che voleva. Sarei rimasto, ma mi ha detto di andarmene.-
  -Allora la colpa è sua.-
Aggrotto la fronte. Mi ha colto alla sprovvista. 
  -No, la colpa è mia. Dovevo restare.-
  -È colpa tua se non gli leggi nella mente e se lui non è stato sincero?-
  -Aveva bisogno di me.-
Mi alzo in piedi, senza rendermene conto alzo la voce.
  -Allora doveva dirtelo. Se ti ha detto di andartene e ora ti dà la colpa perché lo hai ascoltato allora è egoista e immaturo.- 
Contraggo i pugni e faccio qualche passo avanti.
  -Ritiralo.-
  -Una brava persona non ti farebbe soffrire se ha sbagliato.-
Mi avvicino ancora, con la rabbia che mi brucia nel petto. Non le permetto di parlare in questo modo di Edwin, glielo farò rimangiare o la pagherà.
  -Non è colpa sua!-.
Una pietra mi colpisce di striscio alla guancia, ma sento il taglio e vi appoggio la mano sopra. Un’altra pietra mi colpisce la fronte, e un’altra ancora lo stomaco.
Elena mi sta bersagliando costringendomi ad arretrare. Ho esagerato ma non posso avvicinarmi per scusarmi, continua a colpirmi fino a quando non sono fuori.
Sento il cuore battermi all’impazzata e la testa martellarmi. Che diavolo stavo pensando?! È mia amica! Ha detto delle cose orribili ma non potrei mai farle del male!
  -Elena! Elena mi dispiace!-.
Urlo dall’ingresso della caverna, senza fare alcun passo. Ho rovinato tutto anche stavolta.
  -Mi dispiace…-.
Riaprendo le ali mi stacco dal terreno, dirigendomi lentamente verso il paradiso cercando di contrastare il senso di colpa che mi attanaglia.
Non avrebbe dovuto parlare così di Edwin, anzi, io non avrei dovuto parlarne. Ogni volta che lo faccio vengo frainteso, nessuno capisce quanto sia buono e speciale.
Forse è meglio tenermi tutto questo per me, e concentrarmi solo sul renderlo felice… si, devo concentrarmi su di lui, niente ha più importanza.
Continuo a volare con un pensiero fisso in mente, cosa posso fare per renderlo felice?
Gli ho promesso l’Eden, ma non posso portare l’intero giardino in casa sua, e nemmeno troppi fiori, perderebbero di significato. Forse un modellino in scala? Mio padre ne aveva tanti, però sarebbe ingombrante e rischia di rompersi.
Delle foto? Mi sembra un gesto così insipido… dei quadri! Ma certo!
Devo solo trovare il pittore adatto, che sappia esprimere la dolcezza del giardino, e potrò portarglielo!
Purtroppo non conosco molte persone che dipingano, però Marcus potrebbe. È molto espansivo con la gente e gli piace conoscere nuove persone di continuo, sono sicuro potrebbe aiutarmi. 
Non credo di potergli dire il vero motivo per cui mi servono, devo fare attenzione a come chiederglielo.
Confidando nel fatto si trovi nel dormitorio mi dirigo direttamente verso la sua camera, trovandoci un bigliettino sopra con su scritto: "mi sono trasferito da te".
Non è la prima volta, anzi è capitato spesso negli anni, perciò non ci bado. Entrando nella mia stanza la trovo per l’ennesima volta rinnovata.
Gli piace cambiarla di tanto in tanto, e vedo che non si è risparmiato.
Una gigantesca vetrata a scacchiera separa per metà la stanza fermandosi al centro, e all’angolo accanto alla parete ha sistemato un divanetto bianco e un tappetino color crema. 
Oltre il vetro distinguo i nostri letti separati da un tappeto e da un comodino ciascuno, messi davanti a una lunga finestra con varie piante messe sulla cima. Ha aggiunto anche un paio di armadi e una scrivania.
Non sono abituato a tutti questi mobili, preferisco uno stile minimale.
Dalla porta del bagno distinguo la sua voce.
  -Gabriel?-.
Esce di corsa, avvicinandosi con un’espressione preoccupata. -Dove sei stato?!-.
  -Scusami, ho lavorato tanto.- 
Non mi piace mentire, però non mi lascia scelta. So cosa direbbe.
  -Sei stato ancora all’Inferno? Quei diavoli ti costringono a fare qualcosa? Possiamo chiedere aiuto agli Arcangeli.-
  -No no, ti assicuro che sto bene, e nessuno mi fa del male.-
  -Gabriel… sono il tuo migliore amico. Puoi fidarti di me.-
  -E tu puoi fidarti di me, sto bene.- comincia a infastidirmi questo suo atteggiamento. So che gli sto mentendo e non è giusto ma perché non può fidarsi?
  -Sei tu a dirlo o quel diavolo che ti costringe ad accompagnarlo?-.
Nuovamente la mia espressione si contrae. -Stai oltrepassando il limite.-
  -Allora l’hai visto!-.
  -Marcus per favore!-.
Stiamo entrambi alzando la voce, e non voglio questo. Prendo un profondo respiro passandomi entrambe le mani tra i capelli. -Ho lavorato molto e sono tornato… tutto qui. possiamo parlare civilmente adesso?-.
La sua espressione non cambia, sono certo che non mi creda, e la cosa non aiuta a calmarmi.
  -Ho bisogno di un tuo consiglio.- dico sperando di cambiare argomento.
Purtroppo non me lo lascia fare. -Smettila di mischiarti con dei mostri.-
  -Sai cosa? Ci vediamo.-
Preferisco andarmene piuttosto che restare un minuto di più. Non capisce, nessuno capisce!
Perché devono essere così ingiusti? Non si degnano nemmeno di ascoltarmi!
Tutto ciò è frustrante, e mi fa pensare a cose che non vorrei pensare. Ancora peggio, non ho la minima idea di dove trovare il pittore per Edwin.
Sono così nervoso che mentre cammino lungo il corridoio del dormitorio non bado a nulla, e finisco per scontrarmi con qualcuno.
Per un attimo tutta la mia rabbia svanisce.
  -Oh, mi dispiace tantissimo!-.
Davanti a me, più precisamente per terra, c’è un uomo dagli occhi castani e i capelli rasati, con un paio di occhiali sul naso sottile e un grosso dilatatore su ciascun orecchio. Indossa dei semplici jeans e una maglietta grigia, sembra avere almeno una quarantina d’anni dall’aspetto che ha scelto.
Gli porgo subito la mano, imbarazzato per l’accaduto, aiutandolo ad alzarsi.
  -Mi dispiace veramente tanto signore.-
  -Non preoccuparti, non è successo nulla. Vai di fretta eh?- mi risponde con un sorriso che mi risolleva.
  -Sì, avevo un po’ la testa tra le nuvole… cercavo un pittore ma non ne conosco nessuno.- ammetto imbarazzato.
  -Che genere di pittore?-.
  -Che sia bravo.-
La mia risposta lo fa ridere di gusto. -Ahahah, immaginavo, ma che stile cerchi? Mio marito è un artista, però dipinge prevalentemente con gli acquerelli ed ha uno stile leggermente astratto.-
  -Sarebbe in grado di dipingere l’Eden?- chiedo senza pensarci. Deve essere un segno del destino, se il Signore mi ha fatto incontrare quest’uomo c’è sicuramente un motivo.
Non posso essere tanto fortunato da avere trovato da solo il marito di un pittore.
  -Oh certo, con i fiori ci sa fare. Posso fartelo conoscere se vuoi.-
  -Ecco… sono un po’ impegnato al momento, devo andare al lavoro. Potrebbe chiedergli una commissione da parte mia? Mi chiamo Gabriel.-
Caspita che maleducato, non mi sono neanche presentato.
  -Certo, sembra molto importante per te. Io sono Michele, mio marito si chiama Federico.-
  -Quanto crede potrebbe metterci per un quadro?-.
  -Dipende, non me ne intendo molto mi spiace.-
  -Non si preoccupi. Io vivo qui al dormitorio, la mia camera è quella la in fondo.- dico indicandogliela. -Potrebbe portarmi il quadro quanto sarà pronto? Ho un compagno di stanza, Marcus, se non sono in camera potreste consegnarlo a lui.-
Mi sento uno sfacciato, e lo sono, ma sono anche innamorato.
Grazie al cielo Michele annuisce gentilmente.
  -Va bene, quando sarà pronto te lo porteremo.-
  -La ringrazio infinitamente! Ora mi scusi, ma devo veramente andare. A presto!-.
Corro verso l’uscita del dormitorio con un sorriso sulle labbra, in una manciata di tempo la giornata si è capovolta! Sono così felice di come si siano risolte le cose che quasi non penso più ad Elena e Marcus.
Sto quasi per tornare al purgatorio per andare a lavoro, quando il pizzicore alla schiena mi ferma.
È vero, dovevo controllare la presenza di detriti. 
C’è un bagno comune poco distante da qui, e dirigendomi all’interno lo trovo vuoto. È composto interamente da mattonelle bianche ed è tenuto alla perfezione. C’è una fila di specchi lungo una parete e togliendomi la camicia comincio a controllare.
Sembra essere tutto in ordine, non sento sassolini o altro. Faccio per sistemarmi, quando con la coda dell’occhio noto qualcosa allo specchio.
Delle piccole piume nere alla base della schiena.
Il cuore mi si ferma e il respiro si spezza. No, è solo fuliggine, pulendole con dell’acqua andrà via. Perché non va via?! Quel color pece è ancora lì, non importa quanto sfrego, non se ne va!
  -No, no no no no no…-.
È per i pensieri che ho fatto? Perché volevo fare del male a…
  -No no no no no! Ti prego no! Mi dispiace, mi dispiace!-.
Inizio a tremare, istintivamente guardo la porta con il terrore che qualcuno possa entrare da un momento all’altro. Nessuno deve vederle.
Strappo le piume e le infilo in tasca, le brucerò dopo. È solo un caso isolato, ricresceranno e torneranno bianche. Va tutto bene, sono un angelo, le mie ali non diventeranno nere.
Stringendole nella tasca esco dal bagno controllando che non ci sia nessuno nei paraggi, poi spicco il volo e mi dirigo verso il purgatorio.
Devo concentrarmi su Edwin, allontanare i sentimenti di rancore e sostituirli con l’amore che provo per lui.
Una volta che saremo insieme andrà tutto bene.

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