104

14 2 0
                                    

Jules's pov

Non sono adatto ad essere amato, lo so fin da quando sono nato. Il mio primo abbandono l'ho subito quando non possedevo le capacità per capirlo ed assimilarlo. A pochi mesi di vita quello che doveva essere mio padre ha lasciato la nostra casa senza mai farvi ritorno. Da bambino non sentivo la sua mancanza, ero sempre piuttosto allegro e vivace. Non c'erano fotografie di lui, nessun oggetto appartenente a lui. Come potevo soffrire per qualcuno che per me non esisteva? Ma la vita non fa mai sconti, il vuoto dentro di me era solo assopito. La mia mamma Danielle ha cercato di darmi tutto l'affetto e tutto il benessere che poteva. Lavorava tanto per mantenere me e la casa, nonostante questo era molto presente per me. Quelli con lei sono stati i momenti più belli e sono diventati i ricordi più dolci in mio possesso. Giocava con me e creava sempre nuove storie per farmi divertire. Quando un giocattolo mi si rompeva lo riparava con le sue mani. Mi portava tutti i pomeriggi al parco ed io ero felice di conoscere altri bambini. Non mi piaceva vederla andare a lavoro, in quelle ore mi lasciava ad una tata. Però quando tornava mi portava sempre un dolcetto o una pizzetta. La notte mi rimboccava le coperte, mi leggeva una storia, mi cantava una ninnananna e rimaneva con me finché non dormivo profondamente. Mi faceva tanti regali, ma quello per me più prezioso era un peluche a forma di leoncino. Me ne prendevo cura e lo portavo sempre con me ovunque andassi, era il mio tesoro più prezioso. Purtroppo in questi ricordi l'immagine della mia mamma è sfocata. Ne ricordo la giovinezza, i capelli lunghi ramati, gli occhi dello stesso azzurro del mio occhio sinistro e il suo sorriso così sereno.

Sto seduto sul divano in salotto e guardo disinteressato un programma registrato. Una bottiglia di birra aperta è appoggiata su un tavolino, non ne ho ancora bevuto neanche un sorso. Sono passati alcuni giorni da quando Elisa mi ha lasciato, ma il senso di vuoto è lo stesso. Mi sforzo di condurre una vita normale davanti a tutti, soprattutto a lavoro. Ma dentro di me non sento nulla. Cos'ho sbagliato questa volta? Non sono stato abbastanza dolce? Non le ho detto abbastanza volte quanto fosse importante, quanto mi rendesse felice ogni suo gesto? Non le ho fatto abbastanza regali costosi? Non le ho dato abbastanza abbracci e baci? Non sono stato abbastanza presente? Non ho meritato il suo amore, non merito amore da nessuno...
-Ho finito di pulire la cucina!-. La voce di Filostrato mi riporta alla realtà. -Adesso mi perdoni? Ti prego, farò il bravo-. Vedendo la birra intoccata la indica e cerca di farmi gli occhi dolci per convincermi. -Posso averne un po'?-.
-Prima devi pulire la mia parte di casa e sistemare l'ufficio- gli rispondo continuando a guardare il programma. Alla fine gli do la birra, una piccola concessione se la merita. Beve a grossi sorsi come se fosse rimasto nel deserto per mesi senz'acqua.
-Sei cattivo, sai? Io l'ho fatto per te! Lei non doveva trattarti in quel modo- replica lui.
-Bruciare le persone non è una cosa buona da fare, non c'è nessun motivo per bruciare qualcuno. Ferisce gli altri, li fa soffrire, non è un gioco divertente. Come ti farebbe sentire se qualcuno facesse soffrire te?-.
Lavoro con Filostrato da cinque anni e devo ammettere che non è stato sempre facile, ma gli ho subito voluto bene. Lui può capire perfettamente l'ombra che mi ha divorato. E anche lui ha un'ombra dentro di sé. Non sono uno psicologo, ma lo definirei come spezzato. Generalmente ragiona come un bambino incapace di capire il male e distinguerlo dal bene. La maggior parte delle volte vede tutto come un gioco, anche gli eventi più violenti. Bisogna spiegargli e fargli capire ogni situazione così da dargli gli strumenti per affrontarle. Ma non è cosa facile. Bisogna usare un linguaggio semplice e conciso, ripetere più e più volte lo stesso concetto e soprattutto avere molta pazienza.
-Ma le ho solo spuntato un po' i capelli!- protesta lui imbronciato.
Ieri ha incontrato casualmente Elisa che passeggiava con un uomo. Li ha seguiti e quando lei è rimasta da sola ha usato il suo fuoco per bruciarle i capelli. Da quello che so non ha riportato ferite gravi, rimarrà calva per alcuni mesi. Flegiàs mi ha messo al corrente della situazione ed io ho agito di conseguenza. Un po' di duro lavoro non può che fargli bene.
-Hai comunque fatto una cosa che non dovevi fare. Non è un gioco divertente e a me non ha fatto piacere. Continua a pulire e rifletti su ciò che hai fatto. A te piacciono i tuoi capelli, no? E se qualcuno facesse a te una spuntatina ai capelli?-.
-Ma lei ti ha fatto soffrire...-.
-Non è comunque una scusa per fare del male. Vederla stare male non mi renderà felice-.
Rimaniamo in silenzio, Fil sembra immerso nelle proprie incertezze.
-Non c'è nessun motivo per bruciare qualcuno, giusto?-. Sembra stia iniziando a capire.
-Esatto. Non c'è nessun motivo per bruciare qualcuno- gli confermo annuendo. Mi alzo e lo stringo tra le mie braccia.
-Ti ho deluso?- mi chiede ricambiando l'abbraccio.
-Certo che no! Lo sai che se ti dico queste cose è perché ti voglio bene-.
-Anche io ti voglio bene-.
-Su su, la mia stanza non si pulirà da sola- gli do delle pacche affettuose sulla schiena.

Il Piacere del PeccatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora