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Edwin's pov

Guardo la ragazza andare via, non la fermo né dico altro. Ridacchio per il suo atteggiamento, ha reagito proprio come avrei fatto io. Sembra avere anche lei una dura corazza a proteggerla dal mondo esterno, nasconde al di sotto le sue vere emozioni. Chissà cos'ha passato per doverla costruire, spero nulla di quello accaduto a me. Sono sicuro troverà anche lei una persona che la faccia sciogliere come neve al sole.
Una volta rimasto solo mi guardo intorno, Flegiàs ancora chiacchiera con Berry. Alla fine il mio sguardo si posa sui due camerieri del bar. Li si riconosce tranquillamente dal loro vestiario, impossibile sbagliarsi. Come divisa indossano una camicia bianca, gilet blu sopra di essa, pantaloni di tessuto dello stesso colore, un papillon abbinato e scarpe nere. Non è la prima volta che li vedo, alla fine sono venuto altre volte qui. Non ci ho mai parlato, li ho guardati ogni tanto e di sfuggita. Ci sono sempre e solo loro come staff del locale, al massimo durante il turno serale ci sono dei buttafuori. A quanto pare in tre riescono perfettamente a gestire ogni cosa.
Il primo ha capelli mossi lunghi e castani, è solito tenere un ciuffo sistemato dietro l'orecchio. Ha degli occhi azzurri più scuri rispetto a quelli di Gabriel, sono più vicini al blu. Non ha corna, ma una lunga coda di colore viola la cui punta è più smussata.
Porta la divisa di una o due taglie più larghe, mi è difficile capire la sua corporatura. Una targhetta è fissata sul petto, su di essa c'è scritto Demon. Sta pulendo in modo frenetico alcuni tavoli e sistema le sedie accuratamente. Si prende i suoi tempi per fare tutto con calma e minuzia, probabilmente vuole fare un buon lavoro.
  -Speri che annaffiandoli torneranno ad essere dei grandi alberi?-.
A parlare è stato il suo collega. Ha i capelli corti rossi e arruffati, sono più disordinati dei miei. Ha gli occhi di un verde scuro e sulla pelle grigio chiaro sono presenti delle piccole lentiggini. Rispetto all'altro ha delle piccole corna nere che spuntano tra i ciuffi di capelli, sono incurvate verso l'interno. La sua divisa è talmente aderente da far vedere quasi ogni linea del suo fisico. Anche lui ha una targhetta fissata sul petto dove c'è scritto Davon. Sta seduto vicino a lui e beve un boccale di birra a grossi sorsi. È rilassato, più che un cameriere si atteggia da cliente squattrinato. Non sembra avere molta voglia di lavorare.
Demon ride per via della domanda. -Certo che no, perché lo chiedi?-.
  -Perché devi pulire i tavoli, non dare acqua alle piante- ribatte lui. -Così ci metterai un'eternità-.
  -Ma sto pulendo! Mi piace fare le cose con cura, tutto qui-.
  -Magari avessi qualcuno con le tue manine a lavarmi come fai tu, mi farei la doccia tutti i giorni- prende un altro sorso di birra. Ridacchio senza farmi vedere, Davon è un tizio simpatico.
  -Non sai lavarti da solo? Che cosa strana-.
  -Non dire così! Mi rovini le battute- mette il broncio.
  -Hai ragione, scusa. A volte le tue battute mi sembrano vere affermazioni- Demon prende un panno asciutto per asciugare la superficie di tavoli e sedie. -E poi dovresti lavorare anche tu-.
  -Ti aiuto solo se mi dai un bel bacino- questo è un flirt?
  -Tranquillo, rilassati pure. Non mi mancano tanti tavoli e tu lo faresti male- penso non abbia capito.
  -Meglio così, mi prenderò un'altra birra-.
Flegiàs paga anche per me e saluta Berry sorridendo. Subito dopo si avvicina a me. -Sono passate un paio d'ore come ti avevo promesso, possiamo andare-.
  -Ti ringrazio, è stato bello passare del tempo con te-.

Flegiàs mi accompagna fino in camera mia, aprendo la porta vedo che Gabriel non è ancora arrivato. Mi metto seduto sul letto mentre Flegiàs rimane sulla soglia. Da una parte sono sollevato di essere arrivato per primo, chissà come avrebbe reagito nel tornare qui e non trovarmi. La prossima volta lascerò un biglietto per non farlo preoccupare. Si vede avrà avuto un imprevisto a lavoro.
  -Geloso?- mi chiede.
  -Eh?! Ma che dici!-.
  -Un po' di gelosia non fa male, alla fin fine al momento è con un altro diavolo-.
Adesso ci sto pensando. -Gnew, mi fido di lui-. Ha faticato per avere di nuovo la mia fiducia, non farebbe nulla per tradirla ancora. Mentre aspettiamo il ritorno di Gabriel parliamo del più e del meno. Flégias non vuole lasciarmi da solo temendo possa succedermi qualcosa. Inoltre vuole conoscerlo e nulla lo farà desistere da questa cosa. Mi fa piacere se ne interessi, ma è imbarazzante.
  -Mh?-.
Noto un cambio di luce, Flegiàs si mette a ridacchiare e mi indica la finestra. Mi giro e spalanco gli occhi dalla sorpresa. Il paesaggio è cambiato, non si vedono più i pochi alberi e la silhouette del Purgatorio. Adesso si vede un bellissimo prato rigoglioso e colorato, i fiori crescono alti e forti accarezzando il cielo dal basso. I colori sono così vivi, l'erba sembra morbida, il cielo è sereno e luminoso. È l'Eden, lo riconosco!
  -Ma com'è possibile?!-.
  -Direi che il tuo pennuto ti ha portato tutto il paesaggio- commenta lui ridacchiando.
Devo guardare attentamente il prato per rendermi conto che non sia reale. È un quadro stupendo, le pennellate sono state applicate con maestria, sembra vero.
Apro la finestra e guardo in basso. -Gabriel? Ma come hai fatto?-. Ho stampato in faccia un grosso sorriso, quasi mi commuovo.
  -Edwin!-. Sorride felice vedendo la mia espressione. -Ti piace? Hai visto? Ti ho portato l'Eden!-.
  -Certo che mi piace! È stupendo. Ma ti pesa tanto? Vuoi un aiuto a sorreggerlo o a farlo entrare?-.
  -Se serve ci sono anche io-.
Mi sposto di poco per permettere a Flegiàs di sporgersi dalla finestra.
  -Heylà- lo saluta. -Quindi tu sei l'angelo che sta rubando il cuore di Edwin! È un piacere per me conoscerti-. Afferra il quadro delicatamente così da non lasciare tutto il peso sulle spalle di Gabriel. Io continuo a guardare il quadro con gli occhi che brillano.
Gabriel gli sorride in modo cordiale, sembra essere sorpreso di vederlo. Non vuole comunque lasciare andare il quadro.
  -Non si disturbi, ci tenevo molto a consegnarlo ad Edwin.- dice con voce candida.
  -Va bene allora, entra pure-.
Flegiàs si fa da parte mettendosi di nuovo sulla soglia, io resto vicino alla finestra.
  -Entra entra, è bellissimo! Dobbiamo appenderlo qui in camera!-. Credo di non essere mai stato così felice in vita mia, sembro un bambino. Gli faccio spazio così che possa entrare senza rovinare il quadro.
  -L'ho fatto commissionare solo per te.- entra in camera tenendo ancora il quadro tra le mani, continua a sorridermi. -L'unica cosa che desideravo era vedere il tuo sorriso.-
Appena lo posa con attenzione facendolo appoggiare al muro lo stringo subito forte, è la prima volta dopo quello che è successo. Le altre volte l'ho abbracciato con timore o da dietro, ma adesso non posso farne a meno.
  -Grazie grazie grazie grazie!-. Vorrei anche baciarlo, ma sarebbe imbarazzante con Flegiàs. Oh giusto!
  -Lui è Flegiàs, voleva conoscerti. È stato il mio maestro e...- inizio a presentarlo.
  -Sono praticamente suo padre- sorride lui anticipandomi.
  -Non stavo dicendo questo-. Mi nascondo addosso a Gabriel per l'imbarazzo, effettivamente volevo dire quello.
  -Beh adesso so di lasciare Edwin in buone mani, siete tanto carini insieme!- commenta facendoci l'occhiolino.
-Non dovresti essere a lavoro?- lo incalzo io. Non è per essere scortese, ma voglio restare da solo col pennuto.
  -Oh giusto! Sono in ritardo. Bene, vi lascio soli. Gabriel, fallo uscire ogni tanto e abbi cura di lui!-. Ci saluta prima di andarsene chiudendo la porta.
  -Buonagiornata.- ricambia il saluto con gentilezza. Sono felice Flegiàs gli stia simpatico.
Resto abbracciato a lui, non voglio staccarmi più. Mi sento a mio agio in questo momento e mi piace essere circondato dalle sue soffici ali. Chiudo gli occhi godendomi il momento. Ma all'improvviso Gabriel chiude le ali dietro la sua schiena.
  -S-scusami...-.
  -Ho fatto qualcosa che non va?- mi allontano notando il cambio di espressione. Forse non gli è piaciuto essere abbracciato in quel modo. O forse...
  -Lo so, non sarei dovuto uscire... è stato pericoloso e sconsiderato. Però Flegiàs è arrivato all'improvviso e... pensavo di poter fare una prova, così non avrei avuto paura ad uscire con te. Ma è stato un errore, scusa-.
Mi sento in colpa adesso. Cosa dovrei fare adesso? Dovrei dargli il regalo? Capirei se lo buttasse dalla finestra...
  -Oh no, no no no no, ti prego no non pensarlo nemmeno.- si affretta a rispondermi allarmato.
  -Tu non potresti mai fare qualcosa di sbagliato, sei perfetto, un dono di Dio. Il più bello della mia intera esistenza.- dice prendendomi delicatamente le mani per baciarle. -Tu sei libero di fare ciò che più desideri, ed io ho il dovere di permetterti di realizzarlo.-
  -Sei sicuro? Grazie- Mi sento un po' più tranquillo, ma non so se posso abbracciarlo di nuovo...
  -Ma certo che ne sono sicuro. Sei il mio respiro, la luce che splende sull'aldilà.- risponde guardandomi negli occhi. -Finché tu sarai felice, lo sarò anche io.-
Guardo il sacchetto lasciato sulla scrivania, lo prendo e glielo porgo.
  -È un regalo per te, per ringraziarti di tutto quello che fai-.
  -Cielo, il fatto tu abbia pensato a me è già un dono.-
Lo guardo mentre scarta il regalo, spero tantissimo che gli piaccia. Non voglio rovinare del tutto questo momento. Dentro la scatolina c'è un bracciale in argento, il ciondolo a forma di colomba ha le nostre iniziali incise sulle ali.
  -Visto ti chiamo sempre pennuto ho pensato fosse una buona idea...-.
  -É bellissimo.- afferma ammirandolo meravigliato, non riesce a trattenere le lacrime.
Le sue parole mi rincuorano, mi sento più tranquillo. Gli sorrido e lo abbraccio di nuovo stringendomi a lui.
  -Grazie ancora per tutto quello che fai, anche se non so esprimerlo sono davvero grato di tutto. Ti prometto che ti renderò felice come tu rendi felice me-. Credo di essere arrossito in questo momento. -Sei perfino riuscito a portarmi l'Eden, nessuno ha mai fatto così tanto per me-.
Arrossisce fino alle punte delle orecchie. -Sarei disposto a portarti perfino il Paradiso.- sussurra, sento battere il suo cuore.
  -Voglio restare così per sempre- mormoro ad alta voce. Adesso so che posso fidarmi completamente di lui. Poteva andarsene in qualunque momento e invece mi ha portato l'Eden. Guardo di nuovo il quadro.
  -Lo voglio appendere qui in camera, è davvero stupendo-. Guardo lui, i nostri volti sono a poca distanza l'uno dell'altro. Sorride teneramente e accorcia la distanza tra noi. È un bacio dolce, leggero, quasi un sussurro, mi sento così bene. Il mio corpo non sta tremando, non ho l'impulso di allontanarlo, non ho paura. Si allontana per guardarmi negli occhi, mi accarezza le guance in silenzio.
Sento che con lui posso affrontare tutto, anche le ombre. E forse è il momento di affrontare il discorso, ora che mi sento forte, ora che c'è lui.
  -Con te posso parlare di qualunque cosa, so che non mi giudicherai mai male, non mi darai mai colpe per cose che non dipendono da me. Ci sono dei pensieri che mi perseguitano, mi fanno del male, mi impediscono di aprirmi del tutto a te. Posso parlartene? Se ne hai voglia, ovvio-.
  -Ma certo che si.-
Mi stacco per mettermi seduto sul letto, con la mano do dei colpetti sul materasso così da fargli capire che può sedersi vicino a me. Immediatamente mi raggiunge facendo ciò che speravo. Abbraccio il cuscino fatto con le sue piume e mi appoggio alla sua spalla.
  -Da quando è successa quella... cosa... ho iniziato a pensare a cose molto brutte e so che non se ne andranno mai del tutto. Ma certe paure vorrei farle sparire del tutto- inizio a parlare. -Ho paura potresti provare ribrezzo nel vedermi nudo, come se avessi addosso una sorta di marchio orribile. A volte penso di essere da buttare, come un oggetto usato. Ho paura ogni volta mi guardi mi vedi con... quello. Certe volte sento la sua pesantezza su di me, almeno non faccio più incubi che lo riguardano. Io... voglio provare con te quelle sensazioni stupende che mai ho provato, ma ho paura di poterti fare schifo in quel senso. Non so quando mi sentirò pronto, e se non dovesse mai succedere? Se rimanessi spezzato per sempre?-.
Alcune lacrime mi bagnano le guance, le pulisco subito con la mano.
  -Sento che con te al mio fianco sta già andando meglio-.
Rimane in silenzio ascoltando le mie parole. Delicatamente mi asciuga le lacrime.
  -Non potrei mai provare ribrezzo per il tuo corpo. Ogni singola volta ti guardo, è come se vedessi il più bel dipinto del mondo. Non ho mai pensato a... lui. Mai, nemmeno una volta, e non lo farò mai. É un orribile macchia nell'intero universo, ma non ha niente a che fare con te. Io ti amo, e desidero essere tuo anima e corpo, e nel momento in cui ti guarderò non ci sarà altro che pura adorazione. Io ci sarò sempre per te, per tutta l'eternità.-
Sorrido rincuorato, mi ripeterò le sue parole ogni volta che starò male. Non voglio essere un rottame. Voglio amare ed essere amato, voglio provare ogni gioia e ogni dolore con lui. Posso farcela, posso convivere con le ombre senza averne paura, senza essere ingoiato da esse. E questo grazie a lui.
  -Tu sei la mia luce, io ci sarò sempre per te, per tutta l'eternità. È una promessa, non credo potrei mai vivere senza di te-. Gli lascio un bacio sulla guancia. -Pennuto, ti va se... se stasera dormi con me?-.







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