60. L.R - atto tredici - la mela d'oro

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"No, che fate! Non portatemelo via

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"No, che fate! Non portatemelo via. NON PORTATEMELO VIA!!!" Gridava Caino, mentre gli portavano via Abele.



Cadde a terra in preda allo sconforto.


Cos'era andato storto?? Abele doveva stare bene...doveva...

"Cos'hai fatto Caino??" disse un angelo materializzandosi davanti a lui.

"Chi sei tu??"

"Michele! "

"Michele...io...cos'ho fatto a mio fratello? "

"Gli hai fatto del male."

"No...lui...doveva stare bene...Lucifero mi ha detto..."

Michele scosse la testa. "Lilith ti ha mentito. L'ho interrogata e ha ammesso di esser stata in combutta con mio fratello per tutto questo tempo per vendetta nei tuoi confronti! Tra poco Abele sarà morto e potrai avercela solo con loro e con te stesso se non potrai parlargli mai più."

"Come...come non parlargli mai più???"

"Caino...la morte è la cessazione della vita. Non potrai più parlare con tuo fratello, non lo vedrai più muoversi o guardarti. Sembrerà come se dorma, ma non si risveglierà mai più. Quello che accadrà dopo, alla sua anima, ancora non lo sappiamo, ma...."

"NO! NON POSSO VIVERE SENZA DI LUI!!" gridò Caino.

Michele lo guardò male. "Puoi dare solo la colpa a te stesso, a Lilith e a mio fratello. Ma avranno quello che si meritano anche loro, non temere." Disse, prima di andarsene.


Caino lo guardò svanire a bocca aperta. Non poteva essere vero. Abele...no...non lui.

Si mise a correre a perdifiato in mezzo agli alberi, senza mai fermarsi, correndo come un pazzo furioso, incespicando e scivolando più volte, con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto.

Avvertiva dietro di sé delle persone che lo inseguivano, e il cielo tremare sotto di lui. Erano angeli.

Angeli che piangevano. Probabilmente per quello che aveva fatto.


Non importava. Non importava niente. Non poteva affrontarli. C'era molto di più in ballo.

Non sapeva quanto tempo aveva, sperava solo di fare in fretta.

Arrivò alla collinetta verde che tutti chiamavano "La Montagna " dove su un poderoso leggio di cristallo era posata la sacra MELA D'ORO che nessuna osava toccare.

Dio era stato molto chiaro in proposito.

Caino non sapeva se avrebbe funzionato, ma era la sua unica possibilità.

Prese un grosso bastone e tranciò di netto la mela in due.


Prese in mano una metà e la mangiò. Era insipida e aveva un brutto sapore. Ebbe quasi l'impulso di vomitare, ma la mangiò avidamente.

Poi guardò l'altra metà. Se l'avesse mangiata interamente avrebbe potuto diventare più potente anche dello stesso Dio, vendicarsi di Lucifero, di tutti quanti.

Ma poi Abele.....



Si voltò giusto in tempo per vedere la folla dietro di lui, arrabbiata come non l'aveva mai vista, brandire dei lunghi bastoni contro di lui.

Una cieca ira lo avvolse e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo e quella forza fece cadere tutti a terra.

"NON INTRALCIATEMI LA STRADA!" tuonò. Adesso i suoi occhi erano diventati gialli splendenti, e il suo corpo era luminoso e vibrante.



"ABELEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!" tuonò al vento, ricominciando a correre, con più energia di prima, dopo aver mangiato la metà di quella mela. Ora non aveva più paura, non si sentiva più confuso, ferito o disorientato.









*

Nella capanna di Adamo ed Eva, Abele era coperto da pelli e da un panno bagnato per fargli scendere la febbre. Stavano cercando di fermargli l'emorragia al torace con garze e cotone e mettendogli della stoffa addosso, ma aveva perso troppo sangue.

"Dov'è Dio? Perché non aiuta mio figlio??" disse Eva piangendo.

"Sembra impegnato in una grande diattriba con gli angeli." Rispose un ragazzino poco distante.





*

Successe tutto in fretta. Dio trovò l'animale che era stato ucciso da Lilith per prenderne la mascella e usarlo come un'arma. Dio era quindi impegnato a essere sconvolto per la visione di quel povero rinoceronte trovato a terra sanguinante e senza la mandibola.

Dio era sconvolto. Anche lui non era preparato alla morte e semplicemente quella visione lo atterriva. Soprattutto perché lui amava la Vita e aveva donato la vita con amore.

"Chi ha fatto questo? Perché??" chiese.

Alle sue spalle Michele disse: "Lucifero. Perché voleva che Caino lo facesse ad Abele, suo fratello"

Dio ne fu addolorato e lasciò che Michele lo riaccompagnasse in Paradiso, dove avrebbe assistito a qualcos'altro che non avrebbe mai pensato di vedere.

Angeli che piangevano. I suoi figli piangevano e i loro lamenti erano più stridenti e strazianti di un neonato, ti perforavano dentro peggio dei gemiti di pecorelle che piangevano.

Il Paradiso era distrutto.

"Chi è stato a fare tutto questo?" chiese.

"Lucifero, Padre." Disse Michele.

In realtà Lucifero non aveva toccato gli angeli. Era stato l'atto di Caino, che aveva mosso la mano contro suo fratello, a straziarli. Li aveva colmati di dolore e sconvolto oltre ogni limite.

"Padre. Ti chiamano. Vogliono che accetti di vedere il giovane Abele, che lo salvi." Disse un angelo

Dio chiuse gli occhi, senza muoversi, addolorato.

"Padre?"

"Io...devo restare con i miei figli." Disse Dio.







*

Caino arrivò alla capanna e all'istante tutti all'interno gridarono.

Caino era spaventoso. Aveva i capelli al vento e i suoi occhi erano come quelli di un folle.

Cercò di farsi strada nella stanza, ma la folla si chiuse per impedirgli di passare.



"Che state facendo??? Fatemi passare!! Devo andare da mio fratello!!" gridò.

Adamo ed Eva erano terrorizzati e si strinsero accanto al figlio Abele.

Sussultarono quando Caino fece cadere tutti a terra con un solo gesto della mano.

Caino a quel punto si fece avanti a grandi passi, ignorando le grida di sua madre.


"No, Abele no, ti prego!" gridarono i genitori, ma Caino li spinse via.



Poi andò da Abele e gli toccò la fronte. Abele si mosse contro di lui, ma sembrava come se non lo riconoscesse.

Grazie al cielo respirava ancora.

"Perdonami, fratellino." Disse lui.

"Mmm...no...vattene...va..va via...lasciami..." disse Abele, che doveva averlo riconosciuto.

Caino era triste. Abele non l'aveva mai respinto finora. Lui aveva rovinato tutto.

Ignorò le sue proteste e se lo caricò in braccio.


"No, lascialo andare!" disse Adamo, ma Caino lo fece cadere a terra con un solo gesto della mano.

Nell'istante in cui Caino se lo posizionò meglio in braccio, Abele malgrado tutto, gli cinse il collo con il braccio e accucciò la testa sul suo collo.


Forse l'aveva fatto solo perché era debole e necessitava di un appiglio, oppure malgrado tutto aveva ricercato automaticamente il contatto con il fratello. Un'abitudine che faticava ancora a scemare del tutto.

Non aveva importanza. Quel gesto riscaldò il cuore di Caino, che ebbe ancora più forza nell'uscire da quella capanna.









Note dell'autrice:  Non ve l'aspettavate che Abele fosse ancora vivo eh?? :ppp 

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