Pov's Burak
Il sole è alto nel cielo mentre ci sistemiamo nella Taverna di Resen. L'interno è semplice ma accogliente, con tavoli di legno grezzo e pareti decorate da foto sbiadite che raccontano storie di un passato lontano.
L'odore del pane fresco si mescola a quello delle erbe aromatiche, rendendo l'atmosfera quasi familiare, ma so che non possiamo permetterci di abbassare la guardia."Ti va di ordinare qualcosa?" chiedo a Norah, che si è sistemata su una sedia, ancora un po' tesa.
La tensione tra di noi è palpabile, e non riesco a ignorarla."Magari una zuppa o qualcosa di caldo.
Non sappiamo quanto ci fermeremo qui.""Puoi andare tu," risponde con un tono brusco, evitando di guardarmi. "Io non ho fame."
"Non possiamo permetterci di non mangiare," le faccio notare, cercando di mantenere la calma.
"Dobbiamo avere energia.
Non si tratta solo di sopravvivere, ma di prepararci per ciò che verrà dopo."Norah sbuffa e incrocia le braccia.
"Perché mi tratti come se fossi una ragazzina?
Lo so benissimo.
Ma hai idea di quanto sia stressante tutto questo?
Ogni giorno è una lotta, e adesso mi dici di mangiare come se fosse un normale picnic!"Rimango in silenzio per un attimo, cercando di capire come rispondere.
"Non sto cercando di trattarti come una ragazzina.
Stiamo affrontando una situazione difficile e dobbiamo aiutarci a vicenda.
Questo è tutto.""E tu pensi che ignorare le mie emozioni aiuti?"
La sua voce è carica di frustrazione, e posso sentire che la situazione sta diventando sempre più tesa.
"Non sto ignorando le tue emozioni, ma non possiamo permetterci di farci sopraffare da esse.
Dobbiamo rimanere lucidi."
Ribatto, cercando di tenere la voce ferma.
La verità è che ho paura, e non voglio che lei lo percepisca."Sei sempre così razionale, Burak!
Ma non siamo robot!
Io non voglio vivere come se fossimo in guerra.
Voglio sentirmi viva, non solo sopravvivere."Le sue parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco.
"Vivere?
E come pensi che possiamo vivere se ci sono persone che ci vogliono morti?
Non posso permettere che ti succeda nulla, Norah.
Non lo farò.""E io non voglio essere la tua prigioniera!" risponde, alzando la voce.
"Ogni volta che parli, sembra che tu voglia controllare ogni aspetto della mia vita.
Non posso nemmeno prendere una decisione su cosa mangiare senza che tu intervenga!"La tensione tra noi è palpabile, e il mio istinto di proteggere lei si scontra con il suo desiderio di libertà.
"Non è questo il punto.
Sto cercando di aiutarti, e tu... tu continui a resistere!" esclamo, frustrato."Perché non riesci a capire che ho bisogno di sentirti al mio fianco, non davanti a me, come se fossi il mio guardiano?
Non voglio solo sopravvivere a questa fuga; voglio sentire che abbiamo una possibilità di avere una vita normale!"La sua voce si spezza, e posso vedere le lacrime nei suoi occhi.
In quel momento, realizzo quanto sia difficile per entrambi."Hai ragione.
Non voglio controllarti."Dico più dolcemente.
"Ma non posso ignorare il fatto che ci sono pericoli ovunque.
Voglio solo proteggerti.""E io voglio essere in grado di difendermi.
Non sono una vittima, Burak."
Mi risponde, la voce ora più calma, ma carica di determinazione."Voglio essere parte di questo.
Se siamo davvero in questa cosa insieme, allora dobbiamo condividere tutto, anche il rischio."La guardo, e per un attimo vedo la determinazione nei suoi occhi.
È un pensiero affascinante e spaventoso allo stesso tempo."Va bene, Norah.
D'accordo.
Facciamo così.
Da ora in poi, prenderemo le decisioni insieme.
Se vuoi ordinare, lo faremo insieme. Ma promettimi che non lascerai mai che le tue emozioni ti sopraffacciano. Questo non è un gioco."Norah annuisce, e un leggero sorriso si affaccia sulle sue labbra.
"Promesso.
Ma solo se tu prometti di non essere sempre così protettivo.""Affare fatto."
Rispondo,sentendomi un po' più leggero.
Mentre ordiniamo un po' di cibo, il calore del locale e l'odore del cibo ci avvolgono, e sento che la tensione tra di noi si scioglie, anche se la paura rimane una costante.
I piatti arrivano, e ci sediamo al tavolo, i nostri volti sono illuminati dalla luce soffusa della locanda.
Dopo aver mangiato, decidiamo di esplorare un po' il villaggio.
Uscendo dalla taverna, il sole è ora alto nel cielo, e i colori vivaci della natura ci circondano.
Le piante di fiori sbocciano ovunque, e sento una leggera brezza che accarezza la mia pelle."Guarda che bei fiori!" esclama Norah, fermandosi a osservare un cespuglio di fiori blu brillanti.
"Dovremmo prenderne alcuni per il caravan."
La osservo mentre si china per raccoglierli.
C'è qualcosa di così semplice e genuino in quel gesto, e per un attimo dimentico il caos che ci circonda.
La vedo ridere mentre gioca con i fiori, e il suono della sua risata è come una melodia.
Mi unisco a lei, raccogliendo alcuni fiori, e per un momento sembra che tutto il peso del mondo sia sparito."Dovremmo fare un mazzo da mettere in caravan."
Dico, cercando di mantenere il momento leggero.
"Sì, per rendere questo posto più accogliente."
Risponde, avvicinandosi per darmi un colpo sulla spalla.
"E per ricordarci che ci sono anche cose belle in questo mondo."
Mentre continuiamo a esplorare, mi sento sempre più fiducioso che possiamo affrontare insieme questo viaggio.
Ma nel profondo, il pensiero del padre di Norah e della taglia sulla sua testa continua a tormentarmi.
Il pensiero di mio padre che mi sta alle calcagna mi sta logorando.
So che non possiamo rimanere qui a lungo.
Ma, per ora, mentre raccogliamo fiori e ridiamo, mi permetto di sperare che ci sia ancora un futuro per noi, un futuro in cui non dovremo più scappare.

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Mistero / Thriller𝘌 𝘴𝘦 𝘪𝘭 𝘥𝘦𝘵𝘵𝘰 '𝒎𝒂𝒊 𝒈𝒊𝒖𝒅𝒊𝒄𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒍𝒊𝒃𝒓𝒐 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒑𝒆𝒓𝒕𝒊𝒏𝒂' 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘴𝘪 𝘳𝘪𝘷𝘦𝘭𝘢𝘴𝘴𝘦 𝘪𝘭 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘢𝘳𝘪𝘰? 𝘓𝘦𝘪 𝘭𝘢𝘶𝘳𝘦𝘢𝘵𝘢 𝘢 𝘱𝘪𝘦𝘯𝘪 𝘷𝘰𝘵𝘪 𝘮𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘧𝘳𝘢...