Capitolo 92

68 10 2
                                    

Pov's Norah

Mentre preparo il tè, non riesco a togliermi dalla mente le parole di Burak.
Quel suo sguardo profondo, quasi insicuro, mi ha svelato una parte di lui che raramente emerge.
Mi dà la sensazione di essere al sicuro, come se tutto il caos che abbiamo attraversato fosse solo un'ombra lontana.
Osservo il tè fumante nella tazza e sento una specie di pace, come se, almeno per un momento, tutto fosse sotto controllo.
Mi volto, e lo trovo intento a scorrere le mappe e a rileggere gli appunti per il nostro matrimonio.
Non riesco a credere che, nel giro di poche ore, saremo marito e moglie, almeno agli occhi della legge.
È strano pensare che, nonostante l'accordo, stiamo comunque costruendo qualcosa, anche se solo per necessità.

"Norah."

Mi chiama Burak, sollevando lo sguardo dalla carta che ha in mano.

"Domani sarà tutto veloce, semplice. Dopo il matrimonio, torneremo subito al caravan, e nessuno ci potrà più toccare."

Annuisco, ma sento un nodo alla gola. Lui si avvicina, con quella sua presenza rassicurante che, in un modo o nell'altro, riesce sempre a calmarmi.

"Sei sicura di volerlo fare così?"

Domanda, come se volesse darmi un'ultima possibilità di cambiare idea.

"Posso fare in modo che avvenga in un altro modo, se preferisci."

Scuoto la testa, determinata.

"No, Burak.
È esattamente ciò che voglio.
Così potrò riavere Fanny, e tu potrai finalmente mettere tuo padre al suo posto.
Abbiamo entrambi bisogno di questo, no?"

Lui annuisce, ma c'è una scintilla nei suoi occhi, un misto di ammirazione e forse, solo forse, di tenerezza.
Non ci stiamo sposando per amore, eppure sento qualcosa di inspiegabile crescere tra noi, un legame che va oltre la razionalità e la convenienza.

"Domani ci sposeremo e, a prescindere da tutto, sarò lì per te, qualunque cosa succeda."

Dice, il tono sicuro e calmo, come se mi stesse giurando qualcosa che non è scritto nei nostri piani.
Un sorriso affiora sulle mie labbra.

"Anch'io, Burak.
E qualunque cosa accada... non dimenticare che siamo dalla stessa parte."

Il pomeriggio scivola via con un'energia frizzante e febbrile mentre camminiamo tra i piccoli negozi del paese, alla ricerca dei vestiti per il matrimonio.
Dopo aver controllato varie opzioni, finalmente scorgo un negozietto con un vestito esposto in vetrina che mi lascia senza fiato,è semplice ma incredibilmente raffinato.
Un abito corto, bianco perla, con spalline sottili e un corpetto che scende avvolgendosi leggermente in vita, con un tessuto morbido e leggero che danza a ogni passo, leggermente più lungo dietro, come un'onda elegante.
È perfetto.
Burak mi osserva in silenzio mentre indosso il vestito, il suo sguardo è enigmatico, ma noto un sorriso quasi trattenuto sulle sue labbra.

"Sembri... decente."

Scherza, incrociando le braccia.

Gli lancio un'occhiata indispettita.

"Decente?
Stai scherzando, vero?"

Ridacchia.

"Sì, decente... nel senso che è perfetto."

Aggiunge con un lampo di sincerità che gli sfugge dagli occhi.
Arrossisco appena, e non posso fare a meno di pensare che forse stiamo davvero creando qualcosa di speciale, anche se il motivo per cui ci sposeremo è tutto tranne che convenzionale.
Dopo aver comprato il vestito, ci dirigiamo verso un piccolo market per rifornirci di tutto il necessario. Iniziamo subito a discutere su cosa acquistare.
Burak vuole prendere del caffè amaro, mentre io insisto per una scatola di dolcetti al miele.

"Non possiamo avere solo dolci."

Ribatte lui, facendo finta di essere serio.

"E perché no?
Almeno sapremmo di avere qualcosa di dolce nella vita!"

Rispondo provocatoriamente, scatenando una risata che mi fa sentire leggera.
Alla fine, mettiamo tutto nel carrello e Burak, sollevando gli occhi al cielo, cede, prendendo anche i dolcetti.
Mentre usciamo dal market, vedo una piccola boutique di cosmetici.
Mi blocco, gli occhi incollati alla vetrina.

"Un secondo!
Devo entrare assolutamente."

Dico già avanzando verso l'ingresso, senza aspettare una sua risposta.

"Norah, davvero?
Pensavo avessimo finito."

Si lamenta, ma lo ignoro.
Mi perdo tra i colori dei rossetti e dei pennelli da trucco, scegliendo alcuni prodotti indispensabili, pensando che non appena mi specializzerò come medico legale, potrò ridare a Fanny ogni singolo centesimo che mi ha prestato.
Finalmente usciamo e, con il carico di sacchetti, torniamo verso il caravan mentre il sole cala piano dietro l'orizzonte.
Durante il tragitto continuiamo a punzecchiarci, scherzando su tutto e niente.
Arrivati al caravan, ci sistemiamo con gli acquisti.
Io mi cambio, optando per una tutina comoda ma che, a dire il vero, è piuttosto aderente.

"Non pensi sia un po' troppo... stretta?"

Mi osserva Burak, con un'occhiata maliziosa.
Ovviamente non gli sfugge niente.

"Sei solo invidioso perché io posso permettermela."

Rispondo, fingendo di non essere arrossita con un tono altezzoso.
Scuotendo la testa, Burak si mette a ridere mentre io mi dedico alla cena. Preparo qualcosa di semplice ma tipico della zona del lago, sfruttando le spezie fresche che abbiamo preso. L'aria è fresca e leggera, e anche se siamo in fuga, in quel momento, con il caravan illuminato dalle luci soffuse e il profumo della cena che riempie l'ambiente, sembra che per una volta non ci sia altro da temere.
La cena scorre tra battute pungenti e qualche occhiata di troppo da parte di Burak, che riesco a cogliere anche se cerco di fare finta di nulla.
Ogni tanto i suoi sguardi si fanno più intensi, e io abbasso lo sguardo sul mio piatto, cercando di nascondere il rossore sulle guance.

"Quindi, pensi di riuscire a mangiare tutto quel cibo senza che ti rovini il vestito per domani?"

Mi chiede, alzando un sopracciglio in tono scherzoso.

"E tu pensi che il caffè nero e amaro sia adatto per un brindisi nuziale?"

Ribatto, incrociando le braccia e trattenendo una risata.

"Sei fortunata ad avere me.
Chi altro penserebbe a organizzare ogni cosa?"

Risponde con un sorrisetto soddisfatto.

"Oh, sono fortunatissima, certo!"

Rispondo sarcastica, lanciandogli una forchetta di verdure.
Finita la cena, mi alzo per sistemare e lavare i piatti, ma sento il suo sguardo che mi segue con un'intensità che mi fa sentire il volto in fiamme.
Mentre sciacquo i piatti, è come se ogni mossa che faccio fosse monitorata, studiata da quegli occhi verdi che non si spostano mai.
Cerco di mantenere la calma, ma mi maledico per aver comprato questa tutina così aderente all'autogrill.

"Era l'unica taglia che avevano, giusto?"

Commenta all'improvviso Burak, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
Fingo di ignorarlo, rispondendo con un'alzata di spalle.

"È comoda, tutto qui."

"Ah, sì, comoda..."

Mormora con tono malizioso, senza nascondere il sorriso.
Finisco di sistemare tutto, e lui si avvicina con passo lento.

"Sai, sembri un po'... tesa."

Dice, poggiando una mano leggera sulla mia spalla, come a prendermi in giro.

"Se ti crea problemi, posso sempre prestarti una delle mie magliette, sai?"

In risposta, gli lancio uno sguardo di sfida.

"Non mi sembra di avere bisogno di aiuto, ma grazie lo stesso."

Lui si limita a sorridere, piegando appena la testa mentre i suoi occhi continuano a percorrere ogni dettaglio del mio viso.

"D'accordo.
Ma se cambi idea..."

Sussurra a un soffio di distanza, lasciandomi sola per qualche istante prima di andare a sistemare il tavolo.
In quel momento, il caravan sembra molto più piccolo e la mia testa molto più confusa del solito.

RESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora