CAPITOLO 2

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Il peggio è passato

Pov's Norah

Eccomi qui su questo aereo, ovviamente rigorosamente prima classe, a pensare della mia vita.
Cosa ho fatto in 25 anni?
Niente, non sono mai andanta al cinema, centri commerciali e non ho nemmeno mai fatto shopping, mia madre fa arrivare degli stilisti appositamente a casa, pensa che i negozi siano per gente 'bassa', odio tutto questo soprattutto giudicare, eppure proviene da una famiglia molto povera, in teoria dovrebbe ricordare da dove viene.
Guardo la nostra foto di famiglia nel mio cellulare, si può essere un pesce fuor d'acqua?
Mia madre, mio padre e Connor con occhi super celesti, carnagione chiara e biondissimi, mentre io sono l'opposto, si può dire quella che è uscita fuori 'razza'?
Ma il mio forte ovviamente è che sono una donna abbastanza sbadata, ho costantemente la testa fra le nuovole e questa è la cosa che mi contraddistingue dalla mia famiglia.
I miei nonni mi ammirano per ciò che sono, mi amano talmente tanto che alle volte oscurano completamente Connor e di conseguenza lui se la prende con me, ma la verità è che i miei nonni mi vedono molto indifesa e ingenua e il fatto che mi sia allontanata da Londra non ha migliorato la situazione, ma in tutti casi sanno che comunque sia sono una persona abbastanza responsabile anche se mia zia dice sempre che non mi affiderebbe nemmeno un coniglio, ma detto da lei per me non è un offesa anzi, è abbastanza invidiosa dato che le sue figlie non hanno una posizione alla loro età.
Rido al pensiero.

"Signorina è il suo primo volo?"

Mi giro verso il signore alle mie spalle e inevitabilmente gli sorrido.

"In realtà si, come fa a saperlo?"

Sussurro.

"La sua poltrona trema tutta."

Che figura, è possibile mai che non mi accorgo nemmeno se tremo?

"Scusi."

Mi giro velocemente, sento che sto per diventare un peperone, voglio scendere adesso.
Non vedo l'ora di iniziare la mia nuova vita e soprattutto spero di fare amicizia con qualcuno, non mi va di fare sempre la parte di quella emarginata.
Ogni volta è così, mille paranoie per la testa e mai qualcuno pronto a consolarmi.
La voce metallica dell'aereo ci avvisa che stiamo per atterrare distraendomi così dai miei pensieri.
Finalmente, non sto più nella pelle.
Rimango a fissare tutta la gente che si alza velocemente fino a raggiungere la porta d'uscita, perché tutta questa corsa e fatica, prima o poi usciremo tutti no?

"Ti vuoi sbrigare?
Ho un appuntamento tra meno di un ora e se fai passare tutta questa gente mi farai perdere il taxi."

La guardo sbalordita, ma la gentilezza?

"Prego, si accomodi pure."

Mi sposto per far passare la donna alle mie spalle, che acidità.
Sono stufa di essere trattata così e rispondere sempre con le buone maniere e se ripenso che tutti mi avevano soprannominata santarellina mi viene il nervoso, decido di lasciar perdere la mia mente che non fa altro che torturarsi e scendere dall'aereo.
Quando esco dall'aereoporto per poco non mi spavento per la tanta gente che corre da una parte all'altra.

"Signorina Evans?"

Mi giro di scatto per vedere un uomo abbastanza paffuto.

"Si, sono io."

Rispondo educatamente.

"Sia Lodato Gesù Cristo, suo padre mi sta chiamando da almeno un ora e stavo per sentirmi male."

Parla velocemente, che sta succedendo?
Alzo un sopracciglio per fargli capire di continuare la sua tesi.

"Mi aveva avvisato che aveva un appuntamento molto importante, non può capire quanto ha pagato la mia azienda per vinirla a prendere."

RESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora