Capitolo 95.

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Pov's Burak.

L'auto corre veloce, il motore ruggente si fonde con il battito accelerato del mio cuore.
Ogni chilometro che percorriamo sembra portare con sé il peso delle nostre paure e delle nostre speranze. Rileggo le istruzioni di Osman, le stesse parole che avevo già studiato fino a memorizzarle, ma ora sembrano sfuggirmi, come se non potessero competere con l'intensità di questo momento.
Norah è seduta accanto a me, ha lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
I suoi capelli, che danzano leggeri al ritmo del vento, incorniciano il suo viso, rendendola ancora più affascinante.
Ma nonostante la sua bellezza, l'ansia è evidente,le sue mani sono intrecciate, le dita si mordono come se cercassero di calmare il tumulto che la pervade.

"Stai bene?"

Chiedo, cercando di infonderle un po' di coraggio.
Ma la risposta che ricevo è un sospiro profondo, quasi un rifiuto di affrontare la realtà.

"Non lo so, Burak."

Risponde con gli occhi lucidi.

"Non so se riesco a farlo."

Le parole mi colpiscono.
So che questo matrimonio è un'illusione, un contratto fittizio, ma in quel momento realizzo che la pressione di ciò che stiamo per fare non riguarda solo noi.
È un legame, un passo che cambierà le nostre vite per sempre.

"Ricorda."

Dico, cercando di mantenere un tono rassicurante.

"Siamo in questo insieme.
Non è solo per noi, è per la libertà che tanto desideriamo.
Dobbiamo solo firmare e tutto sarà sistemato."

Mentre ci avviciniamo al comune, il paesaggio cambia, gli edifici si fanno più piccoli, più semplici.
Il nostro obiettivo si avvicina: un edificio bianco, modesto, circondato da un giardino ben curato.
L'autista che si chiama Ferdinando, rallenta e si ferma.
È il nostro complice, scende per primo e ci offre una mano.

"Tutto sotto controllo."

Dice, il viso serio, ma i suoi occhi brillano di determinazione.

"Siamo pronti."

Mi volto verso Norah.
La sua espressione è un misto di paura e speranza.

"Andiamo."

Dico e le prendo la mano.
La conduco verso l'ingresso.
La sua mano è fresca, ma la sento tremare.
Varchiamo la soglia, entriamo in una sala delle celebrazioni che è al contempo semplice e accogliente.
Le pareti bianche sono decorate con fiori freschi, e un profumo delicato pervade l'aria.
Al centro della sala, un uomo con un abito scuro e una cravatta elegante ci aspetta.
È il sindaco, e il suo sguardo è fermo, ma accogliente.

"Benvenuti.
Siete qui per unirvi in matrimonio?"

Ci dice con una voce calda e autoritaria.
Il mio cuore accelera.
Non posso credere che siamo davvero qui.
Mentre il sindaco continua a parlare, la mia mente corre: ogni parola che pronuncia sembra risuonare in un vuoto che riempie le nostre vite. Norah si volta verso di me, la paura nei suoi occhi è palpabile.

"Burak, cosa diremo?"

Chiede, il tremore della sua voce tradisce la sua ansia.

"Promettiamo ciò che siamo disposti a offrire."

Rispondo, ma mi rendo conto che le parole sono inadeguate.
Come si può definire un legame fondato su una fuga?

"Avete delle promesse da scambiarvi?"

Chiede il sindaco, interrompendo i miei pensieri.
Prendo un respiro profondo, sentendo il peso del momento.

"Norah"

Dico,incontrando il suo sguardo.

"Prometto di proteggerti e di fare del mio meglio affinché tu possa essere felice.
Questo è il nostro rifugio."

Norah sembra sorpresa, ma una piccola scintilla di speranza illumina i suoi occhi.

"Burak."

Dice con la voce più ferma.

"Prometto di essere al tuo fianco in questo viaggio.
Siamo uniti in questo momento e farò del mio meglio per rendere questa fuga un ricordo prezioso."

Le sue parole, cariche di emozione, riecheggiano nell'aria.
Il sindaco annuisce, colpito dalla sincerità che traspare dalle nostre promesse.

"Con queste promesse, vi dichiaro marito e moglie."

In quel momento, il mondo si ferma. L'eco delle sue parole risuona nella sala, e per un attimo tutto sembra perfetto.
Ci guardiamo, entrambi colmi di emozioni contrastanti,è un matrimonio, ma non come quello che avevamo immaginato.
È una fuga, una lotta contro le nostre famiglie e le loro aspettative.
Gli poso un casto bacio sulla fronte e lei mi sorride con ammirazione.
Il sindaco sorride, mentre ci offre un calice per il brindisi.

"Congratulazioni."

Dice con voce vibrante di gioia.

"Spero che questa unione vi porti la felicità che cercate."

A quel punto, il peso della realtà inizia a farsi sentire di nuovo.
Uscire da qui non significa solo firmare un documento,significa affrontare tutto ciò che ne deriva.
Ho sempre sognato di scappare da una vita che non mi apparteneva, ma ora, accanto a Norah, sento che la mia fuga potrebbe trasformarsi in qualcosa di inaspettato.
Uscendo dal comune, Ferdinando ci attende con l'auto.
L'aria è fresca e frizzante, e mentre facciamo i primi passi verso la libertà, un brivido di eccitazione mi percorre la schiena.
La luce del sole illumina il nostro cammino, e per un attimo dimentico il peso del passato.
Norah mi guarda, un sorriso timido ma genuino si fa strada sul suo viso.

"Burak,pensi davvero che questo funzioni?"

"Credo di sì."

Rispondo, sorpreso dalla mia stessa certezza.

"Dobbiamo solo crederci.
Possiamo costruire qualcosa di reale, anche su questa base.
Signora Aslan."

Lei strabuzza gli occhi e mi sorride dolcemente.
Avanziamo verso Ferdinando, che ci aspetta nell'auto nera.
Norah è avanti a me e cammina spedita per salire,io la seguo ma tutto ad un tratto un colpo, mi fa arrestare la camminata.

RESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora