Capitolo 60.

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Pov's Norah

Odio maledettamente come mi fissa.
Mi è per caso spuntando un terzo occhio?
Potrà ostinarsi quanto vuole, io tirerò Fanny,fuori di lì.
Glielo devo, mi ha dato tutto ciò che possedeva, è l'unica persona la quale sento più vicino.

"Mi sono stancato Norah.
Sembra che io sia il gatto e tu il topo.
Non ti lasci prendere.
Questo tuo tentennamento, lo trovo poco gradevole.
Ne riparleremo non appena siamo nella posizione di poterla tirare fuori, ovunque essa si trova."

La sua bile fa su e giù.
Mi fissa intensamente e mi sento completamente paralizzata davanti a lui.
Cosa mi è saltato in mente,di vestirmi così?
Pensavo di acquisire autorità, mi sbagliavo.
Non tiene nemmeno in considerazione ciò che gli dico.

"A casa di mio padre.
Ho bisogno di tirarla fuori di li.
Non ho tempo da perdere."

Non mi lascia nemmeno finire la frase che scoppia in una sonora risata.
I suoi verso gutturali,sprigionano un rumore,che riempie tutta la stanza.

"Tu sei assolutamente con le rotelle fuori posto.
Che ti frulla qui?"

Si avvicina lentamente e mi indica la la testa.
Arretro di poco e spero capisca, che deve mantenere le distanze.

"Semplicemente ciò che farò.
Non te lo sto dicendo perché voglio la tua approvazione, lo farò a prescindere.
Con o senza il tuo aiuto."

Non sa ancora quanto sia ostinata.
Se mi fisso su una cosa, la ottengo.
Ad ogni modo, ognuno al proprio asso nella manica.

"Certamente,vai pure.
Quando tuo padre, prenderà anche te non scomodarti a pensare che io venga a riprenderti."

Odioso e fastidioso per giunta.
La sua faccia divertita mi innervosisce parecchio.
Caspita se non fosse così scorbutico e
autoritario,probabilmente lascerei i miei pensieri,pensare a quanto sia maledettamente perfetto.

"Quindi?
Il gatto ti ha mangiato la lingua?"

Cosa ha oggi con gli animali?
Per caso si sente in vena di scherzare?

"No semplicemente sto pensando.
Vedrò cosa escogitare.
Non la lascia uscire senza compagnia.
Non ha il permesso, lei è solo la loro serva.
E ogni tanto mio padre la picchia.
Specialmente quando mi aiuta."

Afferro una tazza con forza e verso del latte all'interno.
Burak sembra riflettere sulle mie parole.
Gli confermo giorno dopo giorno che la mia famiglia non e poi così diversa dalla sua.

"Dopo il matrimonio la porteremo nella nostra villa.
Sarà la nostra aiutante e in più sarà lontano da quel porco di tuo padre.
Devi solo capire quanto è fondamentale questo matrimonio,Norah."

Perché risolve tutti i problemi con questo matrimonio?
Legarci ci aiuterà a sconfiggere i nostri scheletri?
O ci porteranno al fondo?

"Allora facciamolo il prima possibile,mi sono stancata di sentirti risolvere tutti i problemi con questa parola.
Vedremo la potenza che ha."

Ha cambiato di nuovo espressione, adesso oserei dire che è quasi sorpresa.
Il mio cambiamento di decisioni probabilmente gli fanno girare la testa.
La verità è che non so nemmeno io cosa fare.
Se lui non mi aiutasse,chi sarebbe disposto a farlo?

"Norah tra cinque minuti, mi dirai qualcosa molto simile ad una tua retromarcia.
Per sbrigarci,dobbiamo lavorare su questo."

Mi tende la mano e non capisco cosa voglia fare.
Afferro la sua mano tatuata e gliela stringo.

"Si incomincia, adesso abbiamo tutti e due tanti motivi che ci spingono a fare questa follia.
Contratto o non, firma o non firma ognuno rispetterà l'altro."

Stringe con forza e inarca un sopracciglio, sta cercando di sigillare questa promessa.
Gli uomini d'affari si stringono sempre la mano per sigillare un patto.

"Perfetto, voglio solo salvare il prima possibile  Fanny,il resto passa in secondo piano,per me.
Probabilmente tu sei abituato a tutto questo, io no.
Sembra strano, tutto attorno a me, sarebbe dovuto essere evidente.
Eppure è come se avessi dormito per tutta la mia vita, in balia che uno strattone mi riportasse alla realtà."

Lui scuote la testa e scioglie le nostre mani.

"Sono stani bravi a nascondere molto bene i loro scheletri Norah.
Sei solo all'inizio del cammino,scoprirai davvero cose che ti faranno vacillare.
Adesso sbrigati, usciamo."

Si alza e mi pianta in cucina.
È tornato di nuovo serio e teso.
Mi alzo e vado alla ricerca di una borsa da abbinare con questo abbigliamento.
Non so nemmeno dove caspita andiamo.

"Burak, dove stiamo andando?"

Urlo affinché mi senta da lì dentro.
Ovviamente non risponde.
Non mi dice mai i nostri spostamenti,fino a quando non vedo io stessa con i miei occhi dove siamo.

"Andiamo, basta con le domande.
Indossa un sopra abito, fa freddo fuori."

Mi osserva tutto il corpo e basta questo ad accendere il fuoco nel mio stomaco.
Le mie guance sicuro saranno rosso pomodoro.
Mi oltrepassa e il suo profumo di freschezza e mistero mi catapultano alla realtà.
Entro nella stanza e afferro un cappotto lungo nero, lo adagio sopra le spalle e aggiusto la borsetta.
Esco fuori e prendo una grossa boccata di aria pulita.
L'odore di alberi bagnati e terra bagnata mi rilassa all'istante.

"Vuoi muoverti, non vorrei si facesse sera."

Burak è davvero nervoso, cammino il più velocemente possibile e mi pento all'istante di essermi messa i tacchi.
Era da parecchio tempo che non li indossavo, mi sento un tirannosauro che tenta di non crollare.
Apro lo sportello ed entro.

"Allaccia la cintura."

Hai intenzione di dirmi tutto ciò che dovrò fare o posso pensarci da sola?

"Potresti smetterla, sei davvero fastidioso.
Posso pensarci da sola.
Rilassa il tuo ego."

Mi guarda sbigottito, accende la macchina e senza staccarmi gli occhi di dosso tenta di partire.
Scuote violentemente la testa e porta il suo sguardo in strada.

RESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora