Capitolo 99.

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Pov's Burak.

Mi risveglio con un forte dolore al braccio, il tipo di dolore che attraversa le ossa e ti ricorda quanto la vita possa essere fragile.
Sono disteso sul divano del caravan, ma non ricordo nemmeno come ci sia finito.
Forse sto sognando.
Quando mi guardo, noto di essere a petto nudo.
La ferita, che un tempo sanguinava in modo inesorabile, è stata ben curata e sistemata.
Sento un misto di gratitudine e preoccupazione.
Lei si è presa cura di me, ma non ricordo nulla.
Il chiarore della luna filtra attraverso i vetri del caravan e, quando mi giro, vedo Norah dall'altro lato del divano. Ha ancora addosso il vestito bianco, ormai macchiato di rosso per il mio sangue.
È un'immagine che colpisce,la sua purezza segnata da un segno di violenza.
La risonanza di quel momento mi fa riflettere su quanto sia diventato crudele, quanto il mondo intorno a noi ci abbia costretti a lottare per la nostra esistenza.
Sento un bisogno impellente di contattare Osman.
Afferro il cellulare, premo il numero e, con un po' di fortuna, mi risponde.

"Burak!"

La sua voce è un rifugio sicuro nel caos che mi circonda.

"Sei sveglio!
Finalmente!"

"Osman, dimmi che hai un piano."

Dico, con la voce roca, ma l'eccitazione inizia a mescolarsi con la mia angoscia.

"Ho preparato tutto."

Risponde, il tono calmo.

"La prossima tappa è di salpare su uno yacht.
Dovete allontanarvi dalla terraferma.
Il porto più vicino è a solo un paio d'ore da qui."

"Quanto lontano?"

Chiedo, cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle.

"Circa 200 chilometri ma percorrendola a una velocità di 100 km/h, ci vorrebbero circa 2 ore di guida."

Dice.

"Siete nel paese di Gjirokastër e
ci sono piccole imbarcazioni che partono da un molo poco frequentato. Se riuscite a prenderne una, potete allontanarvi in sicurezza."

Le parole di Osman si incastrano nella mia mente come un piano ben congegnato.

"E quel pezzo di merda di mio padre? E il bastardo di Evans?"

Chiedo, la mia voce si fa dura.

"Le cose si sono complicate."

Ammette.

"Il club di tuo padre ha subito un crollo.
Sono in difficoltà, e la notizia dell'attacco a Evans ha colpito duro. Ma non possiamo fidarci.
Dobbiamo agire in fretta."

Le emozioni mi travolgono.
Sono talmente arrabbiato che la mia mente non riesce a pensare lucidamente.
Voglio solo portare Norah lontano da questo pericolo, lontano da tutto ciò che la minaccia.
Se non fosse stato per lei, sarei morto. La ferita al braccio continua a pulsare, un costante promemoria di ciò che abbiamo affrontato.

"Osman, grazie."

Dico, cercando di mantenere la calma.

"Quando ci possiamo muovere?"

"Subito, ma devi muoverti con cautela.
Non voglio che la vostra presenza venga notata.
Abbiamo bisogno di guadagnare tempo, ma se vi muovete ora, potreste raggiungere il porto prima che sorga il sole."

Sento un brivido di determinazione.

"Va bene, ci muoveremo adesso."

Dico, chiudendo la chiamata.
Ma un pensiero mi assale,non posso svegliare Norah ora.
Deve riposare.
Con un po' di dolore e con la paura di svenire, mi avvicino alla guida. Decido di muovermi in silenzio, cercando di mantenere la calma. Accendo il motore del caravan, e il suono del motore che ruggisce riempie l'abitacolo, ma cerco di ignorarlo.
Non voglio svegliarla.
Parto, dirigendomi verso la strada principale.
Il dolore al braccio è incessante e mi ricorda che non sono al sicuro, che ogni mossa potrebbe avere delle conseguenze.
Ma so che non posso fermarmi, non ora.
Il paesaggio scorre rapidamente accanto a me mentre guido, la luna si fa sempre più alta nel cielo.
Ogni chilometro che percorro mi avvicina alla salvezza e, allo stesso tempo, alla mia personale vendetta. Vorrei solo che le cose fossero diverse, che Norah non avesse dovuto affrontare tutto questo.
Ma il destino ci ha portato qui, e ora non ho scelta.
Dopo una manciata di minuti, arrivo in prossimità di un bivio.
Devo scegliere il percorso che ci porterà al porto.
Con la mente annebbiata dal dolore e dalla fatica, cerco di ricordare le istruzioni di Osman.

"Un po' a destra, poi seguo la strada fino a raggiungere il molo."

Ripeto tra me e me.
Finalmente vedo la segnaletica del porto.
Accelero, la mia mente è concentrata su un obiettivo,uscire da questo incubo.

Quando arrivo al porto, il cuore mi batte forte.
È deserto e silenzioso, un rifugio temporaneo nel buio delle prime ore del mattino.
Scendo dal caravan e guardo intorno, alla ricerca di un'imbarcazione che possa portarci lontano.
Il pensiero di Norah mi accompagna. Deve essere al sicuro, deve restare al sicuro.
Mi avvicino a un piccolo yacht ancorato al molo.
Sembra abbandonato, ma il suo stato di abbandono non è un problema. Posso ripararlo.
Decido di rischiare.
Mentre mi avvicino, noto che la porta di accesso è aperta.
Entrando, sento un mix di adrenalina e paura.
Controllo rapidamente l'interno,è tutto in ordine.

"Dobbiamo muoverci."

Dico tra me e me, mentre cerco di riparare i danni superficiali.
Dopo un paio di minuti di preparativi, mi volto per controllare il caravan.
Non posso lasciare riposare ancora Norah lì.
Torno di corsa e l'apertura del caravan rivela il suo corpo rannicchiato sul divano.
La luce delle prime ore del mattino,illumina il suo viso, e in quel momento sento un'immensa protezione nei suoi confronti.

"Norah."

Sussurro, mentre mi avvicino.
La tocco delicatamente per svegliarla.

"È tempo di andare."

I suoi occhi si aprono lentamente, e vedo la confusione nel suo sguardo.

"Burak?
Che succede?"

Chiede, la sua voce è ancora carica di sonno.

"Abbiamo bisogno di muoverci.
Siamo ricercati,non siamo al sicuro qui.
Dobbiamo salire su uno yacht."

Spiego, il mio tono è deciso ma dolce.

Riesco a vedere il momento in cui realizza la gravità della situazione.

"Va bene."

Dice, scattando in piedi.
La guardo di sfuggita,mentre si veste in fretta, e il suo vestito macchiato di sangue diventa un simbolo della lotta che abbiamo affrontato.
Ma vedo anche la determinazione nei suoi occhi.
Non è solo una vittima,è una combattente.

RESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora