37 - Arthur - It's always darkest before the dawn

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Resto per un tempo che a me sembra infinito a guardare la porta

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Resto per un tempo che a me sembra infinito a guardare la porta. Non credo di aver mai provato una simile devastazione interiore. Non dopo mia madre, almeno. Ma qui è diverso e in un certo perverso modo è più doloroso. Non ho potuto nulla contro l'ineluttabilità della morte, pensavo di poter fare qualcosa con la condanna della mia vita. Pensavo che nella piccola Lentiggini fosse racchiusa la mia ultima possibilità di farcela in maniera dignitosa. Potevo e volevo essere migliore. Ma lei si è portata via tutto, proprio lei che doveva essere la mia Beatrice, ha deciso di abbandonarmi a me stesso. Mi brucia lo stomaco e ho la gola secca, mi pare di non riuscire a deglutire bene. Mi siedo al tavolo della cucina con le mani sulla faccia e accarezzo il viso stanco, non dormo da quarantotto ore. Mi ritrovo a fissare affascinato il resto dell'uovo nel piatto di Tess, il modo in cui ha abbandonato la forchetta come ha fatto col mio cuore. Credo di aver sviluppato uno strano feticismo nei suoi confronti. Accarezzo intimamente l'idea di lasciare la tavola così per sempre, coi segni del suo passaggio. Di non rifare il letto, di vivere in una bolla di vetro in cui lei può tornare e trovare tutto com'era.

Quante donne mi hanno detto che mi amavano e a quante ho riso in faccia. Ero lo stesso amore? Era la stessa dolorosa cosa che provavano? Anche Sibille con la sua ironia si è sentita così quando l'ho lasciata? L'empatia è davvero un sentimento scomodo . Il bianco dell'uovo ha già assunto quella compattezza porosa che testimonia il passare del tempo, anche gli oggetti mi remano contro.

Lei non mi ama.

Guardo con curiosità le mie lacrime bagnare il vetro nero temperato. Erano anni che non piangevo, quasi mi coglie di sorpresa che sia ancora in grado di farlo. Il ghiaccio dentro di me si è sciolto ed è buffo pensare che è Tess, ora, ad essersi cristallizzata.

La voglia di lei è totale e costante, mi reco in camera come un ubriaco e mi butto sulle lenzuola scomposte alla ricerca del suo odore, di quel semplice profumo che la rappresenta così bene. Ma sento solo il bocca il salato delle mie lacrime. Era meglio il sesso senza conseguenze, era meglio di questo inferno in cui anche lei se n'è andata. Se ne vanno tutte. Forse, Lentiggini, la mia Lentiggini, non è neppure mai esistita, avevo solo bisogno di incarnarla in lei.

Hai mai amato qualcuno, Tess?

Un moto di rabbia mi percuote dalla testa ai piedi, assomiglia a un brivido. Spero di no, l'idea che possa concedere ad altri quello che mi nega è davvero insopportabile. Per un po' mi tengo lo stomaco come se questo potesse bastare a lenire il bruciore che sento. Lei è capace di rendere tutto così acuto, fastidioso. Rivivo tutto da quando l'ho conosciuta, la prima volta che l'ho vista qui, vestita in maniera indecente e il mio desiderio già così forte per lei. Il nostro primo bacio all'Height, lei vestita da cameriera allo Starbucks, lei al colloquio, Tess tristissima mentre dava le spalle ai soldi sul comodino, in quella stanza nel deserto. Infine Tess accanto a Glenn. E' così mutevole Lentiggini, l'ho vista diventare tante donne diverse e non essere davvero nessuna di queste. Poi la mia mente, che si diverte a tormentarmi ulteriormente, non mi risparmia l'immagine di Lentiggini con uomini che non sono io, l'Indiano, Sebastian e infine il tizio di stasera. Le vorticano intorno affamati, ma solo io l'ho avuta. O almeno credo. Non sono sicuro di niente, pensavo anche che ricambiasse il mio amore. In realtà sono stato preso in giro come lo sono stati loro. Quanto ho goduto quando ho spaccato il naso a Sebastian mentre lui mi fissava imbambolato. Lo farei altre mille volte. Ma forse ad aver goduto davvero è stata lei, forse lo fa apposta a metterci l'uno contro l'altro. Non so farci i conti col dolore, ho chiuso tanto tempo fa. Le lenzuola sono fastidiosamente calde sotto di me. Mi alzo barcollando e mi dirigo verso l'armadio.

Prendo tra le mani la bustina di cocaina che non toccavo da giorni. La fisso per un po'. Potrei restare in un angolo a fare il bravo, sperando che lei si decida a darmi un po' d'amore, potrei marciare dritto per meritarmelo. So che dovrei. Ma da quando ho pensato a quegli uomini, un velenoso risentimento si è fatto strada nei miei pensieri. Mi ha preso in giro, mi ha illuso. Perché dovrei riporre una qualche speranza in lei? Dovrei seguirla nella notte? Ci ho pensato, odio l'idea che sia fuori a quest'ora, solo le quattro del mattino. Fa freddo per il suo vestitino a fiori, è pericoloso. Ma mi ha abbandonato e ora io decido di abbandonare lei. Con mia madre non ho potuto scegliere, non ho avuto voce in capitolo, ora ce l'ho invece. Scelgo di restituirle il favore con gli interessi. Torno in cucina e credo delle piccole strisce di coca sul tavolo, vicino all'uovo.

Alla salute, Lentiggini.

Alla terza striscia sento i miei pensieri diradarsi, si fanno lontani e il dolore allenta la presa. Lo stomaco non brucia più e io dimentico la paura di saperla da sola per strada. Ma non basta, così mi alzo e ci aggiungo un po' di Sambuca. Questo sì che funziona. Il senso di vuoto è del tutto lenito, non è scomparso, quello no. Io la amo ancora terribilmente, ma è come se qualcuno lo avesse spinto più lontano, isolato e reso incapace di agire. La mia rabbia invece pare crescere in maniera smisurata a saperla così cattiva, così ingiusta. Doveva amarmi, doveva. Come è possibile che lei non provi le stesse cose? Ma non fa niente, non sento più il cuore. Sento solo il picchiettare delle lancette del costoso orologio che ho appeso davanti al tavolo. Scandisce il tempo che mi separa da lei. A quest'ora della notte, o del giorno, c'è un silenzio che amplifica tutto. Mi alzo, salgo sullo sgabello della cucina e lo stacco dal muro. Lo fisso per un po' e me lo rigiro per le mani. Poi lo scaglio contro la parete. Il tic tac sparisce, se ne va come ha fatto il martellare del cuore. Ora non ci sono più suoni. Mi sono sentito meglio ad aver spaccato qualcosa, ma non è ancora abbastanza, è lei che voglio rompere. Voglio distruggerla.

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