33 - Arthur - A Chip off the old Block

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Il taxi mi lascia proprio di fronte alla metro arancione, guardo i resti dell'anfiteatro che si riduce ad una scalinata scalcinata, so che d'estate, all'interno, viene proiettato qualche film d'autore

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Il taxi mi lascia proprio di fronte alla metro arancione, guardo i resti dell'anfiteatro che si riduce ad una scalinata scalcinata, so che d'estate, all'interno, viene proiettato qualche film d'autore. Dall'altra parte un piccolo locale in cui non sono mai stato, non c'è l'insegna, dev'essere uno di quegli ambienti bohémien che vanno tanto di moda adesso tra i nuovi intellettuali. Porto una mano al petto, sono terribilmente agitato e emozionato. Come è possibile che una ragazza sia riuscita a farmi questo? Ho anche una paura fottuta di tutto. Di Glenn e soprattutto di quello a cui la scoperta di questo sentimento mi condurrà. Il vecchio Arthur seppure più genuino di questo era un debole. Ma non riesco neppure a ignorare questa sensazione, come di un pugno che mi stringe le viscere. Non riesco a respirare bene da giorni, non riesco a farlo dalla notte al motel. Lei si è presa tutto, compreso il mio ossigeno. Cosa c'era prima di lei?

Il vuoto. Il nero.

Il telefono vibra, do una sbirciata perché penso potrebbe essere lei, invece è Mary Anne che mi chiede se sto meglio e mi dice che tornerà a dormire all'università. Spalanco velocemente la porta. Devo mettere bene a fuoco perché per un attimo la mia vista è completamente annebbiata dal fumo di sigaretta. Spero di vederla disperata, come sono io. Una parte piccola di me vorrebbe che lei condividesse tutto il mio malessere, invece se ne sta appoggiata al bancone e ride con un tipo che indossa una terribile sciarpetta multicolore. E' sempre circondata da uomini e che mi piaccia o no, sembra terribilmente a suo agio.

Sta meglio quando è lontana da te.

Lo so, so che per Lentiggini sono una presenza negativa, gli spazi che illumina dentro di me corrispondono a quelli che io spengo dentro di lei. E' così perfetta, cazzo. Eppure so che non la sto giudicando come sono abituato a fare. Non la sto guardando con gli occhi dell'intenditore. La scruto con l'attenzione di un uomo che l'ha avuta, che ha sentito il suo calore e che ama profondamente la sua anima. Non so di cosa sono fatte le anime, prima di lei non vedevo le cose in quest'ottica complicata, tra gli oggetti e le persone non c'era molta differenza e a voler essere onesti prediligevo i primi. Eppure, di lei, mi pare di sapere che c'è altro oltre quello che vedo, al di là del suo aspetto molto piacevole. Mi pare che gli altri non possano non accorgersi di quanto è luminosa rispetto a tutto il resto. Tentenno forse un po' troppo. Sento la rabbia impadronirsi di me quando continuo a vederla intenta a sorridere a quel pagliaccio.

<<Hey bellimbusto che ci fai da queste parti? Non ti sembra abbastanza per stasera?>>

Irina mi spinge con un dito un punto particolarmente doloroso della clavicola.

<<Fatti i cazzi tuoi, va bene?>>

<<Perché sennò?>>

Non sembra spaventata dalle mie parole, è alta quanto me, cazzo. Questa donna è un gigante.

<<Quelli come te sono tossici, li riconosco a distanza ormai!>>

Fa schioccare la lingua e scandisce bene con le labbra come se fossi sordo. Non posso metterle le mani addosso, ma che voglia che avrei di darle una lezione.

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