55 - Tess - Gallantry

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Torno nel salotto, le luci sono state abbassate e Mary Anne e Arthur si trovano al centro della stanza

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Torno nel salotto, le luci sono state abbassate e Mary Anne e Arthur si trovano al centro della stanza. Lui tenta di stappare la bottiglia di champagne ma i suoi gesti sono goffi, un paio di volte la bottiglia scivola sul tavolo tra il silenzio attonito dei presenti. Immagino si siano accorti tutti della condizione in cui si trova, mi sento in imbarazzo per lui, mi chiedo come mai non faccia altro che distruggere tutto quello che tocca. Mary Anne però non è imbarazzata per niente, anzi, ridacchia fuori luogo trovando la situazione spassosa.

<<Non sembra un uomo che sta per sposarsi.>>

Guardo Sebastian e nonostante gli attuali rapporti tesi so che non lo odia, riconosco la preoccupazione di un vecchio amico sincero.

<<Penso che la sua vita si possa descrivere come una parabola discendente.>>

<<Forse ha solo esagerato con l'alcool. Ha voluto questo matrimonio.>>

Dico più infervorata di quello che vorrei.

<<Sciocchezze! Glenn ha voluto questo matrimonio e ha mosso i fili, li ha mossi di tutti, ed eccoci qui ad applaudire e ad inchinarci.>>

<<Non ha nessun senso. Cosa ci ricaverebbe lui?>>

Non capisco il perché Sebastian insista tanto con questa storia. Per me le cose sono più semplici, è Arthur che ha deciso che le cose sarebbero dovute andare esattamente come sono andate, lui e nessun altro.

<<Il controllo.>>

Nel frattempo il cameriere interviene e sottrae la bottiglia dalle mani di Arthur finendo questo imbarazzante teatrino. Glenn si avvicina e inizia a fare un discorso.

Mi distrae la mano che tiene intorno alla vita di Mary Anne. Quelle mani che sono state su di me e che non ci staranno mai più. Improvvisamente mi sento molto stanca, si accavallano dentro di me le immagini di noi due insieme, delle nostre litigate anche, la sua faccia quando mi ha detto che mi amava. E adesso? Dov'è il suo amore? Mentre se ne sta ubriaco a raccontare davanti a tutti di come abbia conosciuto Mary Anne?

Glenn ha smesso di fargli domande, ha smesso di spingerlo a fare un discorso . Ora se la cava benissimo da solo. Il mio cervello capta qualche informazione, qualche frase isolata.

<<L'ho vista per la prima volta in palestra... Suo padre è un reverendo ed è stato un osso duro... Ho saputo che era la donna della mia vita perché per la prima volta non ho pensato a come scappare ma avevo paura lo facesse prima lei...>>

Neppure una volta i suoi occhi hanno incontrato i miei. Mi sento frastornata, è come se l'intera stanza mi vorticasse intorno, come se niente fosse al suo posto. Le sue parole sono incerte, balbetta, si ferma a metà frase. Quando sento la sua voce lontana mi forzo di stringere le mani contro lo schienale di una seggiola per non svenire.

Sento la voce di Glenn che nel frattempo si è avvicinato a noi dietro di me, suadente.

<<Tieni, Tess.>>

Mi porge un bicchiere diverso dagli altri, ha la forma panciuta, non ha lo stelo lungo come quello che vedo tenere in mano agli ospiti . Ma non ho il tempo né la voglia di chiedermi come mai. Annuisco e butto giù il liquido ambrato. Non ne so abbastanza di liquori, ha un sapore curioso, intenso. In realtà se dovessi definirlo sinceramente direi che sa di bruciato. Deve costare una fortuna.

<<Grazie, Glenn.>>

<<Tra poco se ne andranno tutti, questo era il discorso di chiusura, Arthur ti ha riferito che vorrei vi fermaste dopo per festeggiare il buon risultato dell'appalto africano?>>

Avvicina il suo viso al mio, Sebastian lo fissa truce.

Glenn ci sta provando con me?

Sento la sua guancia liscia e fredda contro la mia. I suoi occhi di ghiaccio fissano i miei.

<<E' venuta con me.>>

Dice prontamente Sebastian. Glenn allontana l'obiezione come se si trattasse di una mosca molesta. L'immagine della mosca mi provoca una subitanea risata isterica. Quello che mi ha dato da bere valeva tutti i soli che deve aver speso Glenn. Mi sento così leggera, i problemi e la voce profonda di Arthur che sta ancora parlando, galleggiano lontano da me. Prodigioso. In un altro momento mi sarei sentita minacciata dalla vicinanza di Glenn. E' un uomo oggettivamente molto bello, volendo si potrebbe dire che possegga anche una bellezza più classica rispetto ad Arthur. Glenn ha dei lineamenti così precisi da sembrare disegnati. Un altro paragone mi viene in mente anche se non voglio, la guancia mai rasata perfettamente di Arthur e il suo odore.

<<Questo non è un problema. La farò riaccompagnare a casa.>>

<<Insisto per restare, allora.>>

<<Sono abituato ad invitare personalmente i miei ospiti.>>

La voce di Glenn non perde la sua innata signorilità, ma io so che è minacciosa. Gli sta dicendo di non andare oltre e non sembra essere neppure abituato a fronteggiare evenienze simili.

<<E' una mia responsabilità.>>

Glenn sgrana leggermente gli occhi. E Sebastian in tutta risposta serra la mascella. Prima di tutta questa storia, prima di Arthur, ero abituata che le parole corrispondessero più o meno ai fatti. Ma da un po' di tempo a questa parte non è più così e io fatico a decifrare quello che vedo. Ma una cosa la so, la mia testa è leggera e odio che si parli di me come se non fossi presente.

<<Se avessi voluto che facessi parte del progetto in Africa, ti avrei assegnato il progetto.>>

<<Qui non siamo in ufficio. Lei è venuta con me e tornerà con me.>>

Prima che Glenn possa licenziarlo in tronco, e so che non manca molto se Sebastian continua così, decido di farmi sentire.

<<Ho già detto di sì. Resto qui, tornerò con un taxi, non devi preoccuparti.>>

<<Ti aspetterò qui fuori allora. O controlli l'intero dannato universo?>>

Glenn assottiglia gli occhi, questa non la passerà liscia.

<<Non ti preoccupare Sebastian, davvero. So che Glenn penserà a tutto.>>

Mi gira terribilmente la testa, darei qualunque cosa per farli smettere di parlare. Mi porto una mano alla fronte.

<<Stai bene?>>

<<Me lo hai chiesto mille volte stasera, si, sto bene!>>

<<Scusami, me ne vado.>>

<<Ciao Sebastian.>>

Gli dice Glenn, io non faccio in tempo a ribattere, Sebastian mi dà un bacio sulla guancia e se ne va piccato. Forse ho esagerato, in fondo ha messo in pericolo la sua situazione lavorativa per me. Faccio per andargli dietro ma non so perché mi fermo nell'anticamera in cui si trova lui e in cui un domestico gli sta porgendo la giacca. Muovere le gambe mi sembra all'improvviso impossibile. Sono perfettamente cosciente in un corpo intorpidito. E' una sensazione a dir poco bizzarra e curiosa... Penso di chiamarlo ma le parole mi muoiono in gola. Ho le vertigini, non ho neppure il tempo di cercare di sollevare queste gambe che sembrano di piombo che mi accascio. E' tutto buio. E mi sento così confusa che adesso mi sembra di sentire la voce di Arthur vicino a me. Mi chiama Lentiggini, ma potrebbe essere un sogno per quello che ne so e che me ne importa.

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