58 - Glenn - Clockwork

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Mi affaccio dalla porta camera che condivido con lei, sono in boxer, li ho appena rimessi dopo aver sfogato sulla piccola Tess tutte le mie frustrazioni

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Mi affaccio dalla porta camera che condivido con lei, sono in boxer, li ho appena rimessi dopo aver sfogato sulla piccola Tess tutte le mie frustrazioni. Lei è ancora nuda sotto il lenzuolo, mi dà le spalle e il suo viso è rivolto alla finestra. Ha una mano sotto la testa e posso vedere anche da qui il suo respiro ora regolare. L'ho fatta urlare di nuovo, non ci sono andato piano. Non era neppure lubrificata e allora la mia rabbia è diventata totale. Il suo corpo mi rifiuta e non lo accetto. Le ho chiesto se per Arthur si è bagnata e ha anche avuto la faccia tosta di non rispondere, ha solo puntato il suo sguardo assente verso la parete, togliendomi la possibilità di guardare nei suoi occhi bugiardi. Ma non faceva niente, ho preso tutto quello che mi serviva lo stesso. Se non riesco a farla godere, mi accontento di farla gridare. Siamo arrivati ad un punto in cui non mi interrogo più sulla moralità della mia condotta, il confine tra amore e dominio è quasi del tutto assente e in fondo credo che dovrebbe ringraziarmi se sono così generoso da farmi bastare quello che può darmi. Si, lo so bene che mi odia. Lo sento anche adesso, da quando Arthur è tornato nelle nostre vite niente è più stato come prima, eppure sono perfettamente cosciente che ora è come aver tolto una patina di menzogne da ognuno di noi. Ora siamo davvero quello che eravamo destinati a diventare; lei la vittima, io il carnefice e Arthur... lui è il mio complice, prima di tutto, anche se gli piace far finta di essere un eroe. Perché in fondo è stato lui a cedermela all'inizio e a dare il via a questo gioco perverso, anche se nessuno di noi immaginava dove ci avrebbe condotto. Dò un'occhiata a Tess che ignora il trambusto che mi ha spinto a spiare nel corridoio. C'è un viavai di persone, riconosco il medico di famiglia. Il dottor. Ronald con il suo passo stanco si passa una mano sulla fronte e parla con un'infermiera scuotendo la testa. Visto che ho spalancato solo una piccola fessura della porta la richiudo e velocemente infilo il resto dei miei vestiti. Sospiro mentre infilo la cintura nei passanti dei pantaloni e tento di fare in fretta, anche se non so perché. Ho una brutta sensazione. Guardo di nuovo verso Tess sperando che lei si interessi alla faccenda, ma vedo che non ha intenzione di ripagarmi di quello che ho fatto per lei quando stava male.

Ti stai comportando come un'ingrata, piccola Tess.

La lascio stare nel suo stupido mondo, in questo di limbo in cui si rifugia quando non vuole avere nulla a che fare con me. Ma una cosa la so, non la lascerò in pace neppure lì, butterò giù anche la porta di quella protezione a calci, se sarà necessario. Non ci sto ad essere lasciato fuori.

Adesso però la mia priorità è un'altra, quindi diciamo che oggi è il suo giorno fortunato. Appena esco il dottore si avvicina.

<<Signor. Welsh la stavamo cercando, sua madre vuole parlare con lei. Purtroppo non riusciamo a trovare suo padre da nessuna parte.>>

Mio padre attualmente è in Corsica con la sua nuova amante.

Ignoro la furia che si affaccia quando mi rendo conto che non tornerà in tempo.

<<Come sta?>>

Mi pento di essere stato tanto scortese con mia madre, so che ho una responsabilità in quello che è successo.

<<È molto provata. Il suo cuore stanco è stato messo troppo sotto stress. Nonostante i parametri sembrino stabili, la sua condizione generale resta critica e purtroppo sembrerebbe essere destinata a peggiorare drasticamente. >>

Annuisco col cuore in gola. Non so cosa mi lega a lei, non so se è semplicemente una reazione biologica oppure è vero affetto ma devo ammettere di essere piuttosto colpito. Il mio respiro si fa pesante così come il peso che ho sulla coscienza.

Se mia madre muore non mi resterà più nessuno.

Penso istintivamente. Ma è una follia perché in fondo sto per sposarmi e ci sarà Tess al mio fianco quando succederà. Tento di scacciare quest'immagine fastidiosa di mia madre sul letto di morte, sono terrorizzato. Mi pare persino che questa sia una punizione per le mie azioni recenti.

Sembra che i piedi non siano abbastanza forti per sostenermi mentre mi dirigo nella sua camera, quando ero bambino la vedevo come una regina imprigionata nella torre da salvare. Eppure lei mi ha sempre tenuto a distanza da questo suo piccolo angolo incontaminato pieno di romanzi e altre vite da vivere che preferiva a questa. So che sono sempre stato io l'unica ragione che l'ha tenuta ancorata qui, il motivo per cui è rimasta in questa casa. E so anche che non me l'ha mai perdonato, è per questo che non mi ha mai voluto bene. Mi sento di nuovo un maledetto ragazzino di otto anni, provo ancora la sensazione di volermi nascondere da qualche parte anche se sono già invisibile per tutti.

La finestra è quasi del tutto accostata e la stanza è in penombra. Sembra una ragazzina piccola e pallida in un letto troppo grande per lei.

Mi avvicino e le prendo una mano ossuta, i suoi occhi sono stanchi ma molto meno spenti di quanto temessi. Punto i miei sul copriletto candido, non sopporto la sua vista.

<<Glenn, sai perché sei qui?>>

Annuisco tentando di essere coraggioso, ma non sono capace di vincere questa partita contro la morte. Quello resta un mio limite e odio i fallimenti. Non l'ho mai tirata fuori da qui e qui resterà per sempre chiusa in una spirale di azioni sempre identiche. La morte sarà una via di fuga? È quello che vuole? Il pensiero mi fa rabbrividire.

<<Mi dispiace per il modo in cui ti ho parlato oggi.>>

<<Non è tua, la colpa di quello che è successo.>>

<<Sapevo che il tuo cuore era debole e io l'ho sottoposto ad un carico emotivo che non era in grado di sostenere.>>

<<No, Glenn. Ascoltami, non mi piace quello che stai facendo con quella ragazza.>>

Tutta la paura per la sua condizione scompare dopo queste parole. Perché insiste? Non le importa cosa mi accadrà dopo di lei? Non lo capisce che Tess è tutto quello che ho?

<<Ma non è per questo che ti ho fatto chiamare.>>

Continua subito senza darmi il tempo di sostituire la mia paura per la sua condizione, con la rabbia per le sue illazioni.

<<E qual è?>>

Non dovrei parlare così, accidenti. Ma non riesco a controllarmi.

<<Puoi anticipare il matrimonio? Sei il mio unico figlio e vorrei essere presente. Ho paura che tra un mese sarà troppo tardi.>>

I suoi occhi chiari si velano di lacrime. In fondo mi sta chiedendo un piccolo favore e voglio pensare che abbia fatto ammenda e finalmente sia anche lei convinta che questo matrimonio sia la cosa migliore da fare.

Annuisco e accarezzo la sua mano. Il contatto è un po' forzato, noi non siamo abituati a toccarci, ad abbracciarci e cose del genere. Abbiamo sempre limitato queste inutili rappresentazioni fisiche di affetto. Ma stavolta è tutto diverso.

<<Certo, farò come vuoi tu. Devi solo dirmi quando.>>

<<Domani.>>

Guardo l'orologio, sono le quattro del pomeriggio, è una follia. Ma so che mia madre non è una sciocca, so che il tempo stringe.

<<Come vuoi, madre.>>

In fondo anche io non vedo l'ora che la piccola Tess sia mia moglie e questa situazione potrebbe rivelarsi la soluzione migliore per tutti.

<<Vado ad informare Tess.>>

Mia madre sorride, i suoi occhi trasparenti danno l'impressione di non avere non avere un fondo.

<<Grazie figlio mio. E scusami.>>

Sono già diretto verso di Tess, odio questa stanza, odio tutto questo, non vedo l'ora di scappare.

<<Per cosa?>>

Mia madre non risponde e anche lei, proprio come Tess, si gira verso la finestra.

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