3- Tess - Rubik paradox

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<<Olly mi porteresti anche quello?>>

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<<Olly mi porteresti anche quello?>>

Indico il portabagagli a Olivia che fissa perplessa la mia ultima e disperata creazione, un gigantesco cubo di rubik ideato da me e Sadhil, il ragazzo indiano che segue il corso di ingegneria meccanica al Trinity college, è praticamente il mio preferito all'interno del gruppo. Ammetto che il fatto che sembri un principino indiano ha la sua importanza, con quegli occhi marroni, i capelli nerissimi e l'incarnato color cioccolato. Non è molto più alto di me ma si intuisce che la sua struttura fisica è massiccia e muscolosa, questo mio giudizio empirico è basato sul fatto che mi ha baciata e stretta alla festa di compleanno di Sally. Il ricordo delle sue labbra ancora mi imbarazza, peccato che fosse ubriaco e che mi abbia vomitato sulle scarpe subito dopo nel bel mezzo di una pseudo dichiarazione d'amore. In realtà Sadhill ha il "vezzo" dell'arredamento, contro ogni divieto paterno, che lo vorrebbe all'interno del settore della programmazione, lui continua a comprare riviste su riviste che parlano di design di interni e a seguire, di nascosto, le mie lezioni di arte. Sostiene che un buon arredatore deve allenare l'occhio con le cose belle.

<<Dici che non funzionerà?>>

Olly ha il difetto e il pregio di dire sempre quello che pensa. E anche in questo caso la sua risposta non si fa attendere.

<<A me non convince questa cosa di dover giocare con loro ai piccoli geni, è come voler premere l'acceleratore dove invece bisognerebbe lasciar fare alla natura, so che il metodo che state testando è contro la misurazione sterile del QI, ma di fatto li vivisezionate anche con le vostre trovate alternative e... ecco, loro dovrebbero solo essere spensierati e godersi la loro infanzia, >>

Mentre parla la mia amica di sempre guarda in basso e calcia le foglie che trova per terra. E' una giornata bellissima, la luce è calda sulla pelle. Mi ha sempre messo di buonumore l'arrivo della primavera. Metto una mano contro il sole per guardare il più possibile Olly. Non è stata una buona idea quella di trascinarla qui e farmi aiutare, vedere questi bambini e sapere che in qualche modo esasperiamo la loro intelligenza probabilmente non fa che esacerbare i suoi ricordi traumatici. I genitori di Olly notarono quando aveva appena quattro anni la sua bravura con le forme geometriche e la sua precisione nei disegni, assolutamente realistici e sorprendenti per una bambina così piccola. Mentre tutti disegnavano degli asterischi al posto delle dita delle mani, già lei faceva le cinque dita perfettamente proporzionate, non aveva dubbi nel catalogare le forme e aveva inventato dei nomi di fantasia per distinguerle. Sottoposta al test del QI venne fuori una cifra altissima che Olly si rifiuta di rivelare ma che la costrinse a quelli che lei chiama i "lavori forzati", i genitori ripartirono perfettamente le ore giornaliere del piccolo genio con lo scopo di sviluppare il più possibile le sue doti. Olly non aveva il tempo per giocare o avere amici, quando non era nella scuola speciale aveva qualche tutor a casa per aiutarla nei compiti. Il risultato fu che Olivia diventò triste e inappetente. Reggeva lo stress dei corsi ma era visibilmente depressa, ad un certo punto capì cosa doveva fare. Un pomeriggio piovoso stava studiando nella sua camera di fronte alla finestra, il suo insegnante di allora le stava spiegando qualcosa sulla fisica quantistica, forse la teoria delle stringhe e qualcosa sulle vibrazioni che le stringhe creavano, simili ad una enorme melodia e fu allora che la sua attenzione fu rapita dai alcuni palloncini rossi appesi fuori dal cancello della sua vicina che svolazzavano al vento, vide anche delle piccole fiaccole che conducevano alla casa e un cartello con freccia che recitava "Qui è la festa di Britany". Si ricordava di Britany, l'aveva vista di sfuggita qualche volta, quando scendeva o saliva dall'autobus per andare a scuola, che non era anche il suo, perché lei non faceva una scuola normale o l'aveva notata quando passava con lo skateboard lì davanti. Aveva otto anni come lei, o forse ne aveva uno di più, le treccine bionde, un'aria non troppo sveglia ed era sempre così sorridente. Ripensò alla sua di festa di compleanno nella sua bella casa col padre, la madre e il fratellino, non aveva il tempo di frequentare nessuno e quelli che andavano nella sua scuola erano tutti strani, si sentiva così sola, allora capì, fu un attimo, voleva anche lei dei palloncini, delle fiaccole e tutto quello che rappresentavano, il lusso di vivere l'infanzia, il lusso di avere degli amichetti, la possibilità  di essere scioccamente normale. Fu così che decise di fingere di aver improvvisamente perso il talento che aveva fatto di lei una bambina prodigio, imparò a disegnare come ci si aspettava per la sua età, nascose il suo acume. I numerosi dottori a cui i genitori la sottoposero parlarono di regresso spontaneo, alcuni dissero semplicemente che poteva succedere, che c'erano stati altri casi in cui una genialità iniziale si era poi arrestata per sfociare nella normalità. Eppure quando la guardo a me sembra impossibile che Olly possa nascondere a qualcuno quanto è eccezionale.

<<Mi dispiace di averti trascinata qui.>>

Dico solo, mi avvicino e la abbraccio. La mia coraggiosa Olly che c'è da sempre e mi difende da tutto.

<<Tess non fare troppo la sdolcinata, eh? Che ne facciamo del mostro?>>

<<Portiamolo all'interno, Sadhil dovrebbe già essere dentro, siamo un po' in ritardo.>>

Guardo l'orologio, accidenti a me! Le dieci e quindici, dovevamo essere qui mezz'ora fa. Sbuffo e mi sistemo il trench rosso che ho messo, insieme a dei sandali rossi altissimi. Ormai i miei piedi credo siano diventati insensibili. Presa da questi ragionamenti profondi e dal fatto che devo piegarmi all'interno del bagagliaio per recuperare il mega-cubo non capisco subito come catalogare il rumore della sgommata che sento. Alzo gli occhi e vedo una macchina sportiva. Ancora prima di capire di chi è avvampo, il mio rossore precede la sicurezza che la macchina sia proprio sua, il giocattolo dello sconosciuto che ho incontrato in cucina. Mi accorgo anche di qualcos'altro. Lo sconosciuto sta litigando con quella che sembra una Mary Anne molto indignata, infatti scende e sbatte la portiera in malo modo. Vedo l'uomo scendere a sua volta, imprecare, chiudere la sua portiera con grazia e guardarsi intorno con circospezione, poi girare attorno alla macchina e raggiungere la esile e scontrosa fidanzata chiudendola col corpo contro lo sportello maltrattato. Non so perché ma improvvisamente il ricordo del suo odore diventa così palpabile e reale che solo per un secondo mi chiedo come ci si senta ad essere lei, e a sentirlo così vicino.

<<Asciugati la bava, e stagli lontano, quello porta guai!>>

Ecco, questa è una di quelle volte in cui Olly dovrebbe continuare a fingere di essere molto più stupida di quello che è.

<< Ma di cosa parli?>> tento di buttare là.

<<Stavo solo pensando che alla fine loro faranno più tardi di me>>

E tento di sorridere.

<< Tess, è un predatore sessuale, stagli lontano. Quello che ha detto sulle tue calze, se fossi meno ingenua, dovrebbe sembrarti quello che è, un interesse sessuale. Lui se le mangia a colazione le brave bambine come te.>>

<<Dai, non essere esagerata, è successo una settimana fa. Si sarà già dimenticato di me.>>

<<Io dico di no.>>

Riporto gli occhi verso di loro, solo una sbirciatina mi dico, lui ora la tiene ferma per le braccia, le sta spiegando qualcosa. Poi, forse perché si sente osservato, lo sconosciuto alza gli occhi e mi fissa. E' solo un attimo ma è come una scossa elettrica, all'improvviso sento di avere i brividi. Infilo distrattamente la mano sotto la mia giacca e capisco di avere la pelle d'oca. Forse Olly ha ragione, io non ho molta esperienza con i tipi come lui, specialmente in ambito sessuale, forse anche il mio corpo, come la mia migliore amica, vuole mettermi in guardia. Sento ancora gli occhi dello sconosciuto su di me. Lo vedo muovere la bocca, segno che continua a parlare con lei ma è me che a
guarda. Sento il bisogno di distogliere l'attenzione, mi concentro sull'edificio dell'asilo di Pennsville, una bella costruzione di mattoncini rossi. Poi guardo davanti a me le giostrine del parco tra me e l'edificio e sento che sto tornando di un colore normale. Faccio cenno ad Olly di incamminarci. Ma sento gli occhi dell'uomo su di me per tutto il tragitto.

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