19-Tess- Pieces of Arthur

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Lo supero mentre lui resta per un attimo in bilico tra dentro e fuori

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Lo supero mentre lui resta per un attimo in bilico tra dentro e fuori. Sento che anche lui vorrebbe fuggire. Lo squallore dell'ambiente in cui mi trovo supera persino le mie tetre aspettative, la mia attenzione viene attirata dapprima dal rumore del ventilatore ingiallito sul soffitto, è un ronzio fastidioso. Mi porto le mani intorno al corpo, sono sudata e l'aria fredda mi fa venire i brividi. Per terra c'è una moquette che un tempo dev'essere stata di un bel verde petrolio e ora è talmente lisa da apparire marrone, la carta sulle pareti, in alcuni punti lascia vedere lo stucco dei muri, ha una stampa che assomiglia all'asso delle carte, è gialla e i rilievi sono neri. Le lenzuola del letto sembrano abbastanza pulite, il loro candore contrasta con il sudiciume intorno, il copriletto è rosa pallido, un po' scolorito ma anche quello a prima vista pulito. Una finestra ha le tapparelle chiuse sull'esterno. Mi avvicino e le alzo inondando la stanza, già parzialmente illuminata con delle applique di stoffa, della luce artificiale verdastra dell'insegna luminosa. Sento Arthur chiudere la porta a chiave, forse vuole impedire a entrambi di fuggire. Spalanco la finestra e mi appoggio coi gomiti sul piccolo davanzale, respiro quanta più aria possibile. Non ho mai sofferto di attacchi di panico o roba del genere, quindi questa sensazione di essere in trappola e l'incapacità di fare dei respiri profondi mi colgono un po' impreparata. Mi domando se sia così che accade, che ad un certo punto della tua vita, per quanto ti sia ripromessa di non essere mai quel tipo di donna drammatica che mette la sua vita nelle mani di un uomo, ti ritrovi con sorpresa ad essere incapace di respirare. Chiudo gli occhi sentendo i passi di Arthur vicini. Anche in questa piccola stanza nel centro del nulla, posso sentire chiara la sua presenza, il suo corpo. Ma lui non viene verso di me, si avvicina alla scrivania di fronte al letto e apre il minifrigo. Continuo a non voltarmi, lui si stappa qualcosa. Click.

<<C'è solo della dannatissima birra.>>

Sento il rumore delle sue rumorose sorsate. Non commento, mi volto.

<<Ne vuoi un po'?>>

<<Grazie, non bevo.>>

<<Aranciata? Acqua?>>

Si siede in fondo al letto con la bottiglia di birra tra le mani, la stringe come se ne andasse della sua vita.

<<Non stare così lontana da me, vieni qui.>> Accarezza il copriletto mostrandomi la porzione di letto che si aspetta io occuperò.

Mi avvicino in maniera incerta, sono ancora a piedi scalzi. Ormai devo essere conciata un disastro. Provo a toccarmi la crocchia che ho in testa e sento un ammasso disordinato di capelli, la sciolgo.

Mi siedo vicino a lui e continuiamo entrambi a guardare i piccoli assi nel muro, forse chiedendoci entrambi se questa è una partita a cui uno di noi due può vincere.

<<Sei silenziosa. Dimmi la verità, non ti aspettavi che ti avrei portato in questa topaia. So cosa pensate, siete tutte uguali, guardate solo quello che un uomo può offrirvi. Si pensa erroneamente che gli uomini siano predatori, in realtà noi siamo le vittime del vostro sfacciato arrivismo. >>

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