1- Tess - Nice Stockings

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Ok ammettiamolo, la mia è una sfiga cosmica. E pensare che stamattina ero davvero convinta che sarebbe stata una giornata, se non bellissima, almeno decente. Ho letto da qualche parte che esiste una teoria, la teoria della positività che sostiene che siamo noi a decidere cosa attirare, se successi o insuccessi. Quindi proprio non capisco, non mi do pace, oggi ero davvero in sintonia col tutto, mi sentivo parte dell'ambiente, nel mood giusto, insomma. O per dirla come fare farebbe Olly, ero sicura di avere tutti i chackra allineati. Quindi che ci faccio qui? Dove ho sbagliato? Spero non ne abbiano ancora per molto, questa casa dalle pareti bianche mi sta davvero inquietando, così come i quattro esponenti delle altre facoltà che sono stati selezionati per prendere parte al progetto. E la padrona di casa? Davvero insopportabile. E' ovvio che ci ha invitati qui solo per farci vedere com'è lussuosa la casa del suo fidanzato. Ok, del resto non avevo molta scelta, sono fuori corso, ho saltato qualche esame di fine semestre per fare dei turni in più da Starbucks e spero che il progetto mi dia qualche credito extra, altrimenti ci metterò davvero troppo tempo a passare al prossimo anno. Olly in ogni caso non sembra sorpresa la seconda volta che dal bagno la chiamo sul cellulare.

«Tess dacci un taglio, ok? Sto cercando di meditare, se continui così vengo lì e ti do un calcio nel culo!»

«Devo dirtelo, questo fa di te una persona che possiede una calma interiore davvero discutibile.»

Dal silenzio che segue e soprattutto dal sonoro sospiro che Olly non ha intenzione di risparmiarmi, inizio a immaginarla mentre molla la posizione del saluto al sole o qualcosa del genere e mi dedica la sua attenzione.

«Ok, va davvero così male?»

«Si prendono tutti così sul serio, io davvero non so cosa ci faccio qui, la padrona di casa è odiosa, la classica snob con la puzza sotto al naso. Mary Anne? Hai capito chi è? Quella stronza, mora, alta e alla moda che ci guarda sempre male.»

«Uhm, come hai detto che si chiama?»

«Mary Anne, sembra così sicura di sé, e vecchia... vecchia dentro, intendo.»

Mi concedo di dare un'occhiata al mio aspetto dallo specchio con l'enorme cornice bianca che mi trovo di fronte. Forse dovrei smetterla di mettere minigonne così corte e passare alla sobrietà delle altre ragazze presenti. Guardo i miei capelli biondi e le mie lentiggini. Troppe lentiggini, decisamente.

«Tess, rilassati, ho sempre sostenuto che dovresti allenare qualche chakra, vivi in una dimensione personale davvero caotica. Comunque fà un bel respiro, torna di là e recita la parte dell'esperta d'arte.»

A quel punto c'è poco da replicare, Olly nonostante tutte le sue menate su yoga e erbe dalle mille proprietà è peggio di un sergente svizzero. Chiudo la linea e resto un attimo immersa nella contemplazione di un acquario che fa da divisore tra la vasca idromassaggio e il water su cui io mi sono raggomitolata dopo aver abbassato la tavoletta. Wow! Lui deve essere davvero ricco sfondato, e mi sembra di aver sentito Mary Anne dire che è molto più grande di lei. Considerando che lei deve avere più o meno la mia età, lui forse avrà, quanto? Quarant'anni? Bhé penso che le sta bene stare con uno tanto più vecchio di lei, e me lo immagino non so perché con i capelli già brizzolati e la tipica pancetta di chi fa un lavoro d'ufficio. Inizio a sentirmi un po' meglio, questo non mi fa onore di certo, ma dal momento che sono in ritardo su tesina e esami, e che per almeno un'altra volta, sono impegnata in questo incontro per sviluppare l'intelligenza emotiva multipla di un gruppo di bambini dell'asilo sperimentale di Pennsville, direi di poter ricorrere alla scusa dello stress a cui sono sottoposta per giustificare il mio astio. Mi trascino verso il lavandino e mi sciacquo il viso, vorrei poter cancellare con un gesto tutte queste le lentiggini. Prima di tornare in salotto decido di gironzolare un po' per casa, sembra tutto così perfettamente abbinato, così inospitale. Decido di allungarmi in cucina per prendere qualcosa da bere e mentre cerco di stappare, con la mia totale mancanza di grazia, il cartone dell'aranciata, il rumore di una porta che si chiude poco lontano da me, mi fa sussultare e il cartone, come da copione,mi scivola dalle mani andando a creare un po' di colore su quel pavimento così pulito e brillante. Mi guardo intorno alla ricerca di uno strofinaccio che trovo, grazie al cielo, proprio sull'isola centrale della cucina. Inizio a pulire il caos che ho creato. Mentre sono accucciata mi accorgo di non essere sola, mi alzo e vedo un uomo che ha l'aria di essersi appena svegliato, infatti mi fissa scalzo dalla porta della cucina con un'espressione irritata sul volto. Si sta sistemando la camicia che pende, nonostante i suoi tentativi, in maniera scomposta fuori dai jeans che indossa. Io non riesco a far niente di meglio che arrossire, odio questa cosa di me, mi fa sentire esposta. E' come se gli altri potessero leggermi dentro. Abbasso subito lo sguardo e decido di non alzarmi. Posso sempre scusarmi da quaggiù in fondo, no?

«Mi dispiace io...non...»

Per prima cosa sento le sue mani sulle mie percorrere lo stesso tragitto per pulire il disastro che ho appena combinato. Alzo lo sguardo e me lo trovo vicinissimo, deve avere sui trentacinque anni, ora è in ginocchio anche lui e mi guarda con i suoi occhi di un verde chiarissimo. Mi sorride, ha una leggera barbetta ed è piacevolmente spettinato, il suo odore è travolgente, sa di sudore e del rimasuglio di deodorante che deve aver usato qualche ora fa, più qualcosa di assolutamente piacevole, intimo, questo mi conferma che dev'essersi appena svegliato. Ci rimettiamo in piedi, io cerco di eliminare un insetto inesistente dalla mia gonna e ne approfitto per tirarla il più giù possibile, dopo aver notato lo sguardo allusivo che lui lancia alle mie gambe.

«Tu sei...?» Dice ignorando le mie scuse.

«Tess, sono qui per il gruppo di studio.»

«Ah, studi artistici?»

Non posso fare a meno di cogliere la nota canzonatoria della sua voce.

«Si, è così evidente?»

Lui tira di nuovo fuori quello che io considero un sorriso ambiguo, mentre soppesa la mia gonna e i collant con impressa la fantasia delle autoreggenti. Sono perfettamente conscia di lasciare molto poco all'immaginazione, non che questi siano affari suoi.

«Il tuo è un abbigliamento decisamente creativo»

Mi analizza in modo imbarazzante, mentre io turbata dalla sua mancanza di educazione lo guardo con sospetto. Sta forse insinuando che non ho gusto nel vestire? Ma chi si crede di essere? In fondo non è mio padre. Mentre io continuo a sostenere il suo sguardo sperando di uscirmene con una battuta arguta e brillante in grado di rovesciare la situazione a mio favore, lui mi pone l'ultima domanda che mi sarei aspettata di sentire.

«Qualcuno ti aiuta economicamente per lo studio o hai un lavoro part-time?»

Improvvisamente sono curiosa di sapere dove andrà a parare e decido di stare al gioco di quest'uomo bizzarro che ho appena conosciuto.

«Lavoro da Starbucks quando non ho lezione, ho una formula per studenti, riesco ad avere piena gestione dei turni in questa maniera e posso frequentare liberamente le lezioni.»

Ho l'impressione di essere ad un colloquio di lavoro, lui si accarezza la barba. Mi accorgo come se fosse un'illuminazione di quanto sia sicuro di sé e a suo agio, mentre io mi trovo a rispondere a delle domande inopportune per cosa? Curiosità? O Semplicemente abitudine alle regole basilari dell'educazione?

«Lo Starbucks fuori dal Trinity college? Su Belfast Ave?»

Non confermo né smentisco. Perché dovrebbe sapere dove lavoro esattamente? Immagino di avere l'espressione più stupida del mondo sul viso. Non riesco a capire se quest'uomo, piuttosto carino secondo uno standard oggettivo, ci stia provando oppure no. Boccio subito questa possibilità, per lui devo essere una specie di cavia o un esperimento sociale, è l'unica spiegazione sensata che trovo ad una situazione così surreale.

«Io devo tornare... di là, mi dispiace per il succo...»

Lo dico con un'incertezza che fa assomigliare le mie parole ad un imbarazzante balbettio. Ma decido che non mi interessa, mi giro sui tacchi, tacco dodici per la precisione, e faccio per tornarmene in salotto. Gli accostamenti acqua e sapone non fanno più per me, da qualche tempo preferisco le mise azzardate, ma forse oggi avrei fatto meglio a soprassedere.

Prima di essere arrivata alla porta della cucina lo sento chiamare il mio nome.

«Tess?»

Mi volto non sapendo davvero cosa aspettarmi. Forse vorrà sapere il mio codice di previdenza sociale.

«Carine quelle calze.»

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