"La verità, Tess. Non lo so perché, non lo so che ci faccio qui. Io mi sposerò tra pochi mesi, e non posso tirarmi indietro. Non sarà come in tutti quei film da donne in cui all'ultimo minuto uno manda tutto a puttane. Non ho niente da offrirti, o a...
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Salgo all'interno dell'abitacolo, allaccio la cintura e aspetto ansiosamente che l'autista metta in moto, è lo stesso che ci ha accompagnati ieri sera ad Augusta al locale di Irina, ha sentito quello che io e Glenn ci dicevamo? A giudicare dallo strano sguardo di compassione che mi lancia dallo specchietto, direi di sì.
<<Posso partire?>>
Sembra avere più fretta di me. Annuisco, lui mette subito in moto, le ruote fanno attrito sul brecciolino e finalmente partiamo. Vista dal lunotto posteriore, la casa dei genitori di Glenn, diventa sempre più piccola. Lui mi starà osservando da quella finestra? Si, so che è là dietro. E il motivo per cui ne sono certa è che mi rilasso solo quando abbiamo oltrepassato il cancello. È come se tutta l'adrenalina e la paura scivolassero via dal mio corpo, proprio come sta facendo il paesaggio campestre che stiamo attraversando. Semplicemente lo supero, lo lascio indietro. È ancora giorno, il sole resiste e lo faccio anche io. Temo che mia madre sarà delusa da me e non posso sopportarlo, ero lì quando mio padre ha distrutto tutto. Lui era meno violento, si limitava ad alzare la voce e ad accanirsi contro gli oggetti che aveva intorno se era troppo ubriaco. Ma Glenn... la sua rabbia è di ben altra natura, non è solo il risultato di un'istintiva e momentanea perdita di controllo, tutt'altro. È una rabbia consapevole e direzionata ad un bersaglio preciso: la mia mente. Per questo non riesco a perdonarlo e non provo compassione per lui. Ogni schiaffo, ogni livido e ogni volta che mi ha obbligato ad accettare il suo corpo e le sue parole lo ha sempre fatto in maniera lucida. Sapeva cosa significava, cosa avrebbe comportato per me e non ha esitato un attimo. E so che la vita con lui sarà fatta di questo, alla fine sono diventata proprio la donna che mi sono da sempre ripromessa di non essere. Gli occhi verdi di Arthur fanno capolino nella mia testa, rivedo il suo sguardo atterrito, quello pieno di passione, le sue mani. Adoro le mani di Arthur, il modo in cui mi tocca, con quel trasporto assoluto ma gentile. E le sue labbra così morbide, irresistibili. Sarebbe stato davvero peggio di questo, cedere a lui? Non lo saprò mai, sicuramente il potere che Arthur ha sul mio corpo e sulla mia mente è infinitamente maggiore di quello che pensa di poter avere Glenn ricorrendo alla violenza. Mi fa fremere l'idea di Arthur insieme ad un'altra, che vive con lei e ne condivide la quotidianità. Come sarà averlo vicino tutto il giorno? In fondo il nostro tempo insieme finora è stato limitato a qualche fugace incontro. Abbiamo fatto altro se non litigare e fare sesso? Sento una fitta al cuore quando ripenso al suo dolore l'ultima volta che l'ho visto. Non pensavo che avrebbe fatto tanto male anche a me. Invece da quel momento in poi è diventato tutto insopportabile. Mi rifiuto di pensare a quello che ha interrotto Glenn quando è entrato nella stanza, avrei davvero fatto quel piccolo tuffo? Questa, insieme a quello che sarebbe potuto essere con Arthur, è un'altra cosa che non saprò mai.
Mi dico che è giusto lasciarlo andare, che adesso non c'è più niente che possa fare per tornare indietro. Domani dirò quel sì e accetterò quello che ne seguirà. Lo farò per fare in modo che Arthur possa stare con la sua Carol, perché possa essere felice, rendermi colpevole di ulteriori sofferenze sarebbe l'ultima cosa che desidero. So cosa significa perdere un figlio e non lo auguro a nessuno, figurarsi all'uomo che amo. Mi addormento tentando di pensare a cosa posso raccontare a mia madre per giustificare la mia faccia. Poi decido che le dirò che sono caduta e ho sbattuto, mi terrò sul classico, reciterò il copione usato da sempre per le donne che fanno la mia fine. Devo essermi addormentata, mi sveglia la voce dell'uomo.
<<Signorina Milton? Mi scusi... non volevo disturbarla ma siamo arrivati.>>
Apro gli occhi e li stropiccio guardandomi intorno, si, siamo senza dubbio a Rumpfort, vedo il piccolo vialetto in cui sono cresciuta, riconosco la casa di mia madre anche se stavolta mi sembra minuscola, intima, rassicurante coi suoi mattoni scrostati e la tettoia dissestata. Esco incerta dall'auto e respiro a pieni polmoni, è sera e la luce all'interno è accesa. Ringrazio l'uomo e gli dico che può andarsene.
Resto un attimo indecisa là fuori, provando un senso di infinita vergogna e la sensazione di essere fuori posto. Mia madre è stata molto dura con me al telefono per via dell'università, era l'unica cosa su cui ha sempre insistito, ha sempre sostenuto che sarebbe stata la strada per la mia indipendenza. Sapevo che aveva ragione, eppure mi sono lasciata abbindolare dalle belle parole di Glenn e dall'offerta di lavoro come sua assistente personale. Salgo i tre gradini di cemento che portano all'entrata e resto lì, incerta se suonare o no. Ma la porta si apre subito lo stesso. Mia madre ha un'espressione stanchissima e preoccupata. Dio, quanto mi era mancata. Resto imbarazzata di fronte a lei, ci guardiamo, ci fronteggiamo. E per la prima volta mi rendo conto di quanto profondamente mi somigli.
Scusa, mamma. Ho sbagliato tutto.
Vorrei dirle.
Non posso più tornare indietro. So quello che provavi con papà, tutto quello che hai sopportato, mi dispiace, mamma. Ho fatto un casino.
Vedo che i suoi occhi sono sul mio viso, non trattiene le lacrime e si porta una mano sulla bocca per stemperare il suono dei singhiozzi, poi si appoggia allo stipite della porta e con la stessa mano che prima aveva portato alla bocca ora si tiene lo stomaco, si piega e sembra che stia per cadere per terra da un momento all'altro.
Non ho mai visto mia madre piangere, mai. Nemmeno una volta, nemmeno quando papà ha frantumato il ripiano di vetro del tavolino in salotto o quando si lamentava della sua vita di merda con lei, accusandola di essere la colpevole, di averlo incastrato con una gravidanza che non voleva. Non ha mai pianto le infinite volte in cui ha rotto qualcosa, ma a quanto pare non ha retto quando ha visto me, in frantumi. Mi avvicino a lei per sostenerla, di nuovo mi guarda il viso e i singhiozzi aumentano ancora.
<<Mamma?>>
<<Oh, Dio. Non ci volevo credere quando me l'ha detto...>>
Di nuovo si piega sulla pancia come se l'avessero colpita, come se io fossi uno spettacolo insopportabile da vedere e provasse il mio dolore sulla sua pelle in uno strano effetto di rifrazione. Mi era così mancata mia madre, perché ho fatto passare tanto tempo quando era così semplice?
<<Mi aveva detto che eri...>>
Le parole vengono mangiate dai singulti del pianto.
<<Insomma io pensavo solo che era per via del lavoro. Perché ti vergognavi di me, di questa vita umile. Sono stata una stupida, Tess, io so come sei fatta, so che non sei il tipo che... che...>>
<<Mamma, sto bene, mamma...>>
Mia madre fa un verso terribile, un verso che significa che non è così, un mezzo grido, poi scuote la testa.
Tento di avvicinarmi e lei mi si butta addosso, mi abbraccia e sussurra che le dispiace, che non immaginava tutto questo. Resto per un attimo con le mani abbandonate lungo i fianchi. È davvero così che accade? A forza di stare in mezzo alla violenza non ci si rende più conto della sua gravità? È per questo che ieri sera da Irina erano così strani con me?
<<Sembra peggio di quello che è...>>
Le dico vicino al collo tentando di minimizzare ed è anche la verità, non fa più male adesso. Riconosco il suo odore, l'odore di mia madre e per un po' mi sento protetta, al sicuro. Mia madre è la persona più onesta che conosco, quella che in vita sua ha ceduto a meno compromessi possibili e adesso come adesso, tutto questo, mi sembra un buon traguardo. Mi stringe ancora e poi finalmente, mi invita ad entrare.
Supero il piccolo corridoietto, distrattamente gli occhi mi cadono sulla colonna dov'era la ballerina che Arthur ha fatto cadere.
Sono diventata io quella ballerina?
Supero la cucina e sento delle voci in salotto. Mi fermo tremando per la sorpresa, mia madre è dietro di me, mi passa una mano intorno alla vita e mi accompagna lì dentro non dicendo nulla ma facendomi capire che non ho niente da temere, non più.
Intuisco la presenza di Olly, Irina, Sebastian e un uomo sulla sessantina che non conosco. Stanno tutti zitti quando si accorgono di me, ma io è solo lui che vedo.
E lui è me che sta guardando in questo momento, solo me. I suoi occhi verdi si puntano sul mio viso con attenzione, e proprio quando pensavo che non potesse esserci niente di peggio dell'espressione che gli ho visto fare dopo il sì, capisco di essermi sbagliata.