63 - Arthur - Every Dog has his Day

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E' semplice, credo che la mia vita sia finita nell'esatto momento in cui ho aperto la posta, stamattina, e la realtà di quello che ho fatto ha preso la forma perversa di quei pixel dolorosamente precisi, nel riprodurre la donna che amo come non av...

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E' semplice, credo che la mia vita sia finita nell'esatto momento in cui ho aperto la posta, stamattina, e la realtà di quello che ho fatto ha preso la forma perversa di quei pixel dolorosamente precisi, nel riprodurre la donna che amo come non avrei mai dovuto vederla. Tutte le azioni che ho fatto in seguito, vestirmi da cerimonia, precipitarmi da lei sapendo che non l'avrei trovata, sono state fatte da un altro. E' una linea netta e precisa quella che mi separa dal vecchio me. Il vecchio me non è sparito, se n'è andato per sempre, se lo è portato via Tess, ovunque lei sia andata. Quest'altro, quello che sono adesso e in cui fatico a riconoscermi, si muove nella sua vita come se fosse all'interno di una sordida sceneggiata. Mi vedo dall'esterno parcheggiare la macchina, scendere e dirigermi in chiesa come se il mio corpo avesse il pilota automatico, in trance. Non c'è più smania in me, la rabbia finalmente se n'è andata. Non posso più fare niente per riportare la mia esistenza sui binari, è tutto irreparabilmente compromesso. Tess è danneggiata e lo sono anche io. La mia mente, appena varco la soglia, registra milioni di occhi puntati su di me. La Wedding planner ha in mano una cartellina e alle orecchie ha un auricolare col quale dà istruzioni in maniera forsennata.

<<Dove si era cacciato? Voleva far morire tutti di crepacuore?>>

Si porta, teatrale, una mano sul tailleur beige all'altezza del seno. Mi conduce sul retro, in una stanzetta dove i miei colleghi stanno dando gli ultimi ritocchi ai loro vestiti, la wedding planner appunta loro un fiore all'occhiello, un fiore viola. E' il viola il colore che hanno scelto? Bene, non poteva essere più appropriato, lo associo alla morte da quando ho voluto tutte quelle violette per il funerale di mia madre. Michele si avvicina e mi dà una pacca sulla spalla.

<<Finalmente ci siamo amico! Che faccia è questa? Sei nervoso?>>

Philippe mi abbraccia. Li lascio fare, le mie braccia restano rilassate lungo i fianchi.

<<Hai visto Sebastian?>>

Scuoto la testa.

<< Sei strano, è sì insomma... dai, in fondo è solo una cerimonia. Stai con Anne da una vita. Hai intenzione anche di parlare?>>

Quindi Sebastian se n'è andato con lei? Sa tutto? Sono impreparato al dolore che mi colpisce immaginando che lui avrà una vita insieme a lei, vicino a lei. Quanto è diversa da tutto questo la mia Lentiggini, non avrei mai dovuto trascinarla nel mio inferno, lasciare che la contaminasse.

<<Sto bene.>>

Rispondo in maniera automatica e i miei colleghi lo prendono per buono. Ci sta che uno sposo possa essere nervoso.

Lascio che le mani della weddings planner mi tocchino la giacca, la sistemino. Mi sono trasformato in un pezzo di pietra. Mi aggiusta il colletto e sistema i gemelli, sposta una ciocca di capelli dalla mia fronte, infine mi dice di aspettare che arrivi Glenn, il mio testimone, ovviamente. E Glenn arriva mentre io sono seduto compostamente nella sagrestia aspettando che il circo inizi con l'ingresso della sposa. Le sue damigelle, in viola anche loro, sono ordinatamente schierate là dove dovrebbero essere. Tutto è andato come ci si aspettava che andasse. Ed eccolo Glenn, elegante e riposato. Cosa pensavo? Che la sua coscienza lo avrebbe tormentato? Quale coscienza? Si avvicina a me e fa per toccarmi, reagisco facendo un passo indietro, di scatto.

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