8 - Arthur - The Tin Soldier

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<<Arthur?>>

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<<Arthur?>>

È ancora la voce di Glenn. Lei non parla. Fisso le sue guance alla ricerca di un segno che mi dimostri che non sto sognando, cerco le sue mille lentiggini, ma il trucco copre tutto perfettamente. Sono ancora qua sotto, ancora coi vetri in mano. Il cameriere forse si accorge del fatto che potrei rimanere in questa posizione per sempre. Mi prende per il gomito e mi tira su scusandosi e tentando malamente di togliere i residui di erba e di terra dai miei jeans. Ci separano non più di dieci centimetri e tre lunghi, infiniti anni. Non ho il coraggio di guardarla negli occhi, allora continuo a fissare le sue scarpette rosa pallido, le sue guance troppo truccate e i capelli biondi accuratamente acconciati. Ha un filo di perle al collo e un braccialetto dall'aspetto piuttosto costoso al polso, proprio dove la mano destra di Glenn la sta possessivamente stringendo. Sbatto gli occhi come un idiota. Glenn è assolutamente soddisfatto. E io non so che dire, se non chiedere conferma di una cosa evidente che ancora stento a credere.

Sei davvero tu?

<<Tess?>>

La mia voce si sente appena in mezzo al violino. Ma Tess l'ha sentita. La triste musica di Bach è finita, ora Glenn ci sta deliziando con l'aria No. 1 D major Shlomo Mintz.

Che abbia immaginato anche un sottofondo ai suoi folli propositi? Trovo difficile associare a un tipo come lui la parola casuale. Non è successo e basta.

<<Arthur.>>

Prende nota.

Tre lunghi anni, ci sono stati giorni in cui ho pensato di morire senza di te.

Mi viene in mente una favola che mia madre mi raccontava sempre da bambino. Era la mia preferita, forse già da lì avrei dovuto intuire di avere una certa tendenza alla malinconia. La storia del soldatino di piombo, fabbricato all'ultimo senza una gamba e innamorato senza speranza della ballerina vestita d'azzurro e con una stella lucente attaccata al collo. Un amore ostacolato dal pagliaccio cattivo che aveva voluto per sé la ballerina e aveva detto al soldatino che l'avrebbe sposata lui. Quando il pagliaccio aveva provato a toccarla, però, il soldatino, intrepido, nonostante la gamba sola, aveva tentato di salvarla, finendo per fare un volo dalla finestra, era stato messo su una barchetta ed era naufragato nella pancia di un pesce. Alla fine però quel pesce era stato comprato dalla cuoca dello stesso bambino che lo possedeva all'inizio.

Andare contro il proprio destino, Lentiggini, è come andare controcorrente.

Ma il soldatino non andava più bene perché puzzava di pesce e il bambino non lo voleva più. Così lo aveva gettato nel fuoco dove il suo amore l'aveva raggiunto. Al mattino, tra la cenere, splendeva un piccolo cuore di piombo e una stella d'argento.

Mi sono sempre sentito così nella mia vita, menomato emotivamente. Mi è sempre mancato ben più di una gamba.

È questo che è successo vero, Lentiggini? La differenza è tutta qui. Non sono stato un eroe per te, non ti ho salvato, anzi sono stato così stupido da gettarti nelle braccia del pagliaccio. Ma il resto, è simile. Anche io sono naufragato, un naufragio durato un tempo infinito perché tu non eri con me. Pensavo di essere ormai in grado di gestire la perdita, ma non era così, non ero pronto per tutto questo dolore. Tess, non riesco a guardarti negli occhi. Ho sbagliato. Hai ancora un cuore in grado di perdonare? Vedi? Sono rimasto sull'attenti per te, su una gamba sola. Ho fatto del mio meglio, Tess. Riesci a sentire questo campo magnetico? Non serve nemmeno che ti tocchi, la magia è intatta. Il mio amore per te è intatto. Ma non avevo preso in considerazione tutto questo. Dov'è la tua stella? Non brilla più. L'hai nascosta bene o se l'è presa lui? Si è già preso tutto quello che era mio?

<< E' andata meglio di quanto avessi previsto. Sapete che da sempre, il modo migliore per non avere più paura, è quello di affrontare il buio?>>

Tess mi fissa in maniera composta. Cerco di ricordare com'era il suo sguardo prima. Com'erano gli occhi marroni della mia ballerina spezzata. Ma ho paura che già questo sguardo gelido e sicuro stia cancellando e sovrascrivendo l'altro, quello buono. Sembra annoiata, addirittura. Le labbra sono una linea dritta.

Guardala, assomiglia a lui. È diventata come Glenn, è di ghiaccio.

<<Posso parlare un attimo con lei?>>

Chiedo il permesso a Glenn come farebbe un bambino che vuole restare a giocare dagli amichetti. Glenn guarda Tess. Lei fa un cenno di assenso. Ma Glenn indugia, sperava in un'altra reazione. Resta ancora di fronte a noi. Tess gli accarezza il braccio e io sento il mio cuore fermarsi. Non respiro nemmeno più. Non esisto se lei non mi tocca, se non mi guarda.

Tess, smettila ti prego, smettila di toccarlo. Non riesco a sopportarlo.

Le immagini del video di Glenn mi inondano senza possibilità.

Toccami, Glenn. Non mi vuoi?

Devo essere all'inferno, me lo merito.

<<Cinque minuti, se non ti dispiace. >>

Glenn accarezza a sua volta le sue dita, in maniera impercettibile e suona dentro di me la sirena di un allarme. Un grido straziante. Conosco Glenn... lo conosco bene e se non fosse che...Se non fossi assolutamente sicuro che non è in grado di provare sentimenti direi che lui si è... No, sto farneticando. È la vicinanza di Tess a farmi pensare tutto questo. Guardo il suo corpo sinuoso e elegante fasciato nel costoso vestito dalla linea semplice che indossa. Sono stato abbastanza tempo nel mondo di Glenn da avere un'idea esatta di quanto costi. Il desiderio che provo per lei non mi sorprende. Non avrei potuto avere nessun'altra. E non è perché è bellissima, la più bella tra tutte. È per quella stella che brilla dentro di lei e che nessun'altra possiede. Perché è mia, è stata fatta per me che sono nato con una gamba sola.

Glenn va verso il patio, si avvicina a Everett. E io resto solo con lei, con l'amore della mia vita. È ancora rigida di fronte a me, ma non mi sta guardando, segue Glenn con gli occhi. Io trovo il coraggio di fissarla, allora si riscuote e mi restituisce anche lei il favore.

È vuota.

<<Come stai?>>

La domanda più idiota che potessi farle.

<<Guardami. Come ti sembra che stia? Sto benissimo. E tu? Come stai?>>

Arriccia il naso passando in rassegna i miei semplici jeans e il mio cappotto di pelle. Sta pensando che sono patetico e lo sono davvero.

<<È stato un inferno.>>

Dico sinceramente e semplicemente. Siamo così vicini.

Eppure non siamo mai stati tanto distanti.

<< Mi dispiace per te.>>

Mi confessa senza empatia, come se stesse parlando del tempo e non del mio cuore. Come se non lo tenesse in mano, questo mio piccolo cuore di piombo, e non lo stesso stritolando.

<<Abbiamo avuto tutti quello che meritavamo.>>

Aggiunge semplicemente distogliendo ancora lo sguardo da me e guardando verso l'orizzonte. Il mio orizzonte è sempre stato lei, invece. Ma lei? Cosa stai cercando?

<<Devo raggiungere Glenn.>>

Mi dice in maniera automatica.

Glenn intanto ci fissa da lontano, anzi, la fissa da lontano.

<<Aspetta...>>

Le prendo la mano mentre si sta allontanando. Appena la mia pelle calda tocca la sua stranamente fredda, è come se un'infinità di fuochi d'artificio scoppiassero nel mio corpo. Ed eccola, la vita.

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