6 - Arthur - A Old Bishop

1.5K 109 13
                                    


Credo di avere le vertigini. Mi appoggio al piccolo muretto della cucina. Non ho il coraggio di cogliere davvero il senso delle sue parole. Che significa che lei è sempre stata qui? Non è sposata con Sebastian?

Mi prende per le spalle ma io faccio uno scatto indietro e mi allontano da lui, non c'è niente di più ripugnante. Sembra aver ripreso un bel colorito, dopo la sua performance con me. E' il Glenn di sempre, il gelido manipolatore che conosco. Sento il rumore della porta della camera.

<<Ho fame.>>

Mi dice Carol.

<<Cinque minuti.>>

Tento di simulare un tono normale. Che diavolo vuol dire che lei è sempre stata qui? Qui dove?

<<Domani sera vieni a questo indirizzo. Dovresti ricordare bene la strada. E ti spiegherò tutto. O lo vedrai coi tuoi occhi se ne avrai il coraggio.>>

Fa un passo verso di me e mi porge un biglietto bianco, dietro ha scritto a penna un indirizzo, riconosco la via, è la casa dei genitori di Glenn. Aveva previsto tutto. Posso sentire il suo alito accarezzarmi il viso. Mi fissa ancora, ogni volta che mi guarda sembra rubare un po' della mia anima. Ogni volta che lo guardo è come se questi tre anni non fossero mai esistiti e il mio senso di colpa fosse qui, incarnato in lui.

<<Finirá dove tutto è iniziato, amico mio.>>

Va verso il divano e prende la sua giacca.

<<Ciao, Carol.>>

Carol lo saluta con la mano ma non dice niente. Si ricorda della promessa che mi ha fatto. E io? Sono coerente con le promesse che ho fatto a me stesso di non avere più niente a che fare con lui?

Non ho chiuso occhio e non ho finito quel bicchiere di Scotch. Non mi sorprende il citofono che suona verso le otto del mattino. Un poliziotto mi dà una lettera e mi dice che la madre di mia figlia è in macchina e che devo portare giù la bambina se non voglio peggiorare la situazione. Oggi tutta la mia sicurezza se n'è andata. Oggi farò quello che devo fare, quello che gli altri si aspettano da me. Mi sono dato una sistemata, ho abbracciato Carol e le ho promesso che farò di tutto per avere ancora i nostri fine settimana insieme. Ha pianto, non mi ha creduto, ha iniziato anche lei a non avere più fiducia in me. Senza pensarci due volte e con un brutto presentimento, prima di consegnare Carol alla madre, vado in camera e prendo la ballerina. Me la rigiro tra le mani, la osservo bene. Poi mi chino e gliela do. Lei sorride, la prende e si asciuga le lacrime.

<<Andrà tutto bene.>>

Le dico. In realtà tento di convincere me stesso. Mary Anne non mi parla, fa sedere la bambina e poi chiude la portiera della macchina girandosi immediatamente verso il finestrino dalla parte opposta. Ma Carol no, Carol appoggia il suo nasino contro il vetro e mi guarda con l'espressione più desolata del mondo. Chiamo Louis e gli dico che non mi sento bene e che non andrò a lavoro. Non mi rimprovera, in questi anni le mie assenze sono state quasi nulle. E quindi eccoci tornati al punto di partenza. Glenn ha di nuovo messo le sue sporche mani su di me. Apro la lettera e come mi aspettavo è scritta dal mio vecchio avvocato, uno dei più bravi sulla piazza. Non perde una causa, l'ho scelto per questo. Era facile prevedere quello che c'è scritto. Secondo la legge, mi informa, ci sono tutti i presupposti per affermare che sono una persona violenta, pericolosa e con disturbi psicologici evidenti e che quindi per il bene di Carol, la mia ex moglie, ha intenzione di farmi causa chiedendo l'affidamento totale. Mi passo le mani tra i capelli. Non ho abbastanza soldi per vincere e se perdo anche la mia bambina, allora tanto vale finire qui la mia vita. Aspetto l'arrivo dell'appuntamento con Glenn dicendomi fino alla fine che non andrò, che tanto per cambiare stavolta accetterò le conseguenze dei miei atteggiamenti. Eppure lui è l'ultimo ponte che mi rimane con Tess, non so per quale motivo, ma ho intenzione di scoprirlo. Metto un paio di jeans buoni e un giubbotto di pelle. Mi faccio la barba e per tutto il tempo non faccio che pensare che mi toglieranno mia figlia, stavolta lo faranno sul serio e la crescerà Igor. Lei diventerà una sconosciuta. Carol che è l'unica che mi guarda come se valessi ancora qualcosa. Prendo la macchina e guido in tondo finché non mi decido a seguire l'indirizzo che Glenn mi ha dato. Appena arrivo mi accorgo immediatamente che al cancello ci sono delle grosse lanterne e che alcune bandiere stanno sventolando sul muretto. So cosa vuol dire, ho vissuto abbastanza tempo qui per capire che si sta svolgendo una delle feste del padre di Glenn. Mi fermo di fronte ad una guardia.

<<Lei è?>>

Mi dice soppesando la macchina e il mio abbigliamento da là fuori.

<<Arthur Rivera.>>

Parla all'auricolare e mi fa cenno di passare.

Entro e lascio le chiavi al parcheggiatore . Ne hanno sempre uno per questo genere di ricorrenze.

Giro intorno alla casa e vedo l'immenso giardino decorato e pieno di luci. Avverto una strana sensazione, una curiosa elettricità. E' come se fossi esattamente dove dovrei essere, vale a dire al centro dei miei incubi.

Gli uomini invitati sono elegantissimi, delle grottesche macchie scure sparse per il giardino. Parlano tutti sottovoce. Vedo in lontananza Glenn, è girato verso di me, sta conversando con un signore e una donna bionda girata di tre quarti tiene una mano ingioiellata sul suo braccio. Lui mi nota subito, scruta la mia figura interamente e poi scuote la testa. So perché: è per come sono vestito. Ma non mi interessa, non giocherò di nuovo ad essere uno di loro. Un violinista fa una nota di apertura. Aspetta un secondo e parte immediatamente un pezzo di Bach. La stessa identica aria struggente di quella sera.

Non sta bene, Glenn, aiutala. Chiama qualcuno.

E la mia Tess insopportabilmente esangue. Un cameriere mi urta interrompendo il flusso dei miei pensieri. Rovescia il vassoio, mi abbasso e cerco di prendere quanti più calici possibile per aiutarlo. Non mi accorgo della scarpa di Glenn che mi arriva sotto al naso, sposto lo sguardo e noto un paio di decolté rosa pallido e lucide. La prima cosa che sento anche da qui è quel profumo. Mi è già successo negli ultimi anni, di avere questo tipo di allucinazioni olfattive. Chiudo gli occhi e tento di imprimere questo odore dentro di me. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, l'ho cercata mille volte tra le donne bionde che incontravo per strada. Bastavano delle lentiggini, degli occhi nocciola particolarmente caldi, dei capelli biondi per farmi dimenticare chi ero. Non era mai lei. Ho ancora i vetri in mano, il cameriere mi aiuta ad alzarmi e tenta di pulite i miei pantaloni sporchi d'erba. Ho ancora gli occhi bassi.

Poi un dettaglio colpisce la mia attenzione; le mani, le sue perfette, piccole mani. Le stesse che ho sognato su di me in tante notti solitarie. Cautamente alzo lo sguardo.

<<Allora, Arthur? Non sono stato di parola?>>

TESSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora