17 - Arthur - Proteus King

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Non mi è mai sembrata più veloce di oggi, la mia macchinetta

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Non mi è mai sembrata più veloce di oggi, la mia macchinetta. Sento che devo andare da lei. Dalla mia Lentiggini. L'adrenalina scorre di nuovo dentro di me, mi fa sentire ubriaco. No, anzi, è molto, molto meglio. È come se avessi bevuto un ettolitro di caffeina, mi sento euforico. Tanto che tiro giù il finestrino e mi godo quest'aria estiva di giugno. Mi sembra che sia una temperatura ideale, che il sole mi accarezzi in maniera gentile la porzione di gomito che di tanto in tanto appoggio sul finestrino. Ho messo una bella camicia, mi sono tirato a lucido. È curioso come sembra che la natura sia dalla nostra parte, quando siamo felici come lo sono io ora. Un campanello suona dentro di me da stamattina, un monito a cui però non voglio dare retta.

E se fosse troppo tardi.

Continua quella vocetta insistente, negativa. Ma non la voglio ascoltare, non oggi che mi sento felice dopo tanto tempo, e lo sono per quella piccola speranza che Glenn mi ha dato anche senza volerlo. Come ho fatto ad essere così stupido da sposarmi? Le azioni che ho compiuto in passato mi sembrano fatte da qualcun'altro. Se solo avessi avuto un po' di lungimiranza, se solo potessi tornare indietro. Le sarei corso dietro quel giorno, no, no...

Un camion mi passa vicino strombazzando. Sto correndo troppo e questa macchina non è la mia Jaguar. Devo darmi una regolata.

Che stavo pensando? Ah sì, le sarei corso dietro. Ma non è questa la verità, se potessi tornare indietro non avrei mai permesso che le accadesse nulla del genere. Ero così confuso in passato. Così cieco. Eppure l'amore era lì davanti a me, lei era così bella, dolce e disponibile. Lei che con la sua assenza in questi tre anni mi ha dato la forza di continuare la mia insensata routine. Se solo sapesse cosa significa per me. Ma ho intenzione di cambiare le cose, Glenn non può tenerci sotto scacco per sempre. Noi non siamo due pedine del cazzo.

Parcheggio fuori dal cancello, scendo e suono. È davvero una casa enorme e stamattina sembra solitaria, quasi stregata nella sua austerità. E penso che le persone che vivono là dentro siano davvero vittime di un maleficio, sono marce. Per questo non voglio che la mia Lentiggini resti lì un minuto di più.

<<Desidera?>>

Il videocitofono mi parla in maniera asettica.

<<Sono Arthur Rivera.>>

<<Non ho avuto disposizioni di farla entrare.>>

Glenn, Glenn, Glenn... che facciamo? Vuoi davvero giocare a nascondino con me?

<< Le conviene controllare meglio, forse si ricorda di me, Joseph, ero il migliore amico di Glenn.>>

Sento una leggera incertezza nella voce di Joseph.

<<Un attimo.>>

<<Ho tutto il tempo del mondo, faccia con comodo.>>

E dentro inizia ad agitarsi quella strana inquietudine. Lo so perché sono qui, non è solo per quella piccola barca che ha superato il pontile. No, è per avere la mia dose quotidiana. Avrei trovato qualunque scusa per vederla di nuovo, per sapere che esiste non solo nella mia immaginazione, che è concreta. Fatta per me, su misura per me. Da sempre e per sempre.

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