1. Serie D

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La rete si gonfiò e, per un lungo istante, sul campo calò un silenzio irreale.

Claudio fissò incredulo la palla mentre cadeva sul fondo della porta.

Un compagno emise un grido scomposto, e l'esultanza del pubblico investì lo stadio come uno tsunami.

Il compagno che aveva appena gridato prese Claudio per le spalle e lo scosse, guardandolo negli occhi con incredulità mista a gioia.

«Serie D! Siamo in serie D!»

Poi Claudio venne travolto, tutta la squadra lo abbracciò, lo festeggiò, e solo in quel momento si rese conto di cosa aveva appena fatto.

Ho segnato il gol decisivo al novantaquattresimo!

«Sì! Pija in culo!» gridò alzando il pugno in aria.

Eccellenza? Se ti impegni puoi giocare in eccellenza?
Vaffanculo, Tizia'. Il prossimo anno giocherò in serie D!

L'arbitro fischiò tre volte, la partita era finita: avevano vinto i playoff nazionali del Centro Italia contro ogni pronostico.

***

Claudio si lasciò cadere sulla panchina, accanto al suo armadietto. I muscoli gli dolevano, ma era un dolore buono, piacevole. Si sentiva ancora su di giri, un po' per l'adrenalina residua in circolo, un po' per lo spumante con cui i compagni lo avevano generosamente annaffiato appena era entrato in spogliatoio.

«Cla'! Amo deciso er regalo de ringraziamento per il go'.»

Claudio vide arrivare una delegazione di dieci compagni di squadra, tutti pronti per la doccia, solo un asciugamano intorno alla vita. La delegazione era guidata da Marco, il capitano, difensore centrale trentasettenne con pochi capelli in testa e qualche chilo di troppo sui fianchi, che la serie D l'aveva sognata per tutta la vita senza mai riuscire a raggiungerla.

«Famme indovina'... fate colletta e me comprate un dildo?»

«No! Più economico! Uno strip-tease!» Così dicendo Marco e gli altri nove si tolsero con un gesto fluido l'asciugamano e cominciarono a ondeggiare le anche, al ritmo di You can leave your hat on, che uno di loro aveva prontamente cominciato a canticchiare. Partì qualche fischio e qualche applauso, da parte dei giocatori rimasti in disparte.

Claudio sollevò un sopracciglio in direzione degli spogliarellisti. «E me spiegate come questo spettacolino de cazzi ciondolanti dovrebbe esse più interessante degli stessi identici cazzi ciondolanti che vedo tre volte a settimana in doccia dopo gli allenamenti?»

«Ma apprezza l'impegno!» disse Arrigo (centrocampista, riserva), mettendosi a fare l'elicottero con il proprio pene.

«Bello, bravo» disse Claudio. «Mettitelo in testa e facce un cappellino. Hai presente i cappelletti con l'elica pe' i bambini scemi?» Si alzò in piedi, reprimendo un sorriso. «Vado a farmi la doccia, va'.»

«Fredda, mi raccomando!»

«Certo! M'avete talmente infoiato che se resto qua altri tre secondi ve inculo a tutti a filotto.»

I compagni scoppiarono a ridere e rise anche Claudio, mentre si spogliava.

Era felice che scherzassero con lui in quel modo. Da quando aveva fatto coming out la prima volta, ormai quattro anni prima, aveva deciso di mettere sempre in chiaro con tutti quell'aspetto della sua vita, e l'aveva fatto in ogni spogliatoio in cui era passato, da quando aveva lasciato l'AS Castrum, la sua prima squadra, quella in cui era cresciuto. Quella in cui aveva conosciuto Tiziano.

In seguito, ne aveva cambiate tre, di squadre, e nelle prime due l'accoglienza non era stata delle migliori. Non aveva mai subìto prese in giro o molestie, anche perché col suo metro e novantacinque e i suoi modi rudi sapeva sempre come incutere timore in un potenziale bullo (e del resto un po' bullo lo era anche lui). Ma l'imbarazzo e la velata ostilità dei compagni erano percepibili.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora