101. Il buttafuori

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13 gennaio 2021

Simone, Marco e Margherita avevano trascorso la notte e buona parte della giornata nascosti in una stanzetta d'albergo nei pressi dello Stadio Olimpico. Non avevano pagato nulla, grazie alle pozioni persuasive di Margherita. Simone si era inizialmente fatto un po' di remore per il furto, ma Margherita gli aveva fatto notare che era una stanza che sarebbe rimasta vuota di un hotel molto frequentato: i proprietari non sarebbero andati sul lastrico per colpa loro. 

Dopo un buon pasto e un sonno ristoratore coadiuvato da pozioni, avevano cominciato a lavorare sul piano di ingresso allo stadio. Sarebbero entrati nascosti in un'autoambulanza, travestiti da personale medico. Niente magie illusorie, solo puri e semplici travestimenti insipiens. Margherita contava sul fatto che i gendarmi si sarebbero concentrati sui rivelatori di illusione, sapendo che Margherita era un'illusionista. «Da razza arrogante quale sono, le tecnologie insipiens sono sempre le ultime che prendono in considerazione.»

Margherita aveva portato con sé un ricchissimo armamentario di protesici e trucchi teatrali. Tutti e tre indossavano delle parrucche: bionda quella di Simone, castano chiaro quelle di Marco e Margherita. Simone aveva il naso finto e un'attaccatura dei capelli diversa, più stempiata («Mio dio, spero di non perdere mai i capelli perché stempiato sono ancora più brutto del normale» aveva commentato guardandosi allo specchio. «Poco male se li perdi, ormai sei abituato ai parrucchini» l'aveva preso in giro Marco). Marco aveva una barba finta e delle sopracciglia un po' più folte, con una forma diversa dalle sue. Margherita delle protesi che le cambiavano la forma del mento e del naso.

E indossavano, ovviamente, divise da paramedici.

«Se ci guardano con attenzione capiscono che siamo noi travestiti, ma l'unica persona che vi ha visti dal vivo e da vicino è Artemide, gli altri gendarmi vi hanno visti solo in foto o video. Una persona tridimensionale ha sempre un aspetto un po' differente» aveva detto Margherita.

«E tu come fai? A te ti hanno vista...» aveva obiettato Simone.

«Per questo ci separeremo appena entriamo» era stata la risposta di lei.

L'operazione di "dirottamento" dell'ambulanza fu più rapida del previsto. Margherita aveva detto a Simone e Marco di restare ad aspettarla in un bar poco frequentato che si trovava vicino al parcheggio delle autoambulanze, mentre lei portava a termine l'unica parte magica del piano: l'inoculazione di un filtro persuasivo all'autista di una delle ambulanze che sarebbero entrate nello stadio. «È un filtro economico, una mezza chiavica, funzionerà solo perché a riceverlo sarà un insipiens privo di scudi.» Era lo stesso filtro che aveva usato sul portiere dell'albergo, e con quello era andato tutto liscio.

Mentre i due ragazzi aspettavano bevendo un caffè per tenersi svegli, Simone espresse a Marco alcune delle paranoie che stavano correndo come tarli nel suo cervello: «E se i gendarmi controllassero le ambulanze? E se l'autista fosse un mago? E se a scoprirci fossero quelli della setta?» Al cinquantesimo E se... Marco decise di zittire Simone stampandogli un bacio sulla bocca che sollevò qualche mormorio tra gli avventori del bar.

«Sei impazzito? Metti che mi staccavi il naso finto?» bisbigliò Simone, in realtà intimamente felicissimo di quel piccolo contatto fisico.

«Il tuo nasone è a posto. È il tuo cervello il problema. Anch'io sono preoccupato, ma esagerare con le pare non serve a niente.» 

Simone non fece in tempo a ribattere, perché Margherita irruppe nella stanza. Avevano deciso, finché fosse stato possibile, di tenere i telefoni spenti, perciò la maga era dovuta andare ad avvisarli personalmente: «Dobbiamo partire. Alzate il culo veloce, ché l'incantesimo dura poco.»

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora