21. Jem e il parrucchiere

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Aridaje.

Era la terza volta che qualcuno gli stava facendo piedino sotto il tavolo. Inizialmente pensava fosse Fabrizio, che era seduto proprio di fronte a lui. Poi gli era venuto per un istante il dubbio che fosse Serafin, che chiacchierava fittamente con Fabrizio, seduto alla sua sinistra, ma si diede dell'idiota per averlo pensato: perché mai Serafin Konjuh avrebbe dovuto fargli piedino? Fu solo in quel momento che percepì nettamente un tacco. A spillo.

Alzò gli occhi verso la donna alla destra di Fabrizio: si trattava di Agnese, la bellissima moglie di Raul (che sedeva, ignaro di tutto, un posto più in là). Lei gli sorrise fugacemente, poi scostò lo sguardo. Ma il suo piede continuava a insistere sulla gamba di Claudio, e stava salendo verso il ginocchio.

Agnese era davvero bella, lo capiva persino Claudio che non era un amante del genere femminile: capelli neri, lineamenti regolari ma non banali, e un seno sodo e prosperoso messo in mostra da una profonda scollatura.

Se Raul s'accorge che ce sta a provà...

Claudio decise di adottare una strategia drastica. Allungò la mano sotto il tavolo, le afferrò gentilmente il piede, e altrettanto gentilmente lo spinse lontano da sé.

Lei si voltò verso di lui, sollevò un sopracciglio. Claudio scosse lentamente la testa, serio.

Hai capito che nun ce sta trippa?

Agnese sorrise. E Claudio sentì di nuovo il piede sulla sua caviglia.

Evidentemente non è abituata ai rifiuti...

La cosa non lo stupiva, bella com'era. Annoiato, decise di alzarsi.

«Dove vai?» gli chiese Serafin.

«A piscià» rispose seccamente Claudio. 

Ma farti i cazzi tua?

«Sempre elegante, Barazzutti» commentò Gus, che sedeva pochi posti più in là accanto a sua moglie, al loro stesso tavolo.

Era una cena molto tranquilla. Erano presenti mogli e fidanzate e buona parte della dirigenza. Erano distribuiti su tre tavolate. Marco, il parrucchiere tabagista, era presente come previsto, ma fortunatamente sedeva a un altro tavolo: Claudio non avrebbe potuto sopportare anche i suoi sguardi languidi.

Fu proprio contro di lui che andò quasi a sbattere, mentre si scostava dalla propria sedia: le tavolate erano vicine. Marco tornava, insieme a un compagno primavera, da una pausa sigaretta, Claudio lo intuì dall'odore di fumo che portava con sé, appiccicato ai vestiti.

«Ah, ehm... senti...» Marco tossì con aria imbarazzata. «Proprio te, cercavo, vez.»

Claudio roteò gli occhi, prevedendo, dal tono, una rottura di scatole. «Dimme.»

«Ho perso le chiavi.»

Claudio lasciò cadere le braccia. «Sei sicuro? Non è che l'hai lasciate in stanza?»

«Come sarebbe a dire: ho perso le chiavi?» Si intromise Gus, che evidentemente stava origliando la conversazione. Fece un sorrisetto incredulo. «Vivete insieme?»

«Purtroppo pe' me, condividemo la stanza ar convitto» rispose Claudio indicando Marco.

«Stai al convitto delle giovanili?» chiese Serafin, mentre si alzava a sua volta in piedi. «Ma quanti anni hai?»

Claudio si rese improvvisamente conto che agli occhi dei suoi compagni vivere al convitto doveva sembrare una cosa estremamente sfigata. Nessuno di loro alloggiava lì, avevano tutti una casa indipendente, di proprietà o in affitto.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora