60. Si chiamano tutti Marco

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«E questa roba secondo te sarebbe vestirti in tirooo?!» Marco stava gridando per sovrastare il chiasso della musica.

Avevano appena lasciato le loro giacche in guardaroba e Marco sembrava assolutamente oltraggiato.

Simone provò a protestare. «Ma è la migliore...»

«Senti, caro. Stasera tu devi rimorchiare qualcuno, ok? Così forse finalmente ti levi tutte quelle pare dalla testa...»

«Ma io non...»

«Hai bisogno di divertirti. Di sfogarti. Ma conciato così non rimorchi neanche a un raduno di mormoni!»

«Ma veramente...»

Marco non lo lasciò finire. Lo prese per una manica e lo trascinò. «Vieni, andiamo in bagno ché c'è più luce e meno casino.»

Mentre attraversavano una sala gremita di gente Simone si guardò intorno, per la prima volta con attenzione. Era un disco pub, più che una discoteca vera e proprio, parecchi tavolini e divanetti ai bordi della piccola pista, e a parte la presenza di qualche coppia gay in atteggiamenti intimi non era molto diverso da qualunque altro disco-pub.

Che cazzo mi aspettavo?
Gente che trombava negli angoli?
Uomini nudi in pista?

Sì, erano simili scene di lussuria quelle che aveva immaginato prima di entrare.

Abbiamo capito che sono un coglione...

«Allora, vediamo...» disse Marco appena entrati in bagno. Sospirò sonoramente, poi prese a esaminare la camicia di Simone, tastandola. «Ma cos'è 'sta roba? Cos'è!»

Simone pensava che Marco stesse esagerando: si trattava di una camicia normalissima, dal taglio classico.

Un ragazzo si stava lavando le mani poco più in là, e un altro entrò poco dopo e si infilò in un bagno. La presenza di estranei che li osservavano lo metteva un po' a disagio. «È la camicia migliore che ho!» Protestò. «È fatta su misura, sai quanto l'ho pagata?»

«Cosa ti ho detto prima al telefono? Mettiti in tiro che andiamo a una prima comunione? No! Ti ho detto: andiamo in discoteca!»

Il ragazzo che si stava lavando le mani rise. Simone gli lanciò un'occhiataccia e quello alzò le mani. «Scusa, non ho potuto fare a meno di ascoltare.»

«Dai, sentiamo un secondo parere: giudizio sulla mise di Simone da uno a dieci?» chiese Marco allo sconosciuto.

Quello incrociò le braccia e squadrò Simone. «Cinque.»

Simone lasciò cadere le braccia ai fianchi. «Eddaje, mo'! È una bella camicia, guarda come mi calza bene!»

«Ma sì, è bellissima. Per una prima comunione o una cresima» disse Marco.

Simone rivolse un'occhiata seccata a entrambi i ragazzi.

«Dai, ti do una sistemata.» Marco gli sbottonò la camicia fino al petto. «Fai vedere un po' di muscoli, almeno.»

«Quali muscoli?» disse Simone. «Il preparatore atletico mi dice sempre che ho il fisico da lanciatore di coriandoli.»

Una risata risalì raschiando dalla gola di Marco. «Oddio, questa è geniale. Non l'avevo mai sentita!» Guardò il petto glabro di Simone che spuntava dalla camicia aperta. «Effettivamente sei abbastanza asciuttino. Ho più muscoli io che sono due anni più giovane. Ma fai un po' di palestra, no?»

Simone fece spallucce. «Mi cago il cazzo in palestra. Tanto sono le gambe quelle che mi servono. Non tiro neanche le rimesse laterali.»

«Giochi a calcio?» si intromise l'altro ragazzo, che stava ancora lì a guardare la scenetta con aria divertita.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora